Il violoncello contemporaneo gode di una strana posizione – senz’altro inedita – tra gli strumenti monodici, cioè tra quegli strumenti che non hanno in sé un’estesa possibilità armonica e che quindi – a differenza di pianoforte, chitarra, organo, fisarmonica o arpa – non possono contemporaneamente generare sia accordi sia linee melodiche.
Strumenti di conseguenza limitati, quelli monodici; e per questo l’unicità che il violoncello ha saputo ritagliarsi non è per nulla scontata: affermarsi come compiutamente solistico. Nel nostro inizio di millennio numerosi creatori di nuova musica stanno infatti riuscendo a rivelare nel violoncello (non nel violino, non nell’oboe, non nella tromba) uno strumento autonomamente espressivo, capace di vestire panni diversissimi, di dar voce alle poetiche più disparate, di farsi veicolo della contemporaneità.
I motivi di tale rivelazione stanno dentro e fuori lo strumento stesso. Da un lato l’ambito di generazione sonora piuttosto vasto, che può rendere acuta o grave la voce del violoncello, stridente o dolce, d’accompagnamento o di primo piano. Dall’altro il fatto – senz’altro significativo – per cui il violoncello è l’unico tra gli strumenti storici a poter venir appreso soltanto in ambito classico: non c’è scuola o metodo di jazz, di pop e di folk che integri l’apprendimento del violoncello; soltanto i conservatori classici. E la conseguenza più naturale è che se il giovane musicista vuole rendere attuale la sua espressione musicale – sentirsi vividamente ancorato al presente – deve inventarsi da sé la strada per arrivarci, deve abbracciare a piene mani la propria creatività.
E un ultimo fattore di non poco conto – rispetto ai generi strumentali che vedono da sempre una predominanza del sesso maschile – è che il violoncello creativo dei nostri anni 10 veste panni equilibratamente unisex. Come ben dimostrano i recenti lavori di Julia Kent e Daniela Savoldi.
Julia Kent – Asperities
Pur essendo ancora relativamente giovane Julia Kent (foto) può senz’altro venir definita come l’antesignana delle violoncelliste altre, cioè di quelle violoncelliste compositrici e performer che con coerenza e caparbietà seguono la propria via espressiva solitaria. Completamente da sola, la musicista canadese, non lo è invero sempre stata, avendo fatto parte di alcune tra le realtà più interessanti della musica americana d’inizio millennio, come il gruppo delle Rasputina oppure i the Johnsons che da sempre accompagnano Antony Hegarty. Come solista al violoncello Julia Kent ha poi prodotto cinque album negli ultimi dieci anni, un cospicuo e variegato corpus di cui il disco Asperities è più recente testimonianza. La musica della Kent – con un pendant senz’altro eloquente dal punto di vista del look e dell’immagine – si sta facendo più scura, e nel dark è più industrial che non gotica. Accanto al violoncello emerge infatti sempre di più la componente di elettronica, che in un procedere compositivo a fasce rende le onde sonore a tratti anche molto rumorose e aggressive. Una ricercata densità che però – nel viaggio musicale ed emotivo profondamente dialettico di Asperities – non esclude possibilità di struggenti lirismi, come nella malinconica Heavy Eyes.
Daniela Savoldi – Trasformazioni
Sarà forse uno stereotipo, ma la metà brasiliana di Daniela Savoldi (che per l’altra metà è pienamente lombarda nonché vivacemente inserita nel contesto musicale italiano come collaboratrice di Le Luci della Centrale Elettrica, Calibro 35, Dente, Nada Malanima, Alessandro Mannarino) riesce a portare la stessa configurazione strumentale di Julia Kent – violoncello ed elettronica – in tutt’altra direzione: più ritmica, solare e variopinta. Ovviamente questo non cancella l’andatura a tratti anche sperimentale di certe composizioni (una conditio sine qua non per il genere) o l’adozione di parti ricche di tensione e di dissonanza, ma il contesto generale è quello di un’opera luminosa e positiva, in cui le situazioni musicali si giustappongono compenetrandosi, come un cielo variabile dove le nuvole si fondono addensandosi in temporali o aprendosi a improvvisi sprazzi di cielo terso.