La regina del rock che domava il palcoscenico

Con il critico musicale Ezio Guaitamacchi raccontiamo Tina Turner e quel rock che aveva una funzione identitaria
/ 29.05.2023
di Natascha Fioretti

«Sono così rattristato dalla scomparsa della mia meravigliosa amica Tina Turner. Era davvero un’artista e cantante di enorme talento. Era stimolante, calorosa, divertente e generosa. Mi ha aiutato così tanto quando ero giovane e non la dimenticherò mai» . Anche noi come Mick Jagger che ha scritto questo messaggio su Twitter ricorderemo per sempre Tina Turner, la sua voce graffiante, la criniera leonina, quelle labbra rosso fuoco sempre aperte in un sorriso, e poi quelle gambe indomabili, agili e leggere che scattavano ad ogni accordo. Un po’ come Elvis Presley che – ancora giovanissimo e ai suoi primi successi - in un’intervista disse che non sapeva cosa gli succedesse ma quando attaccava la musica le sue gambe iniziavano a tremare e a seguire il ritmo. Sono fatti così i veri talenti, i veri geni, sono fatti di una consistenza unica e irripetibile. Tornando a Mick Jagger e agli esordi di Tina Turner Ezio Guaitamacchi – giornalista e critico musicale, autore radiotelevisivo e autore tra gli altri de La storia del rock – ricorda di come gli Stones per l’apertura dei loro concerti volessero sempre loro: Ike & Tina Turner, il duo più famoso del rock e soul statunitense. «Già nel ’69 quando gli Stones vanno in America con il tour che si conclude al festival di Altamont in California, Ike e Tina avevano aperto diverse volte i loro concerti. Gli Stones volevano loro. In quel momento la musica nera, il soul erano ricchissimi di talenti: Aretha Franklin, James Brown, Otis Redding, Stevie Wonder…era una fucina di musica fenomenale alla quale i rocker bianchi che si stavano affacciando guardavano con ammirazione totale. I Rolling Stones hanno tratto moltissima ispirazione dalla musica nera».

Senza Tina la musica non sarà più la stessa ma, soprattutto, guardando alle star di oggi – penso a Beyoncé, Rihanna, Mary Jane Blige, per citarne alcune - con la scomparsa della regina del rock si chiude davvero un’epoca, un certo modo di fare e interpretare la musica. «Per dirtela tutta siamo lontani anni luce. Siamo lontani da quella che è stata la funzione della musica in quegli anni fino all’avvento di internet. A quei tempi la musica in generale, non solo il rock, aveva una funzione identitaria e te lo dice un ex ragazzo degli anni Settanta che quando vedeva un altro con la maglietta dei Led Zeppelin già gli era simpatico anche se non lo conosceva. La musica ti mandava un messaggio – che poi noi magari con il nostro inglese incerto e senza le fonti che ci sono oggi – non capivamo sempre al meglio. C’era però una sorta di percezione – pensiamo soltanto alla musica di Bob Dylan – che ci proiettava in una sorta di mondo ideale, un mondo che si pensava dovesse essere migliore e quindi la musica ha avuto innanzitutto questa incredibile funzione identitaria». E poi stiamo parlando di un periodo ricchissimo di talenti, un periodo quello tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta, che per certi aspetti è stata una fortuna poter vivere. «A questo proposito vorrei sottolineare – perché spesso lo si dimentica e anche nel caso di Tina Turner è evidente – che noi abbiamo vissuto da contemporanei l’arte assoluta di geni dell’umanità, nel senso che questi grandi artisti nell’anno Tremila – se ci saremo ancora – verranno ricordati come oggi ricordiamo Shakespeare per il teatro o Picasso per l’arte».

Ike & Tina

Anna Mae Bullock in arte Tina Turner nasce a Browsnville il 26 novembre del 1939. Da ragazzina raccoglie il cotone nella cittadina di Nutbush, nel Tennessee. «In un’intervista raccontò di quanto odiasse fare quel lavoro faticoso sotto il sole e la via di fuga le si presentò abbastanza casualmente frequentando il locale dove sua sorella faceva la barista e dove quel musicista fantastico che si chiamava Ike Turner (qualcuno lo dimentica, ma è stato l’autore del primo brano che gli autori considerano il brano prototipo del rock n’ roll, Rocket 88, pubblicato nel 1951 dalla Chess Records di Chicago) con la sua band – i Kings of Rhythm - suonava dal vivo. Una sera, grazie al flirt della sorella con il batterista, Tina Turner viene invitata sul palco a cantare e quello è l’inizio della sua carriera». Il sodalizio con Ike Turner durerà diciassette anni (dal 1960 al 1976); insieme conquistano un Grammy Award e un posto nella Rock & Roll Hall of Fame. Il loro è stato un successo strepitoso «per noi cultori un po’ raffinati quello è stato un periodo irripetibile, erano fenomenali da tutti i punti di vista non a caso – dicevamo prima – aprivano i concerti dei Rolling Stones, era uno di quei gruppi neri invidiati dai musicisti bianchi». Sappiamo – anche grazie alla sua autobiografia pubblicata nel 1986 I, Tina. My Life Story (nel 1993 diventa il film What's Love Got To Do With It con Angela Bassett vincitore di tre Oscar) – che il rapporto con Ike Turner fu strepitoso sul palco e infernale nella vita.

«La sua vita con Ike Turner era fatta di casini di ogni tipo. Lei aveva un talento incredibile e l’incontro con lui è stato fortunato da un lato – le ha aperto la strada per la sua carriera aiutandola a diventare Tina – e sfortunato nella vita privata fatta di violenze e abusi». Tra i loro grandi successi ricordiamo il primo, la cover del brano A Fool in Love (1960) e poi l’indimenticabile Proud Mary, River deep-Mountain High e Nutbush City Limits. Ma come scrive la cantante nel suo secondo memoir uscito nel 2018 My Love Story acclamato tra i bestseller del «New York Times»: «La mia relazione con Ike è stata dannata il giorno in cui ha capito che sarei diventata la sua fonte di denaro».

Solista e icona pop

Come sappiamo, la regina del rock troverà la forza e il coraggio di lasciarlo e sarà la carriera da solista a consacrarla tra i più grandi artisti di sempre. «Tina Turner diventa comunque una diva pop senza mai rinunciare a questa sua verve eccezionale, a questa sua carica esplosiva. Insomma, io l’ho vista dal vivo ed era veramente strepitosa, trascinante». Una donna che in tempi in cui non c’erano i movimenti #MeToo e #BlackLivesMatter ha fatto le battaglie per sè e per gli altri. «Anche dal punto di vista dell’icona è stata un personaggio straordinario. È diventata una sorta di sex symbol della donna di colore sul palcoscenico, ha rappresentato l’indipendenza femminile, la donna che riesce a liberarsi del marito padre-padrone, a riscattare una carriera, anzi… Dal punto di vista commerciale il brand Tina Turner è sicuramente più luminoso, ottiene successi e riconoscimenti da tutti i punti di vista. Ha messo insieme tante sfaccettature vivendo costantemente tra paradiso e inferno. Il successo, la popolarità, le gratificazioni artistiche e una vita invece privata molto più complicata e turbolenta».

Nessuno o pochi riuscivano a tenere il palco come lei: Tina Turner aveva una presenza, emanava una carica e si muoveva come pochi altri. Tra le sue performance memorabili dal vivo c’è sicuramente quella al Live Aid nel 1985 al Kennedy Stadium di Philadelphia. A quel tempo Tina era in tour per promuovere il suo album Private Dancer. Un Mick Jagger esplosivo la chiama sul palco (i due nella foto) con quel suo modo irriverente «Where is Tina?». Lei entra ballando sulle note di State of Shock e i due conquistano il pubblico che ancora oggi ricorda quando durante il secondo brano It’s only Rock n’ Roll - in un’atmosfera surriscaldata alle stelle che oggi secondo me ci sogniamo – Mick Jagger le sfila la gonna. E lei, Tina, con quella sua risata spavalda fa una smorfia e continua a ballare e a cantare come se nulla fosse, con quella classe che o ce l’hai o non c’è niente da fare. Ci devi nascere con quella classe e quella disinvoltura, quel piacere di darti senza limiti perché ci credi, stare sul palco è la tua strada, è la tua vita. E senza gli effetti speciali di oggi.

A proposito di duetti sono memorabili anche quelli con Cher che ha vissuto situazioni analoghe a quelle di Tina Turner ad iniziare dalla sua carriera con Sonny che pure era un compagno violento che lei poi lascerà per intraprendere una carriera da solista di grande successo. E a proposito di emancipazione e indipendenza femminile, in una sua intervista del 1996 sulla NBC’s con Jane Pauley ricordava che sua madre una volta le disse che prima o poi avrebbe dovuto sistemarsi e sposare un uomo ricco. Cher le rispose: «Mamma io sono un uomo ricco e famoso».

Un Mick Jagger esplosivo la chiama sul palco con quel suo modo irriverente «Where is Tina?». Lei entra ballando sulle note di State of Shock e i due conquistano il pubblico

«È vero – dice Guaitamacchi – Cher e Tina sono due personaggi analoghi. Anche Cher spezza il sodalizio che l’ha portata al successo. Così come Ike & Tina anche Sonny & Cher erano un duo veramente top, un brand, un’etichetta che vendeva bene. Una volta Jon Baez mi disse “quando sei sul palcoscenico, in quel momento, sei una stella e una stella non ha sesso. Ma giù dal palco comandano gli uomini”. Cosa che sess’antanni dopo purtroppo non è molto diversa».

Senza Tina

Ci mancherà la regina del rock n’ roll spentasi a 83 anni dopo una lunga malattia nella sua casa di Küsnacht vicino a Zurigo. Tra le più grandi artiste del secondo dopoguerra con oltre duecento milioni di copie di album vendute, dodici Grammy Award, continueremo a ricordarla ascoltando i suoi brani più celebri da Let’s Stay Together, Private Dancer, What’s Love Got To Do With It e The Best. Chi può raccogliere la sua eredità? Probabilmente nessuno perché i tempi sono cambiati e ogni star è figlia della sua epoca.

«Citavamo artiste di colore come Beyoncé che cantano tutte benissimo (basta vederla Beyoncé nel ruolo di Etta James nel film Cadillac Records per rendersi conto!). Il problema è la musica che fanno. Sono cambiati gli standard. Oggi ci si indirizza verso un mondo pop che privilegia la scelta commerciale rispetto a quella artistica. La musica rispecchia il mondo che viviamo, tutto deve essere molto veloce, molto facile, molto fruibile. Però è una scelta. Rimane anche chi cerca altre strade, ad ogni modo si chiama musica popolare non a caso, riflette il periodo, il luogo, la situazione socio-culturale e politica che stiamo vivendo, una fase non bellissima. Dall’undici settembre del 2001 il mondo è sotto una cappa buia».