La Piazza Grande di Locarno piena di spettatori è sempre un gran colpo d’occhio. Non poteva esserci avvio migliore per una 75esima edizione del Film Festival all’insegna della ripartenza segnata dal pienone da tutto esaurito per assistere a un film di grande richiamo come Bullet Train di David Leitch. E pazienza se il regista di Atomica bionda (che era meglio di questo), vuole mettere insieme il thriller sul treno, l’azione, il film di yakuza, il western, la commedia e il fumetto con qualche riferimento a Tarantino. Siamo su un ipertecnologico treno giapponese e non per caso si ritrovano vari personaggi con dei conti da regolare. Il cast di grido – Brad Pitt, Sandra Bullock, Michael Shannon e l’inglese Aaron Taylor-Johnson, che in piazza ha ricevuto l’Excellence Award – vale il biglietto, come qualche sorpresa a effetto.
Tra gli ospiti di prestigio Matt Dillon, attore simbolo di un’epoca che ha ritirato il Lifetime Achievement Award. Stasera in piazza arriva il belga-svizzero Last Dance di Delphine Lehericey, preceduto dal corto Printed Rainbow dell’animatrice indiana Gitanjali Rao, nota per Bombay Rose e insignita del Locarno Kid Award. Il film ticinese Semret di Caterina Mona sarà presentato mercoledì, a seguire Home of the Brave, film concerto del 1986 di Laurie Anderson che riceverà il Vision Award.
Non eccezionale l’inizio del concorso internazionale, che ha come presidente di giuria il produttore ginevrino Michel Merkt, già premio Rezzonico alcuni anni fa. Il più atteso tra i 17 in lizza è il russo Skazka del grande Aleksander Sokurov, scoperto proprio da Locarno nel 1987. Oggi passano l’italiano Gigi la legge di Alessandro Comodin e il costaricano Tengo sueños eléctricos di Valentina Maurel. Il più interessante dei primi giorni è il portoghese NaçãoValente - Tommy Guns di Carlos Conceição, ambientato nell’Angola del 1974, un anno prima della liberazione. Tra una suora missionaria che non riesce a salvare un uomo ferito e una ragazza locale uccisa a bruciapelo da un soldato portoghese dopo che hanno mangiato insieme e si sono amati, ci si ritrova in mezzo a un plotone di occupanti barricato dietro un muro con una prostituta. Un film notturno, visivamente molto bello, sul non senso della guerra, il non sapere cosa si combatte, i morti che tornano in vita, i crimini che non si possono nascondere.
Vuole essere troppe cose, tra film di denuncia sociale e quello di dilemmi morali, con un occhio al neorealismo iraniano, l’indiano Ariyippu – Declaration di Mahesh Narayanan. Una coppia lavora in una fabbrica di guanti di lattice quando riemerge un video ricattatorio che ritrae anche la donna: la vita dentro le officine ai tempi del covid, con le condizioni che diventano ancora più dure. Delude Il pataffio di Francesco Lagi con Lino Musella, Alessandro Gassmann e Valerio Mastandrea dal libro di Luigi Malerba del 1978. Siamo nel Medioevo e un piccolo nobile sposato per interesse prende possesso del nuovo feudo ma trova miseria: il linguaggio fa pensare a L’armata Brancaleone, ma il film è insistito, non trova mai il tono giusto, incerto tra comico e dramma e non valorizza gli attori.