«Quello che so per certo è che ogni giorno ti offre la possibilità di prendere fiato, toglierti le scarpe, uscire e ballare – per vivere senza rimpianti pieno di gioia, divertimento e risate». Le parole di Oprah Winfrey (Tutto ciò che conta, Rizzoli), si possono interpretare liberamente ma a me hanno subito fatto pensare allo spirito di Festa Danzante, manifestazione nazionale dedicata alla danza che in Ticino va in scena dal 9 al 14 maggio e il 29 aprile ha avuto la sua giornata inaugurale.
Per saperne di più e presentarvi in anteprima alcune chicche del programma abbiamo dialogato con Tiziana Conte, da tredici anni responsabile dell’evento, operatrice culturale e fondatrice di Isadora – piattaforma che nasce per comunicare, sostenere e coordinare gli eventi della danza in Ticino.
Tiziana Conte, come dice Oprah, prendiamo fiato e usciamo a ballare…
Proprio così. È raro trovare una festa in cui sacro e profano si mescolino con tanta naturalezza, una manifestazione che sia così sanamente popolare. Mi sono innamorata di questo format proprio per il suo potenziale, per la sua possibilità di mescolare carte, discipline e punti di vista come d’altronde la danza stessa permette di fare. La danza è movimento. Chi non ha un corpo? Un ectoplasma, forse. Mi spiace che la manifestazione talvolta venga snobbata perché si pensa che le forme contemporanee della danza siano per pochi eletti. Non è così e i media (ma non solo) potrebbero fare di più e meglio per promuovere un’immagine differente.
Quali saranno i luoghi della festa?
Noi abbiamo questa specialità di portare la danza fuori dai luoghi canonici dei teatri. Ci piace pensare che se una persona attraversa la città di Lugano e inciampa in una performance, questa possa cambiare la sua mappatura mentale, l’idea che ha sempre avuto di quella città. Festa Danzante lavora anche attraverso un processo di rapporto identitario. Ad esempio, se sei un semplice turista e ti ritrovi in un contesto come quello festoso di una performance, logicamente quel luogo assumerà un altro colore e nel migliore delle ipotesi anche un’altra forma. È questo che trovo molto interessante, l’andare incontro al pubblico, l’opportunità di regalare letture differenti della città.
La danza è movimento, architettura degli spazi, scenografia ma anche espressione e comunicazione di messaggi e significati.
Sì, assolutamente. Anzi sarei ancora più radicale. Se vai a vedere il nostro sito web di Isadora (www.isadora.dance), la piattaforma per la danza attiva tutto l’anno che ha organizzato questa edizione di Festa Danzante, vedrai delle immagini che passano con una musichetta e delle parole chiave...
Si leggono parole come anarchico, brusco, vivace, leggero, furioso e si vede ballare con gioia un signore anziano con la barba e il cappello di lana rosso, oppure due giovani che stanno imbiancando casa ballare con il loro Golden Retriever….
Rischio di suonare un po’ radicale ma ci credo: la danza è davvero in ogni cosa anche nella non danza che molti propongono. La danza non è soltanto virtuosisimo è assolutamente capace – con la presenza di un corpo – di essere altro. Quest’anno, in collaborazione con il LAC, abbiamo un ospite importante che è Alessandro Sciarroni (nel 2019 ha vinto il Leone d’Oro alla carriera alla biennale di danza di Venezia). Nella giornata inaugurale di sabato 29 aprile all’Asilo Ciani ha proposto Save The Last Dance for me un lavoro in cui ha fatto un lavoro di recupero della polka chinata. Si tratta di una danza che ormai non si balla più, un ballo antico nato a Bologna all’inizio del Novecento che veniva fatto solo da uomini che a un certo punto si chinano e iniziano a girare vorticosamente. Nel tempo è diventata una forma di corteggiamento poi una performance atletica fino ad andare quasi a scomparire. A recuperarla è stato il maestro di danza bolognese Giancarlo Stani.
E il lavoro di Sciarroni in cosa consiste?
Sciarroni è abituato a misurarsi con tanti format e in questo caso ha reinterpretato e riletto questa danza antica, questo ballo popolarissimo attualizzandolo. Il risultato è una performance di venti minuti in cui gli uomini dimostrano una certa capacità di resistenza e una certa intimità visto che si tratta anche di un gioco di fiducia, un gioco di pesi in cui i danzatori devono tenersi a vicenda per girare tutti insieme. Sempre nel giorno dell’anteprima abbiamo presentato anche un incontro sugli esordi della danza contemporanea in Ticino.
Dunque uno sguardo al passato?
A Rete Due qualche giorno fa parlavano dell’ultimo film di Nanni Moretti Il Sol dell’Avvenire con un giornalista del «Manifesto» che diceva una cosa che mi ha molto colpita. Non ricordo le parole esatte ma il senso era questo: citando Jerry Lewis si sottolineava l’importanza di potersi voltare indietro e dire: «ho fatto qualcosa di buono». Questo per sottolineare che è importante guardare al futuro ma è altrettanto importante capire – attraverso una rilettura del passato – dove puoi andare. Dunque l’incontro non vuole essere una reunion di vecchi danzatori ma il ricordo di quella che è stata una storia pionieristica in Ticino.
Che cosa è rimasto di quella esperienza?
Se lo chiedi a me che sono un pochino più giovane di loro ti dico che per me è la militanza. Credo davvero che si possano mescolare le carte tra sacro e profano. Lo ribadisco, abbiamo dei momenti di pura festa come sabato sera (13 maggio) con lo swing. Oggi c’è anche bisogno di stare in uno spazio definito e condividere la ritualità dello stare insieme, divertirsi, ballare e giocare con i propri corpi.
Diversi sono anche i progetti che mettete in campo, ad esempio Carta Bianca. Di cosa si tratta?
È un nuovo format a cui abbiamo dedicato molte energie e molte risorse economiche. L’idea è di invitare ogni anno degli artisti – non necessariamente legati alle arti della scena – che a loro volta – a scelta – possono coinvolgere altri artisti per creare un progetto ad hoc per Festa Danzante. Quest’anno abbiamo invitato Simon Waldvogel e Francesca Sproccati, un attore e una danzatrice coreografa, di Ticino is Burning (Premio svizzero delle arti sceniche 2022). Loro hanno coinvolto degli artisti del collettivo InQdrt specializzati in Parkour (disciplina metropolitana nata nei sobborghi di Parigi all’inizio degli anni Ottanta). Ci piace l’idea di promuovere questo rapporto di scambio, creare un’occasione di confronto e di dialogo tra conoscenze e competenze diverse e il Parkour infatti è qualcosa di molto lontano dalla ricerca e dalla sensibilità di Simon e Francesca. Tra l’altro si danzerà anche in luoghi meno noti della città come Villa Viarnetto o la Scalinata Mimosa. Poi in programma abbiamo il cinema, da anni collaboriamo con i cineclub del Ticino e con Chiassoletteraria.
È possibile un connubio tra letteratura e danza?
Visto che siamo nelle stesse date abbiamo fatto di necessità virtù e ci siamo uniti in questa collaborazione. Ispirati dal tema di Chiassoletteraria – che quest’anno è la dissidenza – abbiamo creato DISSI_DANCE, un momento musicale a Mendrisio nell’ora dell’aperitivo curato dal deejay Nicola Albertoni di Rete Tre rivolto a un pubblico molto giovane. In contemporanea, sempre a Mendrisio, al Teatro dell’Accademia di architettura presenteremo DANCE ON SCREEN, cortometraggi di danza internazionali e svizzeri che affrontano le grandi questioni globali come la guerra, la crisi climatica, le diseguaglianze e le ingiustizie.