Troppo belli per essere veri: lui direttore d’orchestra che neppure trentenne già veniva chiamato alla Scala per una Bohème stellare, e lei violinista 28enne applaudita in tutto il mondo. Daniele Rustioni, 34enne milanese, e Francesca Dego, nata a Lecco sul manzoniano ramo del lago di Como, si sono conosciuti tra le aule del Conservatorio meneghino e quasi immediato fu il colpo di fulmine. Sembra la tipica storia melodrammatica, ma se non fosse vera non durerebbe da 13 anni, tanto più in un mondo come quello del grande concertismo segnato da ritmi frenetici e continui spostamenti intercontinentali. Dopo 11 anni di fidanzamento, Daniele e Francesca si sono sposati il 30 giugno di due anni fa, con stelle della lirica abituate a cantare alla Scala, stavolta in versione piano bar a intrattenere gli invitati. Studiano assieme quando riescono ad essere a casa entrambi, ma non sono molte le occasioni per condividere lo stesso palco. Hanno appena inciso il loro primo disco insieme, due Concerti di Paganini e di Ermanno Wolf-Ferrari, una vera riscoperta di cui mancano registrazioni moderne. Realizzato a Birmingham con l’orchestra cittadina, è uscito al compleanno di Paganini il 27 ottobre.
È il primo disco in famiglia: com’è nato?
R: Non suoniamo insieme spesso, due-tre volte a stagione. Io lavoro molto nell’opera ma cerco di valorizzare il 900 sinfonico italiano. Wolf-Ferrari era perfetto, come Paganini scrive in modo operistico, non ci sono le voci ma il violino canta e l’orchestra evoca scene e sipari. A parte la London ho diretto tutte le principali orchestre inglesi, ho vissuto quattro anni a Londra quando lavoravo al Covent Garden; c’era anche Francesca, studiava al Royal College.
D: Paganini ha segnato la mia carriera: al concorso che ne porta il nome non vinsi, ma fui la prima donna italiana ad arrivare in finale; ne ho inciso i Capricci per la Deutsche Grammophon, col primo Concerto ho fatto la tournee in Russia assieme alla Verdi. Che sia uscito il 27 è stato un caso, i dischi escono sempre di venerdì; ma sono i 200 anni da quando scrisse questo concerto e questa ricorrenza è stata cercata. In una seconda tournée russa ho scoperto Wolf-Ferrari: un amico mi suggerì quest’opera. Me ne sono innamorata subito. È scritta alla fine della II guerra mondiale ma non ne reca traccia; è un omaggio a Paganini, al teatro d’opera di Rossini e al teatro di Goldoni ma è anche un canto d’amore: Wolf-Ferrari, settantenne, si innamorò follemente di una ragazza che all’epoca aveva la mia età. Non esistevano incisioni moderne, ho avuto l’onore di eseguirlo in prima russa, inglese, sudamericana... e a Venezia: nella sua città non era mai stato eseguito, lo suonerò alla Fenice con Daniele il 13 e 14 gennaio 2018.
Come vi siete conosciuti?
R: Fu lei a chiedermi di accompagnarla al pianoforte per i Concerti di Beethoven e Brahms; a quei tempi facevo il pianista accompagnatore e il ripetitore in teatro, non dirigevo. La conoscevo di fama, lei era «la Dego», la violinista più brava del Conservatorio; c’è un punto in Beethoven in cui io devo solo ripetere quattro semplici accordi mentre il violino fa una frase molto lirica; in quel punto mi girai, la fissai e…
D: Glielo chiesi perché era un accompagnatore fantastico; poi mi fece capire che voleva accompagnarmi anche senza pianoforte. Ero un po’ imbarazzata perché avevo solo 15 anni, mi sentivo guardata dagli insegnanti.
Quanto è difficile la vita insieme di due musicisti?
R: Non è facile, capita spesso di vederci in aeroporto, di sfuggita; ora sono via io, ora lei, ora entrambi. Cerchiamo di trovare i nostri spazi: io sto rinunciando a una terzo delle proposte per riuscire a vederla un paio di volte a settimana.
D: Facciamo quello che più ci piace e quindi non è un sacrificio; certo, impone delle scelte: ad esempio vorremmo dei figli, ma più avanti, adesso no.
La cosa più folle che ha fatto per vederla?
R: Stavo dirigendo Nabucco a Stoccarda, lei suonava a Bangkok; avevo due giorni liberi, andai in treno a Francoforte e da lì volo diretto in Tailandia; concerto, un saluto ed ero di nuovo sull’aereo.
D: Lui è l’estremo, io un po’ meno ma ho una scusante: lui può studiare in viaggio, mentre io con il violino no e quindi posso muovermi meno.
Gelosie?
R: Se pensa alle cantanti con cui lavoro, beh, ormai Francesca le conosce quasi tutte; siamo insieme da 13 anni, nell’ambiente tutti sanno che siamo affiatati e quindi non ci sono tentazioni.
D: C’è amicizia. Al nostro matrimonio ci hanno fatto una sorpresa: Carmen Giannattasio ha intonato canzoni napoletane, Anita Rachelisvili Gershwin e Vittorio Grigolo brani sacri: lui aveva cantato nelle Voci Bianche della Cappella Sistina. Però Daniele controlla sempre su internet i musicisti con cui suono: sono stata due settimane in Australia, li ha fatti passare tutti!
Che cosa aggiunge all’intesa artistica l’essere marito e moglie?
R: La conosco come nessun direttore. Non facciamo una prova e via sul palco, l’accompagno da quando aveva 15 anni, al piano ho studiato con lei tutti i principali Concerti; so esattamente quello che può e vuole fare.
D: Al momento del concerto io posso sbagliare e tutti se ne accorgono, lui no; ma durante le prove dipende tutto da me mentre lui deve per forza passare attraverso altri musicisti; due responsabilità diverse e ognuno si tende anche per quella dell’altro.