In piedi, signore e signori, entra la Corte. Il processo è aperto, ma pubblico e imputati escono dalle pagine di un libro di racconti, Castigo, del celebre avvocato penalista e autore di bestseller Ferdinand von Schirach che Neri Pozza pubblica nella vivace versione di Riccardo Cravero e Irene Salvatori. Anche lui, nato a Monaco di Baviera nel 1964, predilige il genere noir come la più giovane collega Juli Zeh, avvocatessa e scrittrice ormai affermata, e non ha difficoltà a conciliare diritto e letteratura indagando sulle grandi contraddizioni storiche come il giurista Bernhard Schlink, autore di detective stories proiettate sulle tragedie della Germania moderna.
Del resto qualche problema in famiglia lo ha avuto. Infatti suo nonno, Baldur von Schirach, capo della gioventù hitleriana e reggente di Vienna, fu condannato a vent’anni di carcere per responsabilità nella deportazione degli ebrei. Tutto di lui mi è estraneo, ha ricordato il nipote, non a caso così sensibile alle riflessioni su diritto e giustizia, bene e male. E il materiale non gli mancava grazie alle centinaia di procedimenti penali che ha seguito nel corso degli anni: vicende giudiziarie e criminali trasfigurate in racconti incisivi, spesso anche brevissimi, di forte tensione narrativa con protagonisti fragili e ossessionati, al margine di imperscrutabili abissi.
La lucidità del giurista si sposa perfettamente con il narratore amante del suspence, che pur ritiene di dovere il suo successo solo a scrupolosità non disgiunta da una certa conoscenza del codice penale e della natura umana. Ma c’è ben altro. Basta leggere il suo libro d’esordio Un colpo di vento, da cui Doris Dörrie ha tratto il film Glück con Alba Rohrwacher come protagonista, o Il caso Collini, la storia di un uomo che reclama inutilmente giustizia e decide di farsela da sé dopo tante delusioni, per intuire la complessità di uno scrittore che sintetizza in modo fulminante conflitti e violenze del pas-sato, porta alla luce residui rimossi e fa i conti con una politica che ha tentato, a più riprese, di offuscare ogni verità.
Castigo è la tappa finale di un percorso scandito da altri due volumi di racconti tratti dall’esperienza forense, Verbrechen (Crimine, 2009) e Schuld (Colpa, 2010): una trilogia – com’egli ebbe a dire – che corrisponde alla successione di prove di un procedimento giudiziario. Ma gli spunti narrativi ampliano l’orizzonte mettendo a confronto la legge con la realtà e i sentimenti umani e suggerendo situazioni in cui troppo spesso la giustizia deve sopportare sconfitte. Come nel caso dell’avvocato Schlesinger che fa assolvere un uomo accusato di maltrattare i figli. Mal gliene incoglie, perché quello, appena arrivato a casa, prende il pargoletto di due anni, lo mette in lavatrice e lo lustra per l’eternità.
Spesso poi i reati appaiono quasi imponderabili sullo sfondo di destini che la vita ha impietosamente segnato. Come nel racconto Vicini di casa in cui il signor Brinkmann, malato di solitudine dopo la morte prematura della moglie, si affeziona a una nuova vicina di casa e coglie al volo l’occasione che gli viene offerta per sbarazzarsi del marito di lei. Non proverà alcun rimorso come la donna che, in Un giorno azzurro chiaro, elimina il marito che aveva ucciso il loro figlioletto obbligandola poi ad assumersene la responsabilità. In ambedue i casi non ci sono prove e restano aperti interrogativi fomentati dal dolore e dall’impotenza dei singoli.
Ciò che è reale appare spesso inconciliabile con ciò che è giusto, mentre dal canto suo la verità si acquatta fra mille fantasmi e sotterfugi. È la storia del vicedirettore di un supermercato che per puro caso si trova immischiato in un affare di droga e ci prende gusto, salvo poi finire in carcere e tornare libero poco dopo.
Von Schirach si aggira con le sue narrazioni fra le zone grigie del diritto, nei complessi intrecci fra morale e giustizia, evidenziando il tema della responsabilità del singolo alle prese con il concetto di verità sempre più sfuggente in quanto esposto a ogni tipo di manipolazione. Nel racconto Subbotnik la giovane avvocatessa Seyma, di origine turca, sembra farsi carico di tali incongruenze nel momento in cui accetta la difesa di un imputato scomodo e difficile accusato di traffico di esseri umani, prostituzione e reati accessori. Ma anche lui, in mancanza della teste fondamentale, che nel frattempo qualcuno dei suoi ha eliminato, verrà assolto. Sconsolata e malinconica suona la riflessione di Seyma sul mondo della legge: «Me l’ero immaginato diverso».
La scrittura di von Schirach si fa ancora più tesa e coinvolgente di fronte a personaggi vittime di torbide ossessioni come nel racconto Lydia, nome di una bambola sessuale con lo scheletro di acciaio e la pelle cosparsa di talco, che il signor Meyerbeck, abbandonato dalla moglie, ha deciso di scegliersi come nuova compagna. Le procura vestiti e biancheria intima, cucina per lei, e insieme la sera guardano film d’amore. E non esita a spedire all’ospedale un vicino che s’era introdotto in casa sua brutalizzando la sexy doll al silicone. La ricerca del piacere rivisitato con humour noir non conosce limiti: nel racconto Il subacqueo un ingegnere, padre di un bambino, al sesso con la moglie preferisce bizzarre masturbazioni che accrescono, a suo parere, il godimento utilizzando una muta da sub. «Non era più normale», dice lei, e un bel giorno, trovandolo in una strana postura con la testa avvolta in una pellicola trasparente, non esita a soffocarlo. Ma non ci sono indizi di colpevolezza sufficienti e la donna tornerà alla sua vita normale, il lunedì di Pasqua, giorno della Resurrezione.
Colpa e castigo sembrano realtà non declinabili in un mondo di paradossi e insensatezze con soggetti alieni proiettati sul vuoto. Non basta nemmeno cambiar vita, come fa un avvocato che ha deciso di darsi alla scrittura. Le sue parole conclusive nel racconto L’amico, con un chiaro riscontro autobiografico, escono direttamente dalla bocca di von Schirach e additano un confine quasi invalicabile: «Cambia poco se siamo farmacisti, falegnami o scrittori. Le regole magari sono un po’ diverse, ma l’estraniamento resta, e anche la solitudine e tutto il resto».