In Laguna si torna al cinema

Si è inaugurata la nuova edizione della Mostra del Cinema di Venezia, in programma grandi nomi ma anche molto spazio al genere documentario
/ 06.09.2021
di Nicola Falcinella

Dopo Berlino, Cannes e Locarno, è arrivata la Mostra del cinema di Venezia, in corso fino a sabato, quando sarà consegnato il Leone d’oro. È un’estate cinematografica molto intensa, con i festival principali concentrati in pochi mesi a causa della pandemia. Le misure sanitarie di contenimento sono in vigore ovunque, con mascherine, distanziamento e certificato di vaccinazione o tampone, ma non fermano la voglia di tornare al cinema degli appassionati e quella di ricominciare con continuità degli addetti ai lavori. Così queste manifestazioni si trasformano in una festa solo per il fatto di svolgersi: ciò che pareva scontato, il ripetersi dei festival a cadenza annuale come un rito sempre uguale, si è invece rivelato a rischio

Al Lido di Venezia sono tornati, oltre ai film, le star e i personaggi sul tappeto rosso. Si è aperto con lo show del sempre travolgente Roberto Benigni che ha ricevuto il Leone d’oro alla carriera nella serata inaugurale, mentre Jamie Lee Curtis lo ritirerà mercoledì portando la sua ultima interpretazione Halloween Kills. Primo film in concorso Madres paralelas di Pedro Almodovar, che il Leone alla carriera l’ha ricevuto nel 2019, l’anno dell’autobiografico Dolor y gloria. La nuova pellicola è discreta ma non al livello della precedente, meno coesa e forse convinta. La quarantenne fotografa Janis (omaggio a Janis Joplin) e l’adolescente Ana si ritrovano, con le loro storie diversissime, in ospedale per partorire il frutto di due gravidanze non programmate. È un incrocio di destini che avrà conseguenze profonde, con svolte a sorpresa ma anche non nuove nel cinema.

La mano di Almodovar si sente e regala alcuni momenti molto belli, grazie anche all’interpretazione della brava Penelope Cruz, però forse eccede in melodramma e in elementi un po’ forzati. Oltre alle vicende delle protagoniste, c’è l’aspetto storico e politico: la fotografa vuole far luce sulla fine del bisnonno, ucciso dai franchisti durante la Guerra civile e sepolto in una fossa comune che vorrebbe fare ispezionare.

Il migliore dell’inizio concorso è Il collezionista di carte – The Card Counter di Paul Schrader, celebre sceneggiatore di vari film di Scorsese, come Taxi Driver e Toro scatenato, e regista, il più recente First Redormed – La creazione a rischio in concorso a Venezia nel 2017. William (Oscar Isaac) è un ex militare reduce da una detenzione per aver torturato prigionieri di guerra ad Abu Ghraib. Ora gioca a poker muovendosi da una città all’altra, da un casinò all’altro, dando nomi diversi, puntando piccole somme e cercando di non dare nell’occhio. Finché è rintracciato da Cirk, figlio di un suo commilitone che si è suicidato, intenzionato a vendicarsi sul maggiore che diede gli ordini senza essere punito per le sue responsabilità. Schrader firma un’opera tesa ed essenziale, cupa e luminosa, sulla colpa, il perdono e la vendetta.

Coproduzione ticinese fuori concorso è Ariaferma, terzo film del napoletano Leonardo Di Costanzo. Un film bello e decisamente riuscito, tutto ambientato dentro un carcere e giocato sul rapporto tra una guardia carceraria (Toni Servillo) e un detenuto di poche parole e grande carisma (un ottimo Silvio Orlando). Una situazione d’emergenza e inaspettata sta per sfociare in una rivolta di detenuti, ma la saggezza di un piccolo boss e l’impegno a trovare una soluzione di un agente fanno scoprire che la distanza tra chi sorveglia e chi è rinchiuso è minore di quello che sembra. Di Costanzo ripropone in apparenza lo stesso schema dei precedenti L’intervallo e L’intrusa con incontri forzati tra diversi dentro universi molto circoscritti, e il risultato è ancora migliore.

Tra i tanti documentari fuori concorso in programma (ce ne sono sui Led Zeppelin, su Fabrizio e Cristiano De André, su Ezio Bosso, su Ennio Morricone), il primo a passare è stato Hallelujah: Leonard Cohen, A Journey, A Song di Daniel Geller e Dayna Goldfine. Il grande cantautore canadese raccontato attraverso uno dei suoi brani più celebri, che ha avuto una vicenda singolare. Cohen, perfezionista e meticoloso nel suo lavoro, impiegò anni per scrivere il testo per poi inciderlo nell’album Various Positions del 1984, che fu rifiutato dalla casa discografica Columbia e pubblicato da una piccola etichetta.

Bob Dylan fu il primo ad accorgersene e a interpretarlo, vennero poi le versioni di John Cale e, soprattutto, di Jeff Buckley, tanto che in molti ne considerano quest’ultimo l’autore. Alla notorietà contribuì molto l’animazione Shrek (2001) nella quale, come rievoca la regista Vicky Jenson, fu inserita una versione edulcorata senza i versi più «sconci». Con tante immagini d’archivio e interviste, i registi raccontano l’uomo e l’artista, con le sue inquietudini e la sua ricerca spirituale, dall’identità ebraica al periodo trascorso in un monastero buddista.