La regina Atwood e tutti gli altri

Nel 2018 le serie televisive sono destinate a fare di nuovo la parte del gigante, partendo dalla Atwood (presente su più fronti) troveremo anche Camilleri e Ammaniti e, chissà?, forse un giorno Murakami
/ 08.01.2018
di Mariarosa Mancuso

Il 2017 ha visto il trionfo di Margaret Atwood. Merito delle serie tv, che hanno reso la scrittrice canadese popolare più del Booker Prize vinto nel 2000 con L’assassino cieco. Da Il racconto dell’ancella – datato 1985 e tradotto da Mondadori nel 1988, ora da Ponte alle Grazie – Bruce Miller ha tratto The Handmaid’s Tale. In un futuro non troppo lontano le donne non lavorano né hanno denaro. Sono le regole di Gilead, teocrazia situata dove un tempo erano gli Stati Uniti. Per colpa dell’inquinamento e di altre catastrofi, la fertilità è scesa a picco. Le poche ancora fertili – chiamate «ancelle» – sono schiave da ingravidare. Bastava molto meno per appropriarsi della serie e sventolarla come bandiera contro Donald Trump.

Su Netflix da novembre è disponibile Alias Grace, mini-serie tratta un romanzo di Margaret Atwood datato 1996 (lo ha tradotto nel 1997 Margherita Giacobino, anche questo nel catalogo Ponte alle Grazie). Diretto da Mary Harron – già regista di un film dedicato a Bettie Page, regina del sadomaso soft anni 50 – L’altra Grace racconta la storia (già di suo appassionante) di una sedicenne cameriera irlandese in Canada. La accusarono di aver ucciso il padrone e la di lui governante, con la complicità dello stalliere.

Sotto il segno di Margaret Atwood, nel 2018 vedremo altre serie di origine letteraria. È in arrivo su Amazon Video Electric Dreams: serie antologica britannica di Ronald D. Moore e Michael Dinner, tratta dalle storie di Philip K. Dick. Il titolo viene dal racconto che suggerì a Ridley Scott il film Blade Runner: «Gli androidi sognano pecore elettriche?» (bello anche il sequel diretto da Denis Villeneuve, non date retta ai disfattisti). Come preparazione spirituale – certe cose vanno prese sul serio – suggeriamo la lettura di Io sono vivo, voi siete morti, l’omaggio che Emmanuel Carrère dedica allo scrittore visionario (anche perché strafatto di droghe e anfetamine).

L’Italia propone un paio di nuovi episodi con il commissario Montalbano, eterno eroe made in Camilleri (lo scrittore sostiene di aver però depositato nella cassaforte della casa editrice Sellerio il manoscritto che darà l’addio all’investigatore di Vigàta). Luca Zingaretti ci accompagnerà ancora per molto, fa impazzire l’audience e ha un indotto turistico rispettabile. Ne ha uno anche Gomorra, terza stagione della serie tratta dal libro di Roberto Saviano: sceneggiatura e attori che nel cinema italiano sono rarissimi – se non impossibili – da trovare.

Fa il salto verso la televisione Niccolò Ammaniti, scrittore di strepitosa bravura – i contrari o i tiepidi leggano subito Che la festa cominci o Come Dio comanda. Sarà lo sceneggiatore e showrunner di otto puntate intitolate Il miracolo («showrunner», per fare il verso a una celebre frase di Flaubert, è colui che sta a una serie tv come il Dio sta alla creazione: responsabile di tutto, non si fa vedere da nessuna parte). Arriverà anche la serie tratta da L’amica geniale di Elena Ferrante (o di chiunque si nasconda dietro lo pseudonimo, siamo stufi di ragionarci su, con il senno di poi non sembra modestia ma pura strategia pubblicitaria). Regia di Saverio Costanzo, che già aveva diretto l’adattamento italiano di In Treatment» con Sergio Castellitto – dal format israeliano Be Tipul, nella versione USA diretto da Rodrigo Garcia, figlio di Gabriel Garcia Marquez.

Tra i romanzi già chiacchierati, va segnato il nome di Sally Rooney e il titolo Parlarne con gli amici. Per i critici americani viaggia con l’etichetta Salinger ai tempi di snapchat ed è la prima femmina a raccogliere l’eredità dello scrittore che viveva nascosto (e in casa non aveva neppure un manoscritto da lasciare ai fan del giovane Holden). Da Guanda uscirà Selva oscura, l’ultimo romanzo di Nicole Krauss, più nota come ex signora Safran Foer (la serie The Affair consigliava ai litiganti l’avvocato del divorzio Foer / Krauss).

Le duemila pagine del prossimo Haruki Murakami fanno ben sperare. Sono intitolate Killing Commendatore (il giapponese le tenta sempre tutte per non sembrare orientale). Ci sarà pure qualche ripetizione, come in 1Q84, ma nessuno come lui sa inventare mondi che sui risvolti di copertina sembrano insopportabili, e a leggerli incantano. Fa sperare meno bene Divorare il cielo di Paolo Giordano: tre fratelli e una ragazza in una masseria pugliese. Tocca citare Checco Zalone, che ha girato Quo vado in Islanda perché i film ambientati nelle masserie pugliesi gli erano venuti a noia.