L’amore di Marie per la madre Génie

Il difficile rapporto madre figlia al centro del romanzo di Inès Cagnati uscito per Adelphi
/ 18.04.2022
di Laura Marzi

Per valutare la tenuta di un romanzo, il suo valore letterario, l’importanza stessa della sua esistenza non c’è criterio migliore e più inesorabile del tempo. Génie la matta (titolo originale: Génie la folle) è stato scritto da Inès Cagnati nel 1976 ed è valso all’autrice francese il Prix Des Deux Magots. La casa editrice Adelphi, fondamentale per la sua capacità di selezione e di edizione di testi ineccepibili, l’ha pubblicato in italiano quest’anno, con la traduzione di Ena Marchi.

Il romanzo racconta la storia di due donne, unite nella solitudine e nella miseria: Eugénie, che dà il titolo al testo, e sua figlia Marie. Vivono in una casupola su una collina infestata dai cani e dalle volpi, in un solo letto, con una vecchia credenza, una cisterna e un tavolo con i piedi rosi dal tempo, per questo sostituiti da pietre. Marie è la figlia illegittima di Génie, che è stata violentata diciassettenne e cacciata di casa. Da allora si occupa di sé stessa e della sua bambina, lavorando instancabilmente nelle fattorie del villaggio, senza chiedere nulla in cambio se non del cibo e dei vestiti vecchi, da riadattare. I suoi compaesani, infatti, si approfittano di lei, della condizione di disgrazia in cui è precipitata senza aver commesso nessuna colpa, e dandole della matta, sfruttano le sue abilità e il suo essere una lavoratrice indefessa. Génie sa cucinare, coltivare la terra, si occupa del taglio della legna e delle fascine, sa lavorare il maiale, mungere. Mentre tutti gli altri approfittano dell’ora di pausa dopo pranzo, a lei viene invece chiesto di uccidere i conigli malati, di pulire le verdure, di aiutare una vacca a partorire. La donna che apparteneva a una delle famiglie più rispettabili della regione è diventata una schiava, a causa dello stupro perpetrato su di lei. 

In Génie la matta il punto di vista del racconto è di Marie, la bambina, poi ragazzina, che adora la madre, come si può amare l’unica áncora che ci tiene al mondo: non c’è nessun altro che la voglia, Eugénie è la sua unica possibilità di sopravvivenza e Marie per questo è terrorizzata, ogni momento, che la madre scompaia, che non la aspetti mentre vanno insieme a lavorare nelle fattorie e lei cammina troppo piano, che non torni a casa la sera quando rientra dopo essersi occupata della casa, dei figli e della stalla del sindaco. Il modo in cui questa paura dell’abbandono è raccontata è estremamente toccante: Cagnati utilizza una scrittura formulare, facendo ricorso alla ripetizione delle stesse espressioni, come accade nei racconti destinati all’oralità, così mentre Marie cerca di stare il più vicino possibile alla madre, incontriamo nel corso del testo ripetute volte la stessa identica risposta di Génie: «non starmi tra i piedi». 

L’intero romanzo è costruito sul racconto della relazione fondamentale tra madre e figlia, un topos della letteratura occidentale. Sono numerosi i testi che ne trattano: tra i più recenti in italiano si possono citare il romanzo di Carmen Totaro, edito da Einaudi Un bacio dietro al ginocchio, quello di Gaia Manzini Nessuna parola dice di noi per Bompiani, ma anche L’acqua del lago non è mai dolce, di Giulia Caminito, vincitore del Campiello 2021 o Settanta acrilico trenta lana, esordio pluripremiato di Viola Di Grado.

Esistono, però, tra tutti questi romanzi e Génie la matta due differenze sostanziali: nei testi contemporanei citati le figlie provano sempre un sentimento di rivalsa, a volte di odio vero e proprio, nei confronti delle loro madri. Il confronto con loro, il dialogo, il banale affetto in questi testi risultano impossibili, mentre il romanzo di Cagnati sorge da un amore sconfinato di Marie per Eugénie. Forse quando la miseria, la necessità di un corpo da stringere nel letto gelato, del nutrimento materno sono aspetti fondamentali per la sopravvivenza non c’è spazio per il desiderio di rivalsa delle ragazze borghesi. E un’altra differenza è la scrittura, lo stile poetico che connota la storia di Cagnati: «me ne stavo lì nella stanza chiusa, a contare l’attesa di lei, ripetendomi cose non vere e cose vere […] Avevo sempre voglia di dirle che la stavo aspettando, che ero così felice, così felice che fosse tornata anche quella sera, che le volevo bene. Ma il suo viso era pieno di silenzio».

Bibliografia

Inès Cagnati, Génie la matta, Adelphi, Milano 2022.