«La guerra non mi ha colto di sorpresa»

Bernhard Schlink, giurista e scrittore tedesco, autore del bestseller mondiale A voce alta è tra gli ospiti della nuova edizione degli Eventi Letterari Monte Verità dal 7 al 10 aprile
/ 28.03.2022
di Natascha Fioretti

Toccante, delicato, acuto nel descrivere il fenomeno delle colonie nazionaliste in Germania, pervaso da un grande spirito letterario, l’ultimo romanzo di Bernhard Schlink Die Enkelin (La nipote) conquista chi già conosce e ama la sua penna sopraffina. Tra i grandi ospiti degli Eventi Letterari ci siamo fatti raccontare la storia di Kaspar, libraio di Berlino che resta senza la sua amata Birgit e scopre di avere una nipote. Svenja vive con i genitori in una colonia nazionalista fuori città, è stata educata al razzismo e al negazionismo dell’Olocausto. Kaspar la inizierà alla musica classica e alla letteratura, le farà sentire Chopin e le farà prendere lezioni di pianoforte. Sullo sfondo dell’intenso e commovente legame tra nonno e nipote, emergono le spaccature storiche e sociali del secolo scorso di cui la Germania porta ancora i segni.

Lei vive tra gli Stati Uniti e Berlino: ci racconti due angoli di queste città che ama particolarmente e nei quali torna sempre volentieri.
Di Berlino amo in particolare le sue piazze, quella in cui abito, il Viktoria-Luise-Platz, il Bebelplatz dove si trova la Facoltà di giurisprudenza e dove lavoro, il Gendarmenmarkt con i suoi due duomi, quello francese e quello tedesco e il Konzerthaus. Di New York invece amo Central Park e sono felice di abitare proprio nelle sue vicinanze.

Nel 2010 tenne un discorso alla Boston University dal titolo «La presenza del passato» nel quale espresse questo concetto: «Il passato ha affinato la nostra comprensione della libertà, dell’uguaglianza e della giustizia… siamo stati profondamente influenzati dai ricordi del Terzo Reich e dell’Olocausto». Il passato ci sta raggiungendo?
Libertà, uguaglianza e giustizia non sono a rischio soltanto da oggi ma a partire dal 1945 lo sono state ripetutamente. In questo senso il passato non ci sta raggiungendo ma ci accompagna da sempre.

Qualche settimana fa il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha detto che la guerra russa contro l’Ucraina rappresenta un punto di svolta in politica estera. Avrebbe mai pensato, lei e più in generale la sua generazione, di vivere una guerra in Europa?
Mi sembra di poter dire, questa almeno è la mia impressione, che la guerra in Ucraina ha colto di sorpresa più le giovani generazioni che non la mia. La mia generazione, quella nata attorno al 1945, è cresciuta con l’immagine delle città distrutte, la memoria e i racconti dei genitori sulla guerra, la guerra di Corea, la guerra calda e fredda. La guerra in Europa non mi ha colto di sorpresa.

Veniamo al romanzo che ci riporta ai tempi della DDR e presenta diversi tratti autobiografici: Kaspar aiuta Birgit a scappare, la porta a Berlino ovest. Anche lei, giovane studente a Berlino, ai tempi del muro aiutò un’amica, come andarono le cose?
Negli anni sessanta studiavo a Berlino ovest e nel 1964 presi parte al raduno di Pentecoste della Libera Gioventù Tedesca a Berlino est dove avevo degli amici e una compagna. La aiutai a scappare procurandole dei documenti falsi e raccogliendo 5000 marchi.

Come sarebbero andate le cose se Birgit fosse rimasta nella DDR, che tipo di persona serebbe diventata? Questa domanda nel romanzo riecheggia in continuazione e mette in luce quanto sia stato difficile per le persone, allora e dopo la riunificazione, vivere una vita diversa. Le cose si sarebbero potute fare diversamente? Oggi in Germania ci sono cittadini di prima e di seconda classe?
Con la domanda, chi sarebbe diventata se fosse rimasta nella DDR, Birgit si confronta nei suoi disegni ed è contenta di essere fuggita. Personalmente conosco solo pochi tedeschi dell’est che non sono contenti della riunificazione. Ma anche questo non cambia lo stato delle cose e cioè che per loro la convivenza con i tedeschi dell’ovest resta complicata. La fattura dei tedeschi dell’est influenzata da decenni di vita nella DDR resta incomprensibile ai tedeschi dell’ovest e difficile da accettare. Anzi, il fatto che i tedeschi dell’est dopo essersi liberati del regime della SED, non siano come i tedeschi dell’ovest, viene visto con alienazione, o addirittura, con indignazione.

Chi sono le colonie nazionaliste?
Sono un segmento interessante del grande spettro della destra. Si vestono secondo tradizioni del passato, vivono in campagna a stretto contatto con la natura, fanno una vita contadina, mescolano insieme nello stesso calderone il verde con il sangue e la terra, il razzismo e il nazionalismo. I genitori dei bambini di queste colonie sono sempre disponibili quando si tratta di dare una mano nelle scuole, essere presenti o fare dei dolci. Non hanno la mentalità delle bande violente e attaccabrighe tipica di altre destre. Ma possono arrivare a incendiare una stalla se vogliono allontanare qualcuno dal loro villaggio perché si pone in modo conflittuale rispetto alle loro visioni.

Come in altri suoi racconti anche qui c’è il tema del congedarsi dalle persone che amiamo. In proposito c’è una frase nel libro che mi ha particolarmente colpita: «Sapevo che non si può sfuggire a sé stessi, che ci si porta sempre con sé ovunque. Ma non sapevo che portiamo sempre con noi anche gli altri». Se penso ai miei nonni, mi sembra una cosa bella, il portare dentro di noi, sempre, le persone che abbiamo amato e non ci sono più.
Per me, come per lei, è bello sapere che i miei nonni svizzeri, con i quali da bambino ho trascorso delle vacanze felici, sono con me. Tutto dipende da ciò che ci mette in comunicazione, in relazione con chi ci accompagna. Se è qualcosa di bello, questo portarli con sé lo è altrettanto, se invece lo associamo a qualcosa di brutto, diventa un peso.

Da giovane rimase affascinato da un quadro del pittore svizzero Ernst Stueckelberg La bambina con la lucertola. Qui nel romanzo compare invece un altro quadro La bella cioccolataia di Jean-Étienne Liotard. Come mai questa scelta?
È Paula a scegliere la cartolina con questa immagine e a inviarla a Birgit perché La bella cioccolataia le ricorda Svenja, la figlia di Birgit. Svenja è stata educata ad adeguarsi, fa ancora ciò che deve e ci si aspetta da lei ma il suo viso già mostra distanza e avversione.

Kaspar ama le poesie, molte le conosce a memoria, una di queste la condivide con noi ed è Abendlied (Canzone della sera). In quale relazione sta con il romanzo? E lei, Bernhard Schlink, ama le poesie?
Kaspar recita a Birgit un verso tratto dalla Canzone della sera di Matthias Claudius perché si sposa perfettamente con l’atmosfera del momento. Descrive il silenzio notturno, la speranza di una vita senza la morsa dei problemi e quel sentimento nostalgico per cui in cuor nostro speriamo che si risolveranno. Canzone della sera è un componimento magnifico e una delle mie poesie preferite.

A voce alta uscì nel 1995, diventò un bestseller e un film da Oscar. Dopo un tale successo non è stato difficile continuare a scrivere romanzi?
Il successo avuto con A voce alta l’ho vissuto come un grande regalo. Ricevere un regalo così grande una volta nella vita è una cosa meravigliosa e al tempo stesso sufficiente. Semplicemente mi piace scrivere e sono contento che i miei libri incontrino lettori e lettrici.

Bibliografia
Bernhard Schlink, Die Enkelin, Zürich, Diogenes Verlag, 2021.

Per info sul programma: www.eventiletterari.swiss