Dove e quando

Lawrence Carroll. Buchmann, Via della Posta 2, Lugano.Fino al 4 febbraio.Orari: ma-ve 13.00-18.00, sabato su appuntamento.www.buchmanngalerie.com


La pittura di Lawrence Carroll che porta il peso della vita

L’omaggio della Galleria Buchmann al grande maestro americano
/ 23.01.2023
di Alessia Brughera

Sono trascorsi tre anni dalla prematura scomparsa di Lawrence Carroll. Artista statunitense di origine australiana, è considerato tra le figure di riferimento della scena internazionale contemporanea per aver saputo iniettare nuova linfa nel concetto di pittura, ridefinendone i confini in maniera peculiare.

La Galleria Buchmann, che rappresenta Carroll dal 1994, fino al 4 febbraio espone un lavoro particolarmente significativo della sua ricerca artistica, volta a saggiare le infinite potenzialità creative scaturite dalla commistione di espressioni formali diverse. L’opera, che consiste in una distesa di rose cosparse di pigmenti e polveri, si chiama Untitled ed è stata realizzata dal maestro americano nel 2015, in occasione dei quarant’anni di attività della galleria. Attorniata anche da fotografie e da alcuni dipinti di piccolo formato eseguiti dall’artista poco prima di morire, questa installazione racchiude in sé i tratti distintivi dell’indagine di Carroll, primo fra tutti la sperimentazione di nuove possibilità di coniugare valori emozionali a un’estetica minimalista.

Da quando, negli anni Ottanta, incomincia a produrre le sue «scatole pittoriche», associando la bidimensionalità della pittura alla tridimensionalità dell’oggetto, Carroll è riuscito a trasformare le proprie creazioni in spazi pregni di sentimento e di lirismo, in luoghi contemplativi dove lo sguardo si sofferma su ogni particolare per scovarne la precisa ragion d’essere. Carroll ha sempre interrogato gli strumenti dell’arte, tagliando e ricombinando porzioni di tela per poi dipingerle e inserire nel corpo della pittura elementi organici e inorganici quali fiori, foglie, polveri, scarpe o lampadine, ampliando così le valenze simboliche dell’opera. Attraverso la combinazione di linguaggio pittorico e scultoreo Carroll ha dato vita a lavori stratificati che rivelano più livelli di lettura e che ci appaiono nel loro poetico contrasto di imponenza e leggerezza.

Nato a Melbourne nel 1954, Carroll trascorre la sua infanzia in California per poi stabilirsi a New York all’inizio degli anni Ottanta, dove fin da subito percorre una traiettoria artistica autonoma caratterizzata da una profonda dedizione alla pratica pittorica. Proprio il suo procedere al di là delle scuole e delle teorie del momento per consacrarsi a una dimensione più intima e personale della creazione deve aver fatto presa sul curatore svizzero Harald Szeemann, che nel 1989 invita Carroll a partecipare, insieme ad altri otto giovani artisti americani, a Einleuchten, l’importante mostra collettiva allestita al Deichtorhallen di Amburgo.

Sebbene la cifra stilistica di Carroll non sia mai stata riconducibile a una tendenza specifica, non significa che l’artista non abbia raccolto stimoli e suggestioni dal lavoro di altri colleghi. Le influenze che si possono rintracciare nelle sue opere vanno dal contesto statunitense, con tematiche e modalità desunte da figure quali Jasper Johns, Robert Rauschenberg, Donald Judd e Mark Rothko, all’altrettanto stimolante scenario europeo, con una particolare sensibilità che lo avvicina alle esperienze di Joseph Beuys, di Alberto Burri e di Giorgio Morandi. Procedendo a ritroso nel tempo, l’attenzione di Carroll si rivolge anche a Giotto, agli affreschi pompeiani e, nondimeno, alle sculture greche e romane, spesso ammirate al Metropolitan Museum of Art di New York, importanti per avergli insegnato la bellezza dell’imperfezione.

È da questi antichi manufatti che Carroll apprende che l’opera può essere frammentaria e che, anzi, proprio dalla sua incompletezza e dalla sua condizione indefinita può erompere un’arte profondamente umana: i rattoppi, le cuciture, le sovrapposizioni, i materiali sottratti all’esistenza e le forme mutevoli dei suoi lavori servono all’artista per allontanarsi da un’estetica impeccabile, eroica, e accostarsi invece alla vulnerabilità dell’individuo.

Lo stesso processo creativo a cui Carroll sottopone ogni sua opera, sempre lento e meditato, è espressione della volontà dell’artista di concentrarsi sul valore del tempo e del silenzio, al fine di trovare una dimensione più prossima all’uomo. I temi ricorrenti, il linguaggio sempre fedele a sé stesso che avanza per piccole variazioni e l’uso di una tavolozza dalle «gradazioni morandiane» che tocca le tante sfumature del bianco, i grigi chiari, i gialli tenui, i verdi pallidi o i rosa impalpabili rendono i lavori dell’artista narrazioni sull’esistenza sospese in un’atmosfera nostalgica e metafisica. «Mi piace l’idea che la pittura possa portare un po’ del peso della vita», diceva Carroll in un’intervista di qualche anno fa. E nell’intimità del gesto che si fa incarnazione della memoria, le sue opere, fragili eppur ieratiche, tragiche eppur liriche, concedono allo spettatore un appagante momento di quiete.