L’ambiguità di Chris

A colloquio con la regista Anja Kofmel, autrice del riuscito docu-film Chris the Swiss, da questa settimana nelle sale del cantone
/ 10.12.2018
di Nicola Mazzi

Chris the Swiss è da vedere. Dopo il suo debutto, nel mese di maggio a Cannes (presentato in anteprima a La semaine de la critique), ed essere passato prima al Locarno Festival e poi a Castellinaria, arriva finalmente anche nelle sale della Svizzera italiana.

Un film che parla di un evento importante e che coinvolse milioni di persone (la guerra nell’ex Jugoslavia) e di un fatto particolare (la morte di un giornalista svizzero: Chris). Una duplicità che si nota anche a livello visivo: infatti il film mescola, in modo sapiente, l’animazione e il documentario. La regista svizzera Anja Komfel (nata a Lugano nel 1982) ha scelto questo modo particolare di costruire la pellicola dove la storia del mondo si intreccia a quella personale, autobiografica. Chris, infatti, è il cugino dell’autrice.

Iniziamo col dire che la morte di Chris è avvenuta in circostanze misteriose e mai del tutto chiarite, quando la stessa Anja aveva 10 anni. Un momento che ha segnato in modo indelebile la sua infanzia: «È vero, quando ero piccola vedevo Chris come un eroe, lo guardavo con ammirazione per tutti i viaggi che aveva fatto e le avventure che aveva vissuto. E quando morì fu un momento molto tragico per me, anche perché non riuscivo bene a capirne i motivi e le ragioni. Non ero cosciente di quello che stava accadendo nei Balcani e in che situazione era andato a finire».

La sua morte, avvenuta nel 1992, rappresenta un mistero su cui si arrovella ancora oggi la regista. Il film, in qualche modo, è servito a indagare e a scoprire alcuni lati nascosti della vicenda, ma non tutto si è chiarito. Lui, fu trovato morto con indosso l’uniforme di un gruppo mercenario internazionale ed è probabile (ma la certezza non c’è) che sia stato lo stesso capo di quel gruppo a farlo uccidere.

Anja, come detto, fu particolarmente colpita da quell’evento. E una volta diventata adulta decise di indagare più a fondo sulla vicenda. Nel tentativo di capire quale fosse il vero ruolo di Chris all’interno del conflitto, ci racconta il suo viaggio in Croazia, a Zagabria, dove è rimasta per due anni, tra il 2015 e il 2017.

Un’inchiesta, che come ci spiega la stessa regista, è durata molto tempo e ha richiesto parecchi sforzi. «Nella mia investigazione sulla morte di Chris ho contattato le persone che avevano avuto, in qualche modo, a che fare con lui» e questo lo si vede bene nella parte documentaristica del film, costituita soprattutto da interviste a chi l’ha conosciuto nei mesi antecedenti la sua morte. «Da parte mia ho fatto molte ricerche prima di iniziare a girare ed avevo le idee piuttosto in chiaro su quanto era successo. Devo però ringraziare molte persone che mi hanno aiutato a portare avanti la storia, arricchendola di dettagli e di fatti di cui non conoscevo l’esistenza e quindi, alla fine, è stata un’esperienza molto forte e una scoperta continua».

Come aggiunge la stessa Anja Komfel, «ricordo molto bene che nella mia famiglia, in relazione alla morte di Chris, si faceva di continuo un nome: quello di Eduardo Flores (soprannominato Chico). Proprio il fondatore del gruppo di mercenari (il PIV), di cui mio cugino era entrato a far parte. Ed è probabile che sia stato lui ad assassinarlo in quanto sembrerebbe che lo stesso Chris stesse facendo un’inchiesta giornalistica sui legami dell’Organizzazione con l’Opus Dei». L’organizzazione cattolica, secondo la regista, era in qualche modo coinvolta nel conflitto bellico. «Credo che ci siano alcuni aspetti dell’Opus Dei che siano entrati in quella guerra tra le varie etnie: serbi, croati, bosniaci».

Intrigante l’alternanza tra l’animazione e il documentario. «Una scelta derivata sicuramente dalla mia formazione. Sono cresciuta con l’animazione che fa parte del mio bagaglio culturale. Durante la lavorazione di Chris The Swiss, partito come un documentario, mi ero accorta che nell’inchiesta erano rimasti dei buchi neri, delle domande ancora senza risposta e quindi ho cercato di dare un’interpretazione personale attraverso l’animazione. Secondo me il tratto grafico animato, in generale ha un effetto molto potente sugli spettatori, poiché trasmette emozioni forti in modo efficace. Credo sia un modo intenso di parlare di guerra da un punto di vista soggettivo. E credo sia la strada giusta per trasmettere anche a un livello più simbolico immagini di morte, guerra e disperazione».

Altro aspetto interessante che emerge dalla pellicola è l’ambivalenza del giovane: lui era giornalista e combattente. «Le autorità svizzere però non hanno considerato Chris un giornalista, bensì un mercenario caduto in battaglia, ma a questa versione non ho mai creduto fino in fondo. Certo, non è più l’eroe che vedevo da bambina, negli anni ho mutato l’opinione su di lui. Ma credo fosse un giovane avventuroso e affascinato dalla guerra e dalle armi, che si è trovato in una situazione più grande di lui».

La lavorazione della pellicola, in totale, è durata sette lunghi anni. Un periodo nel quale Anja ha fatto le sue ricerche, ha scritto la sceneggiatura, ha cercato i finanziatori e ha messo in piedi la sua casa di produzione. E alla fine è riuscita a portare in porto questo notevole progetto. Un’idea piaciuta subito ai produttori, che da un lato avevano visto un parallelismo tra i fatti accaduti nei Balcani con quanto stava accadendo in Siria, e dall’altro avevano capito che il film non era solo un modo della regista per fare i conti con il passato, ma diventava un racconto originale e universale. Adatto agli anni 90, ai giorni nostri e che potrebbe fungere da monito anche per il futuro.

E proprio con un accenno al futuro concludiamo l’intervista a Anja Komfel. Dopo un lavoro importante come questo è difficile ripetersi. Forse la strada migliore è quella di cambiare completamente genere e storia. «Infatti non parlerò più di guerra e sto lavorando a un film diverso. L’idea è quella di abbinare l’animazione e il live-action attorno a una storia che parli delle nuove tecnologie e del loro impatto sulla nostra società. La mia protagonista è una ragazza nata cieca e che grazie alla tecnologia potrà acquistare la vista. Un progetto diverso e lontano da Chris the Swiss, ma che sto prendendo molto a cuore». L’aspettiamo, intanto godiamoci questo piccolo grande lavoro.