Tragedia, commedia e dramma fra intrighi e contro intrighi, brame di potere e corruzione, complotti e tranelli, omicidi, stupri, amori incestuosi e sopra tutto vendetta. Una summa ideologica del teatro elisabettiano e manna per la geniale visione registica di Declan Donnellan (Leone d’Oro alla carriera nel 2016) che ha rimaneggiato La tragedia del vendicatore di Thomas Middleton, contemporaneo di Shakespeare anche se più giovane: un testo reso splendidamente nella versione italiana da Stefano Massini per un allestimento prodotto dal Piccolo Teatro di Milano. Lo spettacolo è approdato sul palco del LAC per due serate coinvolgendo il pubblico nell’appassionante lettura teatrale di Donnellan. Per vendicare la morte della promessa sposa, avvelenata dal malvagio Duca reggente, il nomen omen Vindice architetta con il fratello un meccanismo spietato che non lascerà scampo al colpevole il quale verrà assassinato utilizzando proprio il teschio dell’amata uccisa. Un chiaro riferimento all’Amleto shakespeariano. Un gorgo vendicativo che non risparmierà neppure la galleria di umanità ipocrita asservita al potere. Come una danza macabra, la regia di Donnellan usa registri d’effetto con un ritmo implacabile sul piano del grottesco in una scacchiera di crudeltà, con umorismo e ironia pulp per muovere personaggi sui quali incombono soluzioni splatter con un ingranaggio perfetto, aiutato da una scenografia (Nick Ormerod) che tutti vorrebbero: pareti mobili di un muro chiazzato di rosso su cui compaiono le gigantografie dei volti delle tele di Mantegna, Tiziano, Piero della Francesca o tenui paesaggi campestri. Eccellente la recitazione, una sfida per Donnellan alle prese per la prima volta con attori italiani. A partire dall’ottimo Fausto Cabra nel ruolo di Vindice, ma anche Ivan Allovisio, Massimiliano Speziani (Premio Hystrio 2018 all’interpretazione), Pia Lanciotti, Marta Malvestiti e tutti gli altri accolti da calorosi e prolungati applausi.
La nave della speranza
Fra i tormentoni linguistici più frequenti, l’espressione essere sul pezzo, soprattutto in ambito giornalistico, sta a indicare un tema aderente all’attualità. Anche il teatro può esserlo se si occupa per esempio di migrazione, un soggetto ricorrente nel dibattito politico e nei titoli principali dell’attualità. È stato il caso con Il Winnipeg. La poesia che attraversò l’Atlantico, spettacolo che il Teatro Paravento ha recentemente proposto al Foce di Lugano. È il racconto teatralizzato del viaggio speciale della nave Winnipeg per portare in salvo oltre duemila spagnoli rifugiatisi in Francia dopo la guerra civile e l’arrivo al potere di Franco. L’operazione umanitaria fu gestita dal poeta Pablo Neruda, allora giovane diplomatico, che avendo ricevuto incarichi consolari fra la Francia e la Spagna, nonostante difficoltà e ostruzionismi, riuscì a portare a termine l’impresa. Scritta con mano felice e diretta da Miguel Ángel Cienfuegos, artista sensibile a certi argomenti e situazioni, vissuti sulla propria pelle da quando nel 1974 è arrivato in Ticino come rifugiato politico cileno. La narrazione fila con un buon ritmo nello stile teatrale della compagnia e la recitazione di Davide Gagliardi, Marco Capodieci, Luisa Ferroni, Laura Zeolla e lo stesso Cienfuegos, è convincente. Nel 2019 saranno trascorsi ottant’anni dalla fine della guerra civile spagnola e dall’arrivo in Cile del Winnipeg. Ci auguriamo che lo spettacolo possa continuare a essere sul pezzo.