«Le situazioni difficili da sopportare diventano piacevoli da raccontare, Aspera perpessa funt iucunda relatu,» annota nel suo diario Egidius Arimond in una gelida notte di gennaio del 1944, mentre insonne, pensa alle sue api che palpitano nella casetta in fondo al giardino, al loro brusio sommesso, disciplinato, a quella mirabile organizzazione che hanno raggiunto in milioni di anni e che garantirà loro la sopravvivenza sino a primavera, mentre lui non sa quale sarà il suo destino. Le api d’inverno di Norbert Scheuer (Die Sprache der Vögel 2015) è la storia di un microcosmo perso nella campagna al centro del quale c’è Egidius e quel ronzio «flebile e armonioso» che ha accompagnato la sua infanzia, come quella di suo padre prima di lui e adesso lo conforta esorcizzando per un po’ il rumore sordo delle squadriglie di caccia e di bombardieri che solcano il cielo sopra la sua testa, nella regione dell’Eifel, sull’Urft, e che si dirigono verso Berlino, Colonia e le altre città tedesche tra i colpi della contraerea.
Quel lembo di terre poco lontano dal confine della Germania con il Belgio è un universo rurale sperduto, svuotato dei suoi uomini validi e, tra la primavera del 1944 e quella del 1945, è percorso dai sussulti della guerra, con la polizia militare e le SS perennemente a caccia dei piloti nemici sopravvissuti agli schianti, dei traditori e dei «criminali» ebrei che cercano di passare la frontiera. Norbert Scheuer racconta le vicissitudini di Egidius, ex professore di liceo che ha chiuso la sua carriera anzitempo ed è tornato al paese e agli sciami di api, vita e passione della sua famiglia da secoli, per sopravvivere a quella guerra, ma soprattutto per trovare rifugio dall’odio che l’ideologia nazista ha seminato. La sua umanità e la sua ragione si aggrappano ai ritmi e ai riti delle api che accudisce con devozione: loro sono l’oggetto del suo studio, la fonte della sua meraviglia e dei suoi guadagni, ma soprattutto le agguerrite custodi dei suoi ricordi più cari e dei suoi segreti più oscuri, come scrive nel diario di quell’ultimo anno di guerra, che nasconde in una delle arnie assieme a tutto ciò che ha valore per lui.
Tra le annotazioni da apicoltore, i brandelli della sua infanzia, le sue ricerche sul monaco benedettino antenato degli Arimond che alla fine del 1400 arrivò nella regione grazie al suo sciame di api, emerge la dolcezza di quest’uomo mite, solitario eppure amato da tutte le donne che lo incontrano, così sole, bisognose di affetto, di attenzioni, di baci e di carezze, vogliose per un po’, del conforto di quella leggerezza nascosta sotto i modi colti e riservati del misterioso Egidius.
Le api in inverno è un libro che sembra un resoconto intimo e semplice, invece si rivela ben presto uno scrigno di storie, un giornale del tempo di guerra dove si accumulano dettagli, immagini, personaggi spesso protagonisti, o comparse di un affresco che un po’ per volta prende i colori del dramma e dell’avventura mentre sospetto, cattiveria e amore s’intrecciano. Egidius, pochi lo sanno, è epilettico, un «parassita» come vengono chiamati dai nazisti quelli come lui, e si è salvato dall’epurazione solo grazie alla fama di Alfons suo fratello, pilota della Luftwaffe, che cerca di fargli avere regolarmente le costose medicine senza le quali sarebbe preda di crisi sempre più gravi rischiando di perdere il controllo del proprio corpo, la memoria di sé, delle sue azioni e soprattutto del suo compito.
Infatti lui è uno di quelli che portano gli ebrei al confine con il Belgio, dando loro una possibilità di sfuggire all’orrore. L’organizzazione ogni volta lo contatta lasciandogli dei messaggi in codice a mo’ di segnalibro in vecchi e dimenticati testi della Biblioteca Comunale. E lui grazie alle sue conoscenze di apicoltore ha escogitato un sistema quasi infallibile per passare attraverso le perquisizioni e i controlli della polizia, un’idea temeraria che richiede ogni volta un lungo e faticoso lavoro preparatorio e nervi saldi: nasconde i fuggitivi tra le sue api regine in false arnie contornate da altre con sciami agguerriti che porta a pascolare nei campi vicino al confine belga.
Norbert Scheuer racconta delle api per parlare dell’uomo e della follia della guerra, lo fa in modo sommesso, sognante, poetico, con una storia dai toni di leggenda, perché le api sono l’arma segreta della natura che costruisce, ricrea, rammenda ciò che l’uomo distrugge e sono la magia di Egidius: il suo modo di sfuggire alla realtà e soprattutto di credere in un possibile futuro.