Dove e quando
Il sarcofago di Spitzmaus e altri tesori. Milano, Fondazione Prada (Largo Isarco 2). Fino al 13 gennaio 2020. 

Vecchio e bambina, Lucas Cranach il Vecchio (1530-1540) (Kunsthistorisches Museumm, Vienna; KHM Museumsverband)


La Wunderkammer di Malouf e Anderson

Alla Fondazione Prada di Milano una curiosa mostra allestita dal regista texano Wes Anderson e da sua moglie, la scrittrice e illustratrice Juman Malouf
/ 16.12.2019
di Ada Cattaneo

Da I Tenenbaum in poi, i film di Wes Anderson sono difficilmente classificabili. Più di tutto li caratterizza la creazione, per ciascuno, di un vero e proprio mondo immaginario entro cui la vicenda raccontata possa svolgersi. L’esempio più eclatante è la Repubblica di Zubrowka, un ipotetico paese dell’Europa orientale, dove si trova il Grand Budapest Hotel. Lo stesso procedimento vale per la nave «Belafonte», su cui viaggiano Steve Zissou e la sua squadra di ricercatori oceanografici, o per l’isola giapponese «che non c’è» del più recente Isle of Dogs. È pur vero che un riferimento più o meno sottile a eventi fondati e luoghi esistenti connette questi universi alla nostra realtà, alla storia. Ma è la ricchezza infinita dei dettagli e la cura per ogni più marginale elemento che popola i suoi scenari immaginari a conquistare chi ama questo regista, permettendo allo spettatore di seguire al meglio il più che fantasioso dipanarsi delle vicende.

Dato questo approccio su set cinematografico, non sorprende che Anderson abbia voluto procedere in modo analogo anche quando gli è stato proposto di realizzare un progetto in un museo. Questo è avvenuto grazie alla lungimiranza di due istituti gemelli di Vienna – Kunsthistorisches Museum e Naturhistorisches Museum fondati nel 1891 – dove il regista e la sua compagna, la designer Juman Malouf, sono stati invitati per realizzare una mostra. Un dispositivo ben diverso, quindi, rispetto a un lungometraggio, ma che permette pur sempre di intrattenere il pubblico, di narrare visivamente delle vicende e di evocare un altrove, proprio come avviene al cinema.

Così, Anderson e Malouf hanno avuto libero accesso ai depositi dei due musei, selezionando oltre cinquecento tra opere e oggetti d’arte che sono poi stati esposti a Vienna e attualmente sono visibili a Milano. Il titolo della mostra – Il sarcofago di Spitzmaus e altri tesori – prende il nome da quella che è in realtà una scatola in legno del IV secolo a.C. proveniente dall’Egitto, contenente una mummia di toporagno, animale trasformato nel protagonista dell’operazione favolistica, proprio come avviene in alcuni dei film di Anderson, come Fantastic Mr Fox.

Nel catalogo, che cita per la sua struttura un ennesimo riferimento alla cultura alta, la Boîte-en-valise di Marcel Duchamp, Anderson scrive: «Pensavamo che sarebbe stato semplice. Credevamo che i nostri gusti e i nostri interessi fossero simili e quasi interscambiabili. Ovviamente, ci sbagliavamo. La mostra, presentata a Vienna e Milano, è il culmine di diversi anni di paziente e frustante negoziazione, discussioni amare e rabbiose, un confronto in alcuni casi totalmente irrazionale, doppiezza machiavellica e inganno. Ma devo dire che siamo contenti dei risultati». L’operazione racconta molto del mondo del collezionismo, degli infiniti legami che possono essere stabiliti fra le opere e del modo che si sceglie per raccontarle. Anderson e Malouf decidono di riprendere il modello della Wunderkammer («camera delle meraviglie»), una tipologia allestitiva nata nel Rinascimento, ma che non smette mai di affascinare. Sono quindi giustapposti oggetti delle più disparate tipologie, dimenticando le canoniche classificazioni di un’istituzione museale, pur di suscitare lo stupore del proprio pubblico.

La scelta di invitare un personaggio famoso a ridare vitalità alle collezioni permanenti di un museo, tramite una selezione di opere scelte dai depositi, non è un modello nuovo: fu probabilmente Andy Warhol a fare per primo un’operazione simile, presso il museo della Rhode Island School of Design nel 1969. L’idea è quella di scegliere una personalità sufficientemente famosa da imporre la propria celebrità all’operazione, attirando quindi un interesse più ampio e diverso rispetto al consueto pubblico dei musei.

A Milano l’esposizione Il sarcofago di Spitzmaus e altri tesori è ospitata dalla Fondazione Prada che con Anderson ha già familiarità: il bar della Fondazione – Bar Luce – è infatti stato disegnato dal regista texano su modello dei caffè milanesi anni Cinquanta, con tanto di arredi in formica, flipper ispirati alle avventure di Steve Zissou e camerieri in giacca e papillon. Fino al 13 gennaio, al pianterreno dell’edificio realizzato dallo studio OMA di Rem Kohlaas, l’allestimento ricrea un vero e proprio scrigno di teche e vetrine creato per ospitare le opere viennesi. Queste sono di volta in volta organizzate per colore o soggetto, in base a una sottile consonanza di contenuti o semplicemente per un’armonia di forme. Si passa dagli abiti di scena di un dramma di Ibsen al ritratto di Isabella d’Este dipinto da Rubens, da una raganella conservata in alcol a cammei di epoca augustea. Eppure non si ha mai l’impressione che si tratti di pezzi eterogenei: proprio come in una raccolta riunita da un appassionato collezionista, è lo spirito degli autori a tenere le fila di tutta l’operazione e a conferire alla mostra quella leggerezza data dall’equilibrio fra finzione e realtà, proprio come accade nei migliori film di Anderson.