Dove e quando

Festival dei Due Mondidi Spoleto, fino al 9 luglio.www.festivaldispoleto.com


Laetitia Casta a Spoleto

Teatro  ◆  Al Festival dei Due Mondi l’attrice interpreta Clara Haskil
/ 03.07.2023
di Giovanni Gavazzeni

Chi è Clara Haskil, la bambina che a 3 anni suona d’istinto tutto quello che ascolta e ripete i brani a memoria; che sviluppa una crescente fobia dei rumori e rimane serrata in silenzi interminabili; che parla poco con la voce roca e incredibilmente grave di un ventriloquo; che ha mani magiche, rimaste bianche e lisce come porcellana fino in tarda età?

Risponde il drammaturgo belga Serge Kribus che nel 2017 ha scritto Clara Haskil, Prélude et fugue: «È una donna sincera, intelligente, sensibile, risoluta, umile, esigente, una donna dal talento eccezionale che ha sfidato il dolore, la malattia, l’isolamento, la guerra, la solitudine, la precarietà, l’umiliazione, una donna che trema sotto la febbre del dubbio e lotta per non rinunciare mai e sorride e guarda e ascolta e condivide e vive per la musica.»

Uno spettacolo che parte dalla fine, la caduta mortale di Clara sui gradini della Gare du Midi di Bruxelles.

Il suo testo è stato riproposto nel cuore del Festival dei Due Mondi di Spoleto in scena fino al 9 luglio con la regia di Safy Nebbou in partenariato fra il Théâtre Coeur de Lattes, L’Espace Carpeaux, Curbevoie et Chateauvallon-Liberté. Protagonista è stata l’attrice francese Leatitia Casta che condivideva la scena «con una musicista, Isil Bengi». «Avevo in mente il film di Elia Kazan Il compromesso (1969), dove Kirk Douglas si rivede bambino», specifica il regista. «Sono partito da questa scrittura, cercando un vai-e-vieni permanente fra l’attrice e la musica.»

Uno spettacolo che parte dalla fine, la caduta mortale di Clara sui gradini della Gare du Midi di Bruxelles e come un carnet intimo di ricordi ed emozioni scritto in prima persona, mescolato a lettere e discorsi diretti, racconta i tanti nomi di Clara:

«Clorico» per le adorate sorelle Jeanne e Lili e la madre Berthe Moscuna (è nata nel 1895 a Bucarest da Isaac Haskil – nome forse che viene dall’ebraico «saggio» – di famiglia ebraica proveniente dalla Bessarabia sotto giogo russo-zarista e da Berthe Moscuna, di famiglia ebraica sefardita fuggita nella Bulgaria ottomana e poi in Romania);

«Clara» per le angeliche amiche che l’assistono nei momenti più tragici della sua vita – Mesdames Gélis madre e figlia, Madame Paul Desmarais, la contessa Pastré dalla quale si rifugia dopo un rocambolesco viaggio con i musicisti dell’Orchestre National nella Francia «libera»;

«Clarissima» o «Clarinette» per il leggendario pianista romeno Dinu «Gregorio», «Dottore», «Fratellotto» Lipatti, amico unico per il cui riconoscimento spenderà ogni energia (la moglie Madeleine li definirà «due esseri fatti di luce che potevano in un istante trasformarsi in fanciulli scherzosi»);

«Signorina Haskil» per la munifica mecenate Wynnaretta Singer principessa di Polignac che la ospita nella casa parigina della avenue Henri-Martin dove suona fra l’ammirazione dei musicisti (Poulenc e Henri Sauguet, Jean Françaix, Jaques Février, Jeanne-Marie Darré, Magda Tagliaferro) e l’incredibile noncuranza degli impresari francesi, è la, che durante i ricevimenti si nasconde e finisce in cucina a prendere i pasti con il personale («Allora, voi impedite al mio personale di lavorare?»);

«Musica» («La Musica è venuta a visitarci» scrisse Gustave Doret il critico del «Journal de Génève») per E. W. e Michel Rossier e gli amici svizzeri che portano fino a Marsiglia i soldi per la disperata operazione di rimozione di un tumore alla cavità oculare, effettuata in anestesia parziale, durante la quale Clara muove le mani per vedere se le dita funzionano sempre, digitando il «suo» Concerto in mi bemolle maggiore di Mozart;

«Artista sconvolgente» per la famiglia Gétaz e il mecenate Werner Reinhardt che ottengono dal Governo federale il miracolo di un salvacondotto per Ginevra che la sottrae alle retate dei nazisti e dei collaborazionisti di Vichy, è un’artista sconvolgente («Ignoro da dove venga la vostra musica, signorina», le scrive il generoso Reinhardt. «Scusate la mia emozione e la mia inopportunità. Mi avete sconvolto. Sconvolto, signorina. E vi ringrazio»). Il doganiere che esamina il suo passaporto all’ingresso alla stazione di Ginevra le domanda: «Allora siete voi, signorina Haskil, quella che fa della musica così bella?»;

«Enigma» per alcuni dei suoi maestri («la maturità in un cervello di bambina è veramente angosciante») e un «fiore unico» per mostri sacri come George Enescu e Eugène Ysaye, Wilhelm Backhaus e Edwin Fischer, Pablo Casals ed Arthur Grumiaux. L’incanto è riassunto dalle parole dell’amico-pianista Nikita Magaloff: «Non credo di aver subito mai più profondamente il fascino di un suono, quella maniera indefinibile fluida e aerea mi perseguita, come certi profumi che danno alla testa e il cui ricordo non ci lasciano più.»

L’invidia degli Dei non si fece attendere: prima dell’operazione al cervello, viene colpita da una scogliosi sempre più grave che la costringe a passare gli anni della prima guerra mondiale chiusa in un corsetto carapace a Berck-sur-Mer, su al Nord della Francia, nel Pas-de-Calais, allora rinomata stazione di cure elioterapiche e ortopediche. Alle sofferenze fisiche e morali (non può mai suonare) fecero da contrappunto continue bronchiti.

Appena sta per riprendere il volo della carriera, la guerra e le persecuzioni interrompono tutto: come cittadina romena non può più essere ingaggiata in Francia; come ebrea deve fuggire con un viaggio rocambolesco da Parigi a Meudon, via Marsiglia, dalla Pastré. Nessuno però riuscirà a convincere gli impresari francesi a scritturarla (solo in Svizzera riceve ingaggi e concerti con Ansermet, Schuricht, Paul Kletzki a Ginevra, Scherchen a Winterthur).

Ancora oggi un prestigioso concorso pianistico internazionale ricorda il suo legame con il Lemano (dal 25 agosto al 1. settembre 2023 il Clara Haskil di Vevey).

Per colmo di ironia la sua fama mondiale scocca dopo la morte devastante e prematura di Lipatti, l’artista che più ammirava, l’amico perfetto («Ci vuole un bel coraggio a suonare in pubblico dopo di lui»).

Gli Dei avevano deposto l’invidia? No, in pochi anni divenne celebrità mondiale, fino alla caduta, quel maledetto 7 dicembre 1960.