La città della danza

Lugano si propone come ideale ponte di confronto tra Svizzera, Europa e Nordamerica
/ 13.06.2022
di Giorgio Thoeni

Per un’intera settimana a fine maggio, Lugano si è trasformata in una piccola capitale della danza con la prima edizione di Lugano Dance Project, un festival diffuso negli spazi del LAC e in altri luoghi, alcuni dei quali hanno ospitato per la prima volta uno spettacolo dal vivo.

L’iniziativa, voluta da Michel Gagnon con la collaborazione di Lorenzo Conti e Carmelo Rifici, larvatamente ispirata alla storica esperienza della comunità utopica di Laban al Monte Verità, ha riunito alcune delle più originali espressioni della danza contemporanea e nuove produzioni di tre coreografe: la canadese Virginie Brunelle, l’angloamericana Annie Hanauer e la svizzera Lea Moro.

«Abbiamo deciso di investire sulla danza in quanto disciplina universale che riassume l’insieme delle arti, tra arte, gesto e movimento», ha dichiarato Gagnon nel presentare la manifestazione, sottolineando quanto la proposta sia anche una sorta di sintesi della sua vita professionale, una base su cui costruire un ideale ponte di confronto e pensiero tra Svizzera, Europa e Nordamerica. Un bella ambizione, soprattutto per un territorio che ha sempre faticato a investire in modo continuativo sulla danza contemporanea.

Per inaugurare i numerosi appuntamenti, il Festival ha colto l’occasione per presentare Tanzfaktor, una selezione di progetti di compagnie emergenti proposta da RESO, la rete svizzera della danza. Una scelta operata su 70 candidature che ha schierato le coreografie di Lisa Laurent & Mattéo Trutat, Luca Signoretti, Alba Castillo e Lucas del Rio. Quattro pezzi brevi di grande fisicità e dall’ottimo livello tecnico pur nella loro diversità, una caratteristica diffusa in un festival che ha voluto proporre una serie di originali paradigmi artistici e cambi di registro. Fattori interessanti che, come per la musica, trasformano quest’arte in un’esperienza, a patto di lasciarsi trasportare da una fruizione spesso associata a un’estetica della lentezza.

Per ricordare il Festival non servono pagelle se in una retrospettiva ci si accontenta di caleidoscopiche istantanee e sensazioni. A cominciare da Suite Zero di Simona Bertozzi, un progetto fra i più esperienziali e intensi del festival, una raffinata ricerca sul rapporto fra musica e corpo danzante nella trasformazione dell’equilibrio in un’entità eterea, leggera e al contempo palpabile. Non ha invece sorpreso oltre misura Fables di Virginie Brunelle, spettacolo ispirato all’esperienza del Monte Verità. L’attesa coreografa canadese ha proposto una lettura spettacolare della cifra labaniana con un omaggio nel suo stile: fisico, corale ma dagli effetti discutibili.

Sono stati molto seguiti gli appuntamenti con la brasiliana Ana Pi, empatica allo stato puro, elegante e lieve per narrazioni sulle danze urbane accanto a una ricerca poetica e politica su Haiti fra simbolismi ancestrali e odierni. La pluripremiata belga Cindy Van Acker ha presentato quattro assoli fra la sede della Società di Navigazione e il Lido di Lugano, inediti site-specific per elaborate scomposizioni corporee.

Bella e intensa l’immersione contemplativa della coreografa fiorentina Cristina Kristal Rizzo nella solitudine espressiva neoclassica museale grazie alla bellezza regale di Megumi Eda nell’ala del MASI affacciata sul lago. Annie Hanauer ha proposto (con Teatro Danzabile e nell'ambito del festival della sanza Steps, realizzato dal Percento culturale Migros) un’ipnotica lenta meditazione sullo spazio, utopia per conquiste inclusive nella disabilità.

Due progetti svizzeri hanno infine siglato la manifestazione. Anzitutto l’applaudito sequel sull’invisibile di Lorena Dozio che con Come un salto immobile percorre i suoi mondi trasversali alla ricerca dei rapporti fra corpo, silenzio, suono e narrazione, un’audiodanza dove l’immaterialità diventa movimento dalle tracce impressioniste. Convincente anche il progetto di Lea Moro con i suoi danzatori per l’iperventilatoria Another Breathe, metafora sul respiro, motore mozzafiato e minimalista per una sopravvivenza ambientale.

Fra spettacoli, happening e laboratori, un programma che ha lasciato intendere quanto Lugano Dance Project voglia diventare una vetrina anche in futuro.