Concorso - Con «Azione» al LAC

«Azione» mette in palio alcuni biglietti per il concerto di Christian Gerhaher con l’OSI in programma al LAC giovedì 24 novembre, ore 20.30. Per partecipare inviate una mail a giochi@azione.ch, oggetto «Mahler», con i vostri dati (nome, cognome, indirizzo, no. di telefono) entro domenica 20 novembre.



La bellezza della complessità mahleriana

Il baritono tedesco Christian Gerhaher si racconta in vista del concerto con l’OSI al LAC il 24 novembre
/ 14.11.2022
di Enrico Parola

«Mahler, pur affrontando tragedie, aggiunge ai toni disperati sfumature grottesche, guizzi di humor, un po’ come fa Kafka in certe sue novelle: ci sono la risata e il sorriso che accompagnano questo mondo di tristezza e lo rendono più comprensibile. Mahler potrebbe essere un Kafka in musica: è triste, disperato, orribile, ma anche grottesco, pieno di umorismo e ciò rende le sue note enigmatiche e più interessanti».

Non si è ascoltata per intero la prima frase e già si capisce quanto a fondo Christian Gerhaher spinga la sua riflessione sull’universo liederistico del boemo, di cui darà saggio giovedì 24 novembre, accompagnato dall’OSI e da Markus Poschner, in sette titoli tratti dal celeberrimo Das Knaben Wunderhorn, tra cui Das irdische Leben, Rheinlegendchen e Wo die schönen Trompeten blasen. Il cinquantatreenne baritono tedesco è apprezzatissimo tanto nel repertorio teatrale, in particolare mozartiano (debuttò al Festival di Salisburgo come Papageno nello Zauberflöte) e wagneriano, quanto in quello liederistico, di cui è considerato un erede del mitico Fischer-Dieskau, nonostante all’inizio il loro rapporto fu rocambolesco: «Una volta partecipai a una sua masterclass a Berlino e alla fine mi invitò a chiamarlo. Lo feci qualche tempo dopo, mi propose una data per un incontro, ma coincideva con un esame di medicina e declinai; me ne indicò una seconda, ma era la stessa di un altro esame; si mise a brontolare e mi consigliò di focalizzarmi sui miei studi universitari e proseguire col canto solo a livello amatoriale. Sei anni dopo gli inviai una copia del mio disco dello Schwanengesang di Schubert; mi scrisse entusiasta. Avevamo riallacciato il rapporto».

Schubert, Schumann e Mahler sono i suoi autori prediletti, ma a differenza dei primi due il terzo «è stato un approdo maturo, perché è difficilissimo: ritengo che cantare Mahler sia la vetta del percorso di un cantante, dal punto di vista sia tecnico sia interpretativo. Anche perché ci sono «tanti Mahler» e cambia se ad accompagnare la voce è un pianoforte, come in Schubert, o un’orchestra come quella che lui indica: una policromia dove gli strumenti si uniscono per creare tinte incredibili e la sfida per il cantante è intonare la voce a quei toni». Per approfondire gli elementi che in Mahler materiano il contrastante connubio tragedia-grottesco, Gerhaher premette un’inquadratura storica: «Dobbiamo ricordarci che nell’Ottocento non era certo raro vedere i propri figli morire: capitò a Bach, a Goethe addirittura sei volte. Per noi oggi è davvero arduo immedesimarci nei sentimenti che dovevano provare quei padri e quelle madri. Io stesso sono padre di tre figli e quando canto certi Lied mi ritrovo come sull’orlo di un abisso, di un mistero. Ebbene, Mahler leva ogni cortina davanti alle crudeltà e alle stranezze della vita, le vuol far vedere». Compito dell’interprete è trasmettere al pubblico come Mahler lo fa: «Se guardiamo superficialmente al tessuto narrativo i suoi Lied possono sembrare semplici, ma analizzandoli più attentamente si scopre che si intrecciano fonti letterarie e influenze musicali diverse, messe insieme secondo un processo che definirei di pittura moderna e concettuale: Mahler non cerca di fonderle in modo coerente, piuttosto procede in modo frammentato, per associazioni, quasi come fosse pittura impressionista; e in questo è molto moderno. Era moderno anche come direttore d’orchestra: ad esempio presentava certe composizioni ammettendo di non capirle pienamente, ma affermando che l’arte dovesse essere sostenuta anche quando non fosse compresa».

L’audacia delle proposte e la libertà delle scelte artistiche è un tema che appassiona Gerhaher: «Mi piace come un’arte indipendente e rischiosa quale è la musica venga vissuta in Germania, in Austria e in Svizzera: viene vista come un investimento e non come un sussidio. Questo modo di intenderla permette di sganciarsi dalla logica del puro intrattenimento o del successo immediato, dà il coraggio di mettere in cartellone musiche non scontante; è triste osservare certe stagioni pubblicizzare la prima sinfonia di Mahler come il titolo più audace, mentre ad esempio la sua sesta o settima sinfonia sono ben più complesse». Come complessa è la comprensione dei Lied: «Il Lied non è un dramma come l’opera lirica, né una narrazione come l’Oratorio, è qualcosa di indefinibile, di illogico, grottesco: Mahler pretende di raccontare una storia, ma non lo fa mai; procede per associazioni che appaiono e si dissolvono come nuvole, pensieri che si sovrappongono ad altri, rendendone difficile la comprensione. Nel Wunderhorn c’è un dialogo tra un uomo che canta all’acuto – note impossibili da rendere con una tinta scura – e una donna che gli dà una risposta erotica, ma dai tratti mascolini. È illogico, grottesco, meravigliosamente mahleriano».