«Forse nessun pittore francese del XIX° secolo è stato tanto odiato quanto Courbet». A metà Novecento Lionello Venturi spiegava che gli atteggiamenti guasconi e la consapevolezza della propria statura artistica di Courbet non furono capiti come espressione del pensiero schietto di un socialista utopico, profondamente radicato nella Franca Contea natale, terra di liberi pensatori e anarchici. Venturi però sottolineava la portata storica della pittura di Courbet, ingabbiato dai suoi detrattori come un doppio pittorico di Zola (peraltro grande ammiratore del pittore): «senza Coubert sarebbe impensabile l’impressionismo e Manet, Renoir, Cézanne».
In Francia si censuravano l’egocentrismo dell’artista che si poneva al centro del mondo (L’Atelier del pittore) e l’immoralità dei soggetti: vecchi ubriachi e nudi femminili prorompenti. Courbet pagò interessi altissimi per la sua libertà di spirito. Durante i mesi sanguinari della Comune di Parigi il suo ruolo di spicco (salvò le collezioni del Louvre dal vandalismo comunardo) costò al pittore la galera come presunto mandante dell’abbattimento della colonna Vendôme. E dopo il carcere, morì in esilio a La Tour-de-Peilz, con l’incubo di pagare la colossale ricostruzione della colonna. Proprio Cézanne aveva capito che il famoso «occhio di Courbet» segnava «l’ingresso lirico della natura nella pittura: l’odore di foglie bagnate, le pareti muscose delle foreste, il mormorio delle piogge, l’ombra dei boschi, il passo del sole sotto gli alberi. Il mare. E la neve». I soggetti elencati da Cézanne sono il tema di una splendida mostra, Courbet e la Natura, allestita presso il Palazzo dei Diamanti di Ferrara. Una monografia che ha richiamato nella città estense tele provenienti dai musei d’Europa e d’America, e che rimarrà aperta fino al 6 gennaio 2019, anno del bicentenario della nascita del grande pittore.
Il visitatore è salutato al suo ingresso dal simbolo stesso dell’arte di Courbet, una straordinaria quercia secolare. Come la sua pittura, affonda le radici nella terra natale ed è bagnata dalle acque di quelle sorgenti, grotte e fiumi che incantarono il pittore. La sala centrale più grande lascia senza fiato. Il mare domina. Il suo ruggire furioso, scriveva Courbet a uno dei pochi artisti di cui aveva soggezione, Victor Hugo, «mi fa pensare a un mostro chiuso in gabbia che potrebbe divorarmi». Quelle «raffigurazioni eroiche di muri d’acqua sormontati da schiuma che collassano su se stessi», videro la luce in una spoglia stanzetta in Normandia, come ha ricordato lo scrittore Guy de Maupassant.
Attorno «il mare si avvicinava tanto che sembrava abbattersi contro la casa, immersa nella spuma e nel rumore. L’acqua sporca picchiava come grandine contro la finestra e colava lungo i muri». E nelle tele «un groviglio di spruzzi sospesi in aria, una marea che parte dal profondo dell’eternità, un cielo lacerato, la livida nitidezza della scena». Maupassant sentiva nella tela la puzza di schiuma di mare, perché nella pittura di Courbet il tatto e l’olfatto hanno parte altrettanto decisiva della vista. «Guardandoli» ha scritto Giuliano Briganti, «sentiamo la superficie rugosa e leggera della scorza di sughero che fascia le grandi querce, l’asperità delle dure rocce grigie che strapiombano sulla Loue, il freddo dell’acqua che scorre nera e profonda sul fondo delle gole e stagna nel mezzo delle grotte, l’odore del verde fresco dell’erba ancora non falciata, l’odore aspro che emana dal pelo ruvido dei cervi, la densità delle nuvole che si raffreddano in neri lembi sul mare minaccioso».
Oltre alla furia marina e alle falesie della Normandia, al paesaggio rurale e alle acque della Franca Contea, anche la luce del Mediterraneo (catturato a Palavas, davanti a Montpellier) e la maestà delle Alpi (ammirate dalle rigeneratrici acque del Lemano) stimolarono Courbet nella sua adorazione della madre natura. Nel documentato catalogo trova la giusta collocazione storica anche il periodo svizzero di Courbet (già oggetto nel 2014 di una mostra al Musée Rath di Ginevra). A lungo considerati minori, causa esilio, cumulo debitorio, omeriche sbronze quotidiane e falsari in azione, gli anni svizzeri sono rivelatori di una nuova attenzione alle variazioni atmosferiche nei tramonti con le cime dei Dents du Midi toccate dal rosa, intorno ai torrioni leggendari del castello di Chillon, davanti al mare lacustre di Vevey.
La Natura fu sempre per Gustave Courbet identificazione totale della pittura con la materia. Per aver gettato sul tappeto della pittura non già un’idea, ma la materia, Giovanni Testori lo proclamò «fondatore della pittura moderna». Materia «fecondissimo magma». Materia «fecondissima melma».