Nel 2009 in una mia intervista, Giandomenico Romanelli, allora direttore dei musei civici di Venezia, proponeva ai lettori un breve itinerario alternativo ai circuiti di massa per visitare la città. Si parte dalla Chiesa della Madonna dell’Orto con la Presentazione di Maria al Tempio e le colossali tele del Giudizio finale e dell’Adorazione del vitello d’oro di Jacopo Tintoretto per proseguire fino alla Chiesa parrocchiale di S. Alvise con all’interno tre tele di Giambattista Tiepolo legate alla passione di Cristo: l’Incoronazione di spine, la Flagellazione e la Salita al Calvario.
Noi oggi, a pochi passi di distanza, aggiungiamo un altro tassello al percorso, sempre a Cannaregio: la chiesa dei Gesuiti.
Durante la fine del Cinquecento inizia il declino della Serenissima. Con la peste e l’imprenditoria mercantile che cede il posto all’oligarchia terriera, l’arte dopo Tiziano, Tintoretto e Veronese si ritrova, come scrive l’Argan, in una «devota, conformistica celebrazione storico-religiosa». Luigi Lanzi scrive nella Storia pittorica della Italia che Jacopo Palma il giovane è l’ultimo pittore della «buona età e il primo della cattiva».
I Gesuiti tornano a Venezia dopo un cinquantennio di esilio nel 1657. Passano diversi decenni e incontrano la famiglia Manin. Lodovico I Manin comincia a costruire una villa a Passariano e nel 1700 affittano Palazzo Dolfin sul Canal Grande. Cercano quindi un luogo per la loro cappella gentilizia. I Gesuiti e Manin iniziano le trattative. Il progetto viene affidato all’architetto Andrea Pozzo che muore nel 1709. Vengono quindi incaricati il fratello Giuseppe Pozzo e Domenico Rossi, architetto originario di Morcote che ha già lavorato per i Manin alla loro villa di Passariano. La costruzione inizia nel 1714. Nel 1716 viene posato l’altare maggiore opera di Giuseppe Pozzo e i lavori terminano nel 1734-1735.
La facciata, eretta da Giovanni Battista Fattoretto su disegno di Domenico Rossi, presenta otto colonne corinzie con diverse profondità. All’interno quattro nicchie con altrettante statue; la trabeazione spezzata è sormontata da un secondo ordine con otto statue. Sul timpano altre statue: i 12 apostoli, due angeli e l’Assunta di Giuseppe Torretto. Scrive Fulvio Lenzo nel volume Il restauro della cappella dei tessitori di seta: «Rossi, i Gesuiti e Manin cercano radici architettoniche più profonde di quelle palladiane e le trovano nella Basilica di San Marco».
L’interno, a croce latina a una navata, è un tripudio, in stile reggenza, di intarsi marmorei e stucchi. Un decorativismo esasperato che provoca l’apparato sensitivo increspando le linee per creare una moltitudine di visioni e uno spazio indefinito tramite ghirlande di foglie e fiori, morbidi cartigli, lanceolate conchiglie, foglie d’acanto e corolle di fiori. Opere di Abbondio Stazio e Carpoforo Mazzetti, entrambi ticinesi.
Nella navata, subito dopo l’ingresso a sinistra troviamo fra le altre opere il Martirio di San Lorenzo del 1588 di Tiziano e a destra la Cappella dei tessitori di seta con all’interno la tela di Jacopo Negretti, detto Palma il giovane, l’Angelo custode e angeli che portano le anime del 1619 circa.
Quest’ultima è stata restaurata con il sostegno della Fondazione svizzera Pro Venezia (nella foto uno scatto dei lavori), in occasione del cinquantesimo della nascita, e dalla Soprintendenza archeologica belle arti e paesaggio di Venezia. Pro Venezia è nata a seguito dell’Aqua Granda del 1966. Alcuni illuminati amanti della città, fra i quali Alma Bacciarini, decidono di partecipare ai restauri e nel 1972 nasce la Fondazione che in un primo tempo si occupa di reperire i fondi per l’emergenza e in seguito opera con costanza per la manutenzione ordinaria. Da allora, ricorda il presidente Giordano Zeli, Pro Venezia si è occupata di sostenere svariati progetti di restauro e manutenzione prevalentemente di artisti ticinesi o svizzeri ma anche di Tintoretto, di Fiumani nella chiesa di San Rocco, di Francesco Solimena alle Gallerie dell’Accademia.
A Venezia la produzione dei tessuti di seta svolgeva un ruolo importante per l’economia cittadina. Nel Cinquecento vi lavorano circa 30.000 persone. Protettori dei tessitori sono San Cristoforo e San Marco. La Cappella, progettata da Domenico Rossi, si presentava in cattive condizioni. Viene così effettuato un restauro conservativo tramite una spolveratura, un preconsolidamento, un finissaggio, una pulitura e infine il consolidamento.
La pala di Palma il giovane viene restaurata fra il 2016 e il 2018 nei Laboratori di restauro della Misericordia. L’opera realizzata per la vecchia chiesa Santa Maria dei Crociferi viene traslata nella cappella della nuova chiesa nel 1714. Per adattarla è stata tagliata nella parte superiore come si evince dal relativo studio preparatorio dell’archivio Colnaghi di Londra dove fra le nuvole si trovano Gesù e Dio padre. La pulitura ha fatto riemergere un piede di Cristo sopra le ali dell’angelo a sinistra. Il dipinto è stato rintelato, pulito dalle vecchie vernici e dai ritocchi. Le parti della pellicola pittorica mancanti sono state stuccate, tutto è stato verniciato e infine rimontato su una nuova struttura lignea.
Dopo gli eccessi di Tintoretto, l’opera di Palma il giovane piega verso una quieta banalità che forse stride con il contesto così ridondante della Chiesa dei Gesuiti.
Per illustrare i lavori di restauro della cappella recentemente è stato pubblicato un volume a cura di Fabio Cani e Graziella Zannone Milan intitolato appunto Il restauro della Cappella dei Tessitori di seta. Chiesa dei Gesuiti a Venezia per le edizioni espazium che descrive tutte le fasi dei lavori in una serie di puntuali saggi.