In TV stancano i soliti dibattiti ma c’è una novità

Tra trasmissioni informative che registrano la disaffezione del pubblico emerge, in positivo, Filorosso su Rai3
/ 08.08.2022
di Marco Zueblin

La frequentazione passiva dei dibattiti alla TV italiana, in particolare quelli che La7 manda in scena con allarmante pervicacia, potrebbe provocare in stomaci fragili qualche improvvido sussulto di troppo; un effetto non collaterale che spiega un po’ la disaffezione del pubblico nei confronti di questi quotidiani esercizi di «informazione». Senza entrare nel merito dei temi, si osserva come ci si trovi di fronte a una sorta di narrazione ideologica camuffata da dinamica apparentemente equidistante e inclusiva, e questo che si parli di crisi di governo o di Ucraina, o di partiti. Si dà dunque spazio anche a coloro che hanno una visione diversa dal mainstream mediatico, ci mancherebbe altro; ma non solo e non tanto per evitarsi accuse di ostracismo e di faziosità, quanto proprio per esporre questa visione alternativa a una sorta di strisciante ludibrio, con un basso continuo a livello di disapprovazione ma con punte di polemica di conio assai basso.

A questo esercizio subdolo presta man forte anche una regìa che puntuale non manca mai di inquadrare disapprovazioni più o meno clamorose da parte di coloro che si fanno coraggiosi alfieri della tesi opposta, quella mediaticamente prevalente; quindi, se parlano Borgonovo, Scanzi, Grimaldi o Di Battista, ecco spuntare con bella tempestività la faccia dissenziente del solito giornalista o politico, o dell’onnipresente Parenzo (che non fa neppure finta di essere super partes). Un insopportabile controcanto facciale e gestuale che serve a deviare l’attenzione da chi sta parlando, spostandola su una più accessibile e plateale gestualità di segno opposto; per non parlare dell’esercizio istituzionale dell’interruzione, che impedisce o azzoppa la logica articolazione dei ragionamenti, o l’inquadratura sul conduttore che alza la manina annunciando impazienza e la fine del pur infimo tempo di parola concesso, e quindi indicando al pubblico lo scarso interesse di quello che viene detto (la Gruber e la Merlino sono maestre in questo, con Magnani volonteroso ma pallido epigono).

Abbiamo qualche apprensione per Giorgio Zanchini, cui Rai3 ha affidato Filorosso (nell’immagine la locandina del programma), il nuovo contenitore informativo che sostituisce quello di Bianca Berlinguer, colpevole di un reato divenuto infamante, cioè dar voce rispettosa a opinioni diverse e quindi di fare del giornalismo serio.

Zanchini ha iniziato bene, replicando nell’informazione politica la modalità seria, civile e attenta che era la sua in Quante Storie; ma dopo dieci puntate ecco spuntare la tentazione dell’interruzione e del controcanto visuale sull’ospite dissenziente. Speriamo in bene, diamogli fiducia: l’uomo ci pare sufficientemente «verticale» da resistere a questo trionfo dell’arbitrio e del giornalismo da addetti stampa del potere che sta imperversando, nella progressiva indifferenza di un uditorio ormai anestetizzato.