L’amore al tempo dell’odio

Lo scrittore tedesco Florian Illies racconta il suo romanzo uscito in italiano per Marsilio
/ 07.03.2022
di Stefano Vastano

«Gli storici ci hanno spiegato tutto di quel periodo, ma non il modo di vivere le relazioni e gli amori negli anni 20 e 30». Siamo in un ristorantino al centro di Berlino. Un locale molto semplice, ma di cui Florian Illies si è innamorato, visto che «qui ho letto e scritto, continua lui, la maggior parte delle pagine del mio libro sugli amori alla fine degli anni 20». Stiamo parlando con uno scrittore e giornalista ancora giovane e in carriera (oggi Illies è co-editore del settimanale «Die Zeit»), ma che ha già sfornato veri best seller. Non è un’esagerazione. Il suo primo libro «storico», 1913, dedicato a quel fatale anno prima della Grande Guerra, è già stato tradotto in 27 lingue (in italiano da Marsilio). Anche L’amore al tempo dell’odio, edito da Marsilio e uscito in libreria a metà febbraio, sarà di sicuro un best seller. Perché Illies – che ha studiato storia dell’arte – si è nuovamente dedicato con passione «a ricostruire una delle fasi più felici del Novecento, e forse dell’umanità», come dice lui con verve.

Quegli ultimi anni 20 per l’appunto in cui a Parigi come a Berlino – le due metropoli più effervescenti dell’Europa fra le due guerre – uomini e donne scoprono altre forme di amare, prima che l’Europa si avviti nell’immensa catastrofe della Seconda guerra mondiale. «Mi sento come l’ultimo dei romantici», continua Illies, «sono incredibilmente innamorato dell’Italia e di quella meravigliosa città che è Napoli». Probabilmente perché suo padre, che era un entomologo e amico di Ernst Jünger, si è ritrovato con l’uniforme della Wehrmacht a dover combattere nella carneficina di Monte Cassino. Anche l’ufficiale Jünger – uno che a sua moglie impone di chiamarlo «padrone e signore» – è uno dei protagonisti del libro in cui, uno dopo l’altro, vediamo sfilare «gli eroi» della letteratura e del cinema, dell’arte e teatro di quegli anni ruggenti e infuocati. Incantati li vediamo inventarsi tutto un nuovo modo di viversi le relazioni extra-coniugali, dei ménages à trois, tradire in continuazione mogli, mariti e amanti e cercare disperatamente nuove avventure, altre fiamme da bruciare.

«A tutti era chiaro che all’orizzonte incombeva una nuova tragedia. E quasi tutti i protagonisti del libro sono più o meno segnati dalla ecatombe della Grande guerra». È questo essere scampati a una Catastrofe che rende il giovane Bertolt Brecht o la divina Marlene Dietrich, il poeta-dermatologo Gottfried Benn così come il gelido Herman Hesse «delle personalità “fredde”, che hanno paura di affidarsi all’altro, spiega Illies, e che si cingono intorno all’anima una sorta di corazza emotiva per proteggersi dai rischi dell’avventura amorosa».

Ciò che oggi chiameremmo insomma «coolness» non è un’invenzione post-moderna, ma la «matrice» con cui in quegli scatenati anni 20 intellettuali e Bohémien si vivono le storie d’amore. Il giorno stesso in cui sposa Helene Waigel, Brecht – 30 minuti dopo aver detto «Ja!» – è alla stazione di Berlino per porgere alla sua amante il bouquet delle nozze. Brecht, convinto com’è del suo genio, «è un vampiro che risucchia alle amanti linfa vitale», questa la diagnosi di Illies. Ma il caustico drammaturgo dell’Opera da tre soldi non è certo l’eccezione. Anche Lotte Weill ama il suo Kurt Weill, il grande compositore dei drammi di Brecht. Ma lo tradisce per anni con Otto Pesetti, e insieme Lotte ed Otto bruceranno ai casinò di Nizza e Monte Carlo i soldi che il buon Kurt non manca mai di spedirgli. Neanche uno scrittore raffinato come Erich Maria Remarque – l’autore di All’occidente niente nuovo, il romanzo che più di ogni altro segnerà quella generazione – riuscirà mai a conquistare Marlene Dietrich, la femme fatale che, con il suo Angelo Azzurro, incanterà prima i tedeschi e poi Hollywood.

«Le donne di quegli anni stanno conquistando la loro autonomia nel campo dell’arte, del cinema e della poesia. Non hanno più bisogno di essere dipendenti dall’uomo», spiega Illies. Oltre a una certa freddezza emotiva è questo l’altro tratto che rende gli anni della Repubblica di Weimar «la fase forse più felice di tutto il Novecento», sintetizza Illies. L’emancipazione delle donne fa saltare non solo le catene del maschio, ma consente anche a Klaus Mann o a Erika Mann, come vediamo in tante «scene» biografiche del libro, di viversi in piena libertà la loro omosessualità. Ma è proprio questa liberazione nei costumi e regimi sessuali che la bieca propaganda nazista «sfrutterà» sino in fondo, indicando nella società di Weimar «quella decadenza borghese che i nazisti odiarono e perseguitarono», prosegue Illies, «e il piccolo borghese dell’epoca fu pronto a seguire l’ondata di odio con cui i nazisti seppellirono la prima Repubblica nata su suolo tedesco».

È così che le società si spaccano al loro interno. E che un periodo che ha conosciuto tante libertà e passioni tramonta in una disumana stagione di odio crudele. «Ed è questo repentino passaggio il motivo per cui ho voluto scrivere il mio libro, conclude Illies, e che specialmente oggi ci spinge a riaccostarci agli amori e all’odio di quel decennio».

Bibliografia

Florian Illies, L’amore al tempo dell’odio. Una storia sentimentale degli anni trenta, Venezia, 2021, Marsilio.