Dove e quando
Bi12 Biennale dell’immagine, Chiasso, fino al 14 novembre 2021. Per il programma dettagliato www.biennaleimmagine.ch 


La fotografia tra vero e falso

La fotografia non è più solo occasione per vedere, ma spinge sempre più a riflessioni sul nostro vivere
/ 04.10.2021
di Giovanni Medolago

Fake, visual distortion: seppur declinato nel sempre più imperante inglese, il titolo della XII Edizione della Biennale dell’Immagine di Chiasso richiama un tema «caro» alla fotografia sin dalla sua nascita, poco meno di due secoli or sono, quando crebbe una nuova etica della visione. Vero o falso? Le immagini riprodotte a partire dalla camera obscura leonardesca e poi via via, nel corso del tempo, con gli apparecchi sempre più sofisticati messi a disposizione dall’evoluzione tecnica, riflettono o meno la realtà?

Interrogativo parafilosofico reso di recente ancor più complesso dall’avvento del digitale, grazie al quale ciascuno di noi – purché munito di smartphone – è in grado di nuotare nel mare magnum della manipolazione, sfociando infine nell’invenzione fantastica (gli amati/odiati meme quando va bene, le conturbanti fake photos quando butta male!) e dunque lontana mille miglia da quella realtà che Daguerre, Fox Talbot e Niépce pensavano di aver catturato per sempre e telle quelle. Grazie a quel Photoshop che un grande fotografo come Berengo Gardin vorrebbe addirittura «abolito per legge», pasticciamo con le nostre foto casalinghe fino a farle diventare surreali, epperò continuiamo a fidarci spensieratamente di quelle ci offrono i media. Nella fessura tra questi due atteggiamenti rischiano di passare le truffe più insidiose, quelle fake news/photos/stories contro le quali bisogna combattere armandosi di un forte senso critico.

Non è dunque un caso che gli organizzatori della rassegna chiassese abbiano chiamato Joan Fontcuberta quale padrino della loro cornucopia di proposte. Catalano, classe 1955, diverse attività nel mondo della fotografia: critico, storico, curatore di mostre, docente a Harvard; il buon Joan ci ha giocato eccome con la manipolazione. Ha realizzato dei d’après di Picasso e di Tàpies – poi unanimamente lodati quali «inediti» dai giornali di Malaga e di Barcellona; ha creato il fotografo fantasma Ximo Berenguer, attribuendogli immagini che «il prematuramente scomparso artista iberico (1947-1978)» non ha mai realizzato per il semplice fatto che non è mai esistito; ha pure giocato con il fenomeno Vivian Maier, inventandosi una complicità con John Maloof, quello che a un’asta si aggiudicò il baule dimenticato in un magazzino con le centinaia di negativi e rullini ancora da sviluppare della babysitter/fotografa per caso. Curatore della mostra allo Spazio Officina, Fontcuberta ha divertito il pubblico raccontando delle sue burle in un incontro condotto al Cinema Teatro da Michele Smargiassi, giornalista di «Repubblica» e titolare del blog «Fotocrazia».

Mentre risulta particolarmente strana l’assenza dalla kermesse chiassese di un’importante istituzione come il m.a.x. museo (entrerà in scena solo il 9 ottobre con una mostra che – almeno sulla carta – ha poco a che vedere con la fotografia), ecco il ritorno di Maurizio Montagna alla Galleria Cons Arc. Corruzioni, oggetti quasi è il titolo di un suo interessante quanto curioso lavoro, nato da una serie compulsiva di scatti che ha messo in crisi l’apparecchio fotografico digitale, non più in grado di gestire ogni clic e che Montagna («La realtà fotografica va ben oltre il tema del visibile») si è ritrovato miracolosamente sotto gli occhi.

Da segnalare anche la rassegna cinematografica «Cinema-falsità»: Talvolta il falso può rivelarsi più creativo del vero, è un’invenzione utile per poter guardare il mondo con occhi nuovi, provare a capirlo meglio, o almeno per contrastarne l’assurdità, scrive Francesco Rizzi, curatore del ciclo.