Magari vivessimo in un mondo sempre più complesso. Soffochiamo invece in una rapida involuzione animica eppure anche nella morte certa cerchiamo conferme. L’ultima arriva dalla peggiore discografia di sempre i cui arcani maggiori sono Misoginia, Violenza, Bruttezza. I minori sono il festival di Sanremo, Amadeus e Junior Cally, uno di quei «little poets trying to sound like Charlie Manson», come li ha chiamati Leonard Cohen nel profetico The Future che è il nostro presente.
Dispongo le carte sul tavolo per una visione d’insieme ma ne manca sempre qualcuna. Senza, ogni gesto della politica si trasforma in una mano truccata: la prima è il Patto sociale. Che senso ha leggere la realtà, dibattere se poi non ci assegniamo un compito, un’azione comune per la crescita nostra e dei nostri figli? Chi ne ha, sa che arginare le degenerazioni del pensiero è sempre più difficile. Quelle che butti fuori dalla porta rientrano dalla finestra e si è soli in questo perché improvvisamente i nostri ragazzi hanno smesso di essere figli della collettività. Non resta che parlare con loro, affrontare insieme ogni questione e la sera ti addormenti domandandoti se sia sufficiente. E mentre ti rigiri nel letto senti qualcuno osare dire che quella di Cally è arte, e in quanto tale non deve essere censurata.
Per essere arte deve possedere i tre principi inalienabili: il bello, il buono e il giusto. Mancano tutti. Quanto alla censura, l’unica forma che concepisco è quella autoindotta, che un artista conosce e applica, ma abbiamo appurato che di arte non c’è neppure l’ombra e dunque cacciarlo a calci nel sedere sarebbe solo un gesto di buon gusto. Poi senti un altro dire che però farlo sarebbe da moralisti. Ma credere che la morale cambi coi tempi e a seconda delle aree geografiche è un alibi che serve a diversificare i prodotti dell’industria, oggetti di consumo. La morale è la legge naturale e immutabile che regge tutti gli esseri intelligenti e liberi. È la coscienza scientificamente applicata che ci fa apprendere i nostri doveri e l’uso ragionevole dei nostri diritti.
E con questo passiamo direttamente agli altri arcani mancanti. Uno, mai pervenuto, è la coscienza dei direttori artistici; l’altra è la libertà di espressione. C’è infatti anche chi dice che Cally ne ha diritto. Ma la libertà è la facoltà di fare o non fare (vedi autocensura), ma affinché avvenga che l’uomo possa completamente godere della libertà è necessario che sparisca ogni influenza tirannica, che sia distrutto ogni vincolo che sottopone un essere umano alle dipendenze di un altro e non, come suggerisce Cally, di uccidere e violentare. Infine il più fantasioso arriva a dire che è un anarchico, ma un anarchico è colui che si dà delle regole prima che gliele diano gli altri.
Insomma, chi è costui? Cally è il corpo morente del patriarcato. Uno degli ultimi esponenti di un sistema di potere che non ha mai saputo pensare quell’alleanza tra uomo e donna a cui siamo destinati e non accetta che questa alleanza, che già esiste nei desideri delle donne che neanche si degnano di guardarlo, possa fare a meno di lui.