Non è certo un caso isolato che l’Opernhaus di Zurigo commissioni un’opera ad un compositore contemporaneo. Lo ha fatto regolarmente negli ultimi anni, con un buon successo, anche se più di critica che di pubblico. Per il 2022 la scelta è caduta su Stefan Wirth, classe 1975, alla sua prima esperienza con un lavoro operistico importante. Il compositore zurighese si è chinato su La ragazza con l’orecchino di perla, il romanzo di successo di Tracy Chevalier, dal quale è stato tratto anche un film con Scarlett Johansson e Colin Firth come protagonisti. Per l’atteso appuntamento, il teatro era strapieno e l’accoglienza da parte del pubblico è stata tutt’altro che riluttante, lo diciamo subito, sia alla prima che alla seconda rappresentazione.
Questa di Wirth è una partitura complessa, eterogenea e atonale, ma con una armonia perfetta fra strumenti e voci. Armonia, in questa occasione peraltro perfettamente rispettata dal Maestro Peter Rundel, attento ad ogni minimo dettaglio e alla coinvolgente atmosfera sonora dei diversi momenti. Rundel viene assecondato con precisione, differenziazione ed entusiasmo da una Philarmonia Zürich in gran forma. Girl with a Pearl Earring, dunque, su libretto in inglese (sopratitoli in inglese e tedesco) di Philip Littell, il quale colloca Griet, una giovane servetta olandese del Seicento, a raccontare in prima persona gli accadimenti che si svolgono in casa del già ricco e celebre pittore Jan Vermeer. Muovendo dalla fine, ossia dal momento in cui la ragazza ha già dovuto lasciare la casa di Vermeer e si è già sposata con il giovane macellaio Pieter, il funzionale libretto non segue pedissequamente il romanzo e ne elimina alcuni personaggi e situazioni.
Grandiosa la prestazione di Lauren Snouffer – che è quasi incessantemente in scena – nel vocalmente e scenicamente arduo ruolo del titolo: qui sommesso, dolce, malinconico e più intimo, qui intenso e determinato. Il soprano americano si avvale con tecnica sicura di uno strumento vocale dal timbro adamantino anche nei molti piano. Le è accanto il celebre baritono Thomas Hampson che, con l’arcinoto carisma, con l’immutato calore della voce e con l’autorevole, ma sempre differenziata presenza scenica, si cala nei panni di Vermeer. Perfetto nel graduale avvicinamento a Griet, nel conquistare pian piano la fiducia della ragazza, nel risvegliare il suo interesse per il mondo dell’arte e nel consentirle l’accesso al suo atelier, sino a quel momento luogo vietato a chiunque. Laura Aikin interpreta il ruolo di Catharina, la moglie perennemente incinta del pittore: superba, arrogante, e gelosissima di Griet; gelosia e rabbia che il soprano americano evidenzia sia vocalmente che attorialmente. Fenomenale come sempre Liliana Nikiteanu subentrata a Felicity Palmer nel ruolo di Maria Thins, la suocera e il vero e proprio capofamiglia. Brava anche Irène Friedli nei panni di Tanneke, la serva anziana scorbutica e altrettanto gelosa di Griet, il baritono Yannick Debus in quelli di Pieter e il tenore Iain Milne nell’odiosa parte del viscido mecenate Van Ruijven. Un applauso anche agli altri interpreti, nonché agli onnipresenti, chiassosi tre bambini (il canto è affidato alla brava Lisa Tatin nella parte di un cosiddetto «children engine»).
L’allestimento porta la firma del regista Ted Huff che riflette sulle azioni interiori dei personaggi piuttosto che su quelle verbali. Raffinata, dunque, la guida dei personaggi all’insegna dell’introspezione psicologica, della mimica degli sguardi più che di una vera e propria gestualità, il che conferisce una forma minimalista a ritmo e colore della drammaturgia concepita da compositore e librettista. Anche l’essenziale scenografia di Andrew Liebermann è in sostanziale accordo con la regia: su una scena girevole viene spostata un’unica parete ora nera ora illuminata, a seconda della situazione. Gli adeguati costumi fatti risalire al periodo fra il 1664 e il 1676 – anche quello di Griet quando viene dipinta da Vermeer corrisponde a quelli del celeberrimo quadro – sono di Annemarie Woods e il suggestivo Light Design di Franck Evin.
Una produzione, questa nuova zurighese, da porre certamente nel novero delle indimenticabili. Si replica sino all’8 maggio.
Per informazioni: www.opernhaus.ch