Dove e quando
Le donne, l’arte e il Grand Tour. Gioielli in micromosaico e dipinti-ricamo in collezioni private svizzere. Pinacoteca cantonale Giovanni Züst, Rancate. Fino al 3 ottobre 2021. Orari: settembre e ottobre: 9.00-12.00/14.00-17.00, chiuso il lunedì, festivi aperto. www.ti.ch/zuest

Anello in micromosaico e oro con una colomba su un ramo e farfalla in volo (Roma), 1810-1815 (Collezione privata svizzera)


Insolite forme d’arte ai tempi del Grand Tour

La Pinacoteca Züst di Rancate dedica una rassegna ai dipinti-ricamo e ai gioielli in micromosaico
/ 06.09.2021
di Alessia Brughera

Ci sono mostre che hanno il merito di far conoscere al pubblico espressioni artistiche poco note, manufatti dalle tecniche inconsuete che affascinano non solo per la grande maestria con cui sono stati realizzati ma anche perché, al pari delle opere d’arte più tradizionali, sono piena manifestazione del contesto storico e culturale in cui sono maturate.

La rassegna allestita per tutto il periodo estivo nelle sale della Pinacoteca Züst di Rancate è proprio una di quelle esposizioni che ci invitano a scoprire lavori insoliti e curiosi, radunati grazie allo scrupoloso lavoro di ricerca sul territorio che è da sempre il tratto caratteristico dell’istituzione ticinese. 

Due sono le tipologie di opere che la mostra propone, entrambe frutto di un’estrema perizia tecnica e della capacità dei loro autori di cogliere con freschezza e originalità i rivolgimenti artistici in atto tra XVIII e XIX secolo.

Da delicate mani femminili nasce la raccolta che dà l’avvio al percorso di Rancate, quella dei tableau brodé, lavori che fondono pittura all’acquarello e ricamo su un supporto in seta. Queste raffinate creazioni fioriscono in alcuni paesi europei intorno alla fine dell’Ancien Régime, affermandosi soprattutto durante il Primo Impero napoleonico e trovando poi i loro ultimi sviluppi in età romantica. Grazie agli ugonotti che dalla Francia arrivano nella repubblica di Ginevra, tale tecnica si diffonde nella Svizzera Romanda di confessione calvinista. 

A dedicarsi alla realizzazione dei dipinti-ricamo sono donne appartenenti alle classi sociali più agiate, che identificano in queste opere la tipologia artistica a loro più consona nonché quella più accettata socialmente. Purtroppo nella maggior parte dei casi il loro nome rimane tutt’oggi sconosciuto ma, come testimoniano gli oltre cinquanta lavori esposti a Rancate, tutti provenienti da collezioni private elvetiche, si tratta di abili artiste in grado di progettare ed eseguire composizioni di grande finezza. 

Osservando i tableau brodé si scopre come il paesaggio naturale la faccia quasi sempre da padrone, con una rigogliosa vegetazione a occupare gran parte della scena e a dialogare con i protagonisti dell’opera. Di solito, proprio la vegetazione in primo piano, oltre ai vestiti dei personaggi rappresentati, viene trattata in ricamo, mentre l’acquerello è utilizzato per delineare lo sfondo, il cielo e l’acqua. 

Di grande stimolo per queste artiste sono spesso le incisioni e i dipinti di paesaggi svizzeri acquistati dai viaggiatori del Gran Tour, di cui vengono riproposti dettagli in maniera meticolosa senza però mancare di rielaborarli con un tocco personale. Tra i temi che sfilano in mostra ecco pastorelli che suonano il flauto, fanciulle che giocano alla mosca di bronzo, scene di caccia, episodi tratti dalla Bibbia, rovine classiche immerse nella flora lussureggiante così come soggetti ispirati a Jean-Jacques Rousseau, le cui opere e il cui pensiero influenzano in maniera profonda le autrici di dipinti-ricamo nella zona lemanica e di Neuchâtel. Gli scritti del filosofo svizzero suggeriscono loro brani in cui l’armonia fra natura e cultura, custodita da una società fondata sull’educazione, pare trovare riscontro nel leggiadro connubio tra ago e pennello.

La seconda raccolta esposta nella rassegna riunisce una serie di gioielli in micromosaico, preziosi manufatti eseguiti con piccolissime tessere in pasta vitrea diventati molto alla moda nel Settecento e nell’Ottocento. Basti pensare che tra le estimatrici di questi monili ci sono Maria Luisa d’Austria, Carolina Murat, regina di Napoli, e Augusta Amalia, figlia del re di Baviera, tutte solite indossarli anche nelle occasioni più prestigiose. 

Creati per la prima volta intorno alla metà del XVIII secolo dai mosaicisti del Vaticano, questi oggetti conoscono una grande fortuna grazie all’importanza crescente del Grand Tour, il viaggio che intellettuali, nobili e aristocratici intraprendono a quell’epoca per visitare le città di Roma, Venezia, Firenze e Napoli al fine di completare la loro formazione a contatto diretto con il mondo greco-romano e rinascimentale. Questi turisti esigenti e sofisticati diventano subito entusiasti acquirenti dei gioielli in micromosaico, comprati come apprezzato souvenir del loro soggiorno italiano.

Sulla scia di tale successo, a Roma, nella zona più frequentata dai viaggiatori, ossia quella di Piazza di Spagna e dei suoi immediati dintorni, vengono aperti numerosi atelier che eguagliano per qualità quelli del Vaticano. Da qui la fabbricazione dei manufatti si diffonde poi a Milano, a Venezia, a Parigi (voluta nientemeno che da Napoleone I) e a San Pietroburgo, mentre la loro fama arriva addirittura Oltreoceano, dove vengono venduti nell’elegante gioielleria Tiffany & Co. di New York.

Intanto la tecnica viene sempre più perfezionata grazie ad artisti quali Cesare Aguatti, che riesce a ottenere tessere di una vasta gamma di sfumature dello stesso colore, e Giacomo Raffaelli, che riesce a modellare le minuscole sbarrette di vetro in svariate forme. 

Dei gioielli in micromosaico di Rancate (anche questi provenienti da una collezione privata svizzera), alcuni sono usciti proprio dall’atelier di Raffaelli e ci appaiono come vere opere d’arte da indossare che colpiscono per l’accurato processo di realizzazione.

I soggetti rappresentati sui lavori esposti coprono tutto il repertorio tipico di queste creazioni, dalle decorazioni delle ville pompeiane appena scoperte alle vedute della Roma classica. Bella, ad esempio, la demi-parure costituita da otto medaglioni ovali con alcune rovine della Città Eterna, tra cui la piramide di Caio Cestio, il Colosseo e il tempio di Vesta a Tivoli. Troviamo poi riproduzioni dell’età greca e romana e scene di vita popolare, fino ad arrivare ai motivi floreali e alle raffigurazioni di animali che vanno a ornare i cosiddetti sentimental jewels, collane, orecchini, spille e bracciali su cui fiori, farfalle, cigni, colombe e cagnolini simboleggiano le emozioni umane.

A partire dalla metà del XIX secolo la qualità dei monili in micromosaico incomincia a scemare, trovando solo in pochi gioiellieri, come la celebre famiglia romana dei Castellani (di cui in rassegna sono presenti alcuni pezzi) un punto di riferimento ancora importante per questo tipo di produzione. Saranno proprio i Castellani a chiudere il periodo d’oro dei mosaici minuti, sorprendenti piccoli capolavori testimonianza di un’epoca di grande fervore artistico e di eleganza.