L’arte e la cultura più in generale si trovano in uno stato di acuta necessità. Probabilmente, ora che un palpabile sconforto a lungo termine serpeggia sempre più anche tra chi vive grazie ad esse, il sostegno privato diventa più importante che mai, e mecenatismo (v. articolo di fianco) e filantropia hanno il potenziale di trasformarsi in un faro sempre più luminoso in futuro, purché se ne conoscano le modalità operative e gli iter procedurali. Chi desideri approfondire quest’importante tematica, ma soprattutto chiunque abbia voglia e/o necessità di essere coinvolto in un «progetto filantropico», può avvalersi del supporto esperto delle ricercatrici e consulenti Elisa Bortoluzzi Dubach e Chiara Tinonin, autrici dell’illuminante La relazione generosa. Guida alla collaborazione con filantropi e mecenati.
Qual è stata la genesi di questo progetto che ha portato alla scrittura di una guida esauriente e dettagliata, piena di suggerimenti pratici e pragmatici, ma con un approccio filosofico?
Elisa Bortoluzzi Dubach: L’idea del libro è nata diversi anni fa, nel 2016. A quell’epoca mi sono incontrata ripetutamente con un amico filosofo per discutere del ruolo del mecenate. Dopodiché mi sono fatta intervistare per sei mesi di seguito da una giornalista; quel materiale rimase inutilizzato a lungo, finché non ne parlai con Chiara, con cui collaboravo da anni e che ha un sistema valoriale molto simile al mio. In fondo la prima relazione generosa è proprio la nostra, nel senso che le sono grata per tutta la competenza e l'energia che ha speso per questo nostro comune lavoro.
Dopo lo scoppio della pandemia, a un certo punto il telefono del mio ufficio ha cominciato a suonare all’impazzata (e continua a farlo), con persone provenienti dall’ambito culturale che mi chiedevano cosa dovessero fare. Ci siamo così rese conto che era necessario mettere a disposizione il nostro know how. Nonostante fossimo in piena pandemia, la casa editrice Franco Angeli ha accettato la nostra proposta all’istante. Poiché volevamo che il libro fosse accessibile al maggior numero possibile di persone, siamo grate ai donatori che ci hanno permesso di regalarlo a molte biblioteche, anche musicali, italiane e svizzere.
La prima tiratura è andata esaurita in tre mesi, e ciò ci rallegra per i musicisti, dal momento che abbiamo deciso di regalare i proventi delle edizioni che usciranno fino alla fine del 2021 all’Associazione Senzaspine e al Fondo di solidarietà per gli studenti del Conservatorio della Svizzera italiana. Questo libro è nato dalla volontà di fare del bene e di farlo bene. E grazie ad esso mi è venuta l’idea di un progetto pilota: con il sostegno dei Cantoni della Svizzera Centrale, per fine aprile sono riuscita a organizzare un corso online di fundraising per operatori culturali che si trovano in difficoltà (www.hslu.ch/de-ch/wirtschaft/weiterbildungskurse/ifz/online-fachkurs-fundraising-fuer-kulturschaffende)
Un libro sul mecenatismo che viene promosso grazie a dei donatori…
Chiara Tinonin: Un libro sulla generosità deve essere lanciato con un atto di generosità, quindi per noi è stato naturale condividerlo con filantropi e donare in prima persona i proventi della prima edizione.
Come vi siete poste di fronte al materiale raccolto?
CT: La cosa insolita di questo progetto è stata la carica emotiva che l’ha investito. Questo momento, pur essendo difficile, è anche propizio, perché c’è consapevolezza di quelle che sono le difficoltà degli artisti e della produzione culturale. Vi sono grandi opportunità se si creano le giuste connessioni, e spero che questo libro possa indicare la via più fruttuosa da intraprendere. Abbiamo guardato alla filantropia come a un settore, dandone riferimenti dimensionali e soprattutto definendo quelle che sono secondo noi le sue traiettorie di sviluppo. Ma questo voleva essere anche un manuale, e qui Elisa è una maestra ed è quindi grazie a lei se questa guida si può aprire in qualsiasi pagina e da lì iniziare a leggere.
Nei contesti artistico-culturali a volte si ha la percezione che alle competenze di visione e di comunicazione del progetto e alla relazione con un filantropo o un mecenate venga attribuita minor importanza rispetto all’aspetto creativo. Ora però gli artisti cominciano ad aprirsi maggiormente a questa sensibilità, capendone il valore.
Oggi gli artisti, grazie alla tecnologia sembrano più consapevoli...
CT: Sicuramente la tecnologia e i social media aiutano, e ancora prima le piattaforme di condivisione dei progetti. Ma la nostra attenzione non è tanto sull’aspetto tecnologico, quanto su quello processuale. Per noi contano anche l’attitudine caratteriale e psicologica, il modo in cui l’artista si pone. Spesso il sostegno mecenatistico è ancora visto come un mero trasferimento di denaro, ma non è così: chi dona, dona sé stesso, il proprio passato, la propria persona.
EBD: Il vero cambiamento deve ancora venire: l’artista non deve sentirsi richiedente, ma offerente. Deve avere coscienza del proprio valore, e di potere offrire al mecenate una serie di cose, tra cui la possibilità di realizzare i suoi sogni. L’artista deve però avere anche coscienza del valore economico-finanziario del proprio progetto. Fra le cose da migliorare subito vi è il modo in cui gli artisti si presentano in Internet, che deve diventare più completo.
È recente la polemica della Consigliera di Stato zurighese Jacqueline Fehr che rimprovera all’Ufficio federale della cultura un eccesso di burocrazia per l’ottenimento di sussidi. Cosa ne pensate?
EBD: Dal mio punto di vista la semplificazione è necessaria a tutti i livelli. Si devono velocizzare i processi e le riunioni, soprattutto in un momento come questo e in una società che si trasforma ogni giorno. Il ritmo decisionale delle fondazioni deve aumentare. È inoltre necessaria una standardizzazione e una semplificazione delle richieste di contributo, che non deve corrispondere a una banalizzazione. Da ultimo, ma non per importanza, credo che i criteri di archiviazione nelle rispettive banche dati della vigilanza federale e cantonale vadano uniformati.
Cosa pensate delle commistioni tra settori pubblico e privato, nel sostegno alla cultura?
EBD: Quando le donne della fondazione Ladies first hanno regalato alla città di Basilea un teatro grazie a una delle più grandi azioni svizzere di fundraising, hanno raccontato in un libro ciò che hanno fatto e ciò che avrebbero potuto fare meglio. Tra le altre cose avevano regalato al Canton Basilea Città una proposta di contratto fra privati e istituzioni pubbliche cui non è mai stato dato seguito. Purtroppo, la maggior parte delle amministrazioni pubbliche sono confrontate giorno per giorno con fondazioni e mecenati senza le competenze specifiche per affrontare la problematica. È necessaria una strategia comune, la condivisione di esperienze e buone pratiche.
CT: Aggiungerei che spesso la cultura rappresenta un bene comune. In questi casi il settore pubblico deve sostenere le collaborazioni tra pubblico e privato a beneficio della comunità e delle generazioni future.
Uno dei temi più interessanti in ambito culturale è l’idea del welfare culturale. Vi sono studi che misurano i livelli di miglioramento della salute grazie alla cultura, e tutto ciò apre un’importante prospettiva politica.