Un Belpaese tra le verdi colline della Val di Cecina, all’incrocio fra le antiche Repubbliche di Pisa e Siena. La strada che risale dal Mar Tirreno rivela come a D’Annunzio nel romanzo Forse che sì forse che no: «dietro una calva collina di marna gessosa, su la sommità del monte come su l’orlo d’un girone dantesco, (…) il lungo lineamento murato e turrito», la meravigliosa Volterra. Una strada punteggiata di fumarole, boschi, fattorie, casali, che incontra vichi come Montecastelli Pisano, un arco di case rustiche raccolte attorno a un castello medioevale.
Qui un viandante nato a Tubinga si è fermato per coltivare la predominante passione musicale. Philipp Bonhoeffer ha trasformato la torre romanica di Montecastelli, appartenente alla famiglia senese dei Pannocchieschi e l’adiacente chiesa diruta, in una sala da concerti, utile per studio, registrazioni e masterclass.
Ospiti e indigeni hanno portato nella piccola sala 99 sedie diverse: c’è quella in ghisa e pelle di un barbiere e una semplice thonet, c’è quella portata da un premio Nobel e quella di una vicina di casa: tutti trovano posto per ascoltare meraviglie della letteratura cameristica eseguite da professionisti esperti, dilettanti e giovani promesse.
Il magister di casa, Philipp Bonhoeffer, ha iniziato a frequentare Montescastelli da studente: allora nel casolare di famiglia non c’erano né luce elettrica, né acqua corrente. Frequentava i corsi di medicina a Milano e Pavia, perché in Italia non c’era il numero chiuso come in Germania. Imparava la lingua italiana negli anni di apprendistato a Bergamo, accolto come il «5° figlio», da un pioniere della cardiochirurgia infantile, Lucio Parenzan, maestro poco convenzionale, originale, stimolante. «La sistematicità tedesca non mi calza; mi piace rompere le regole», afferma Bonhoeffer. Regole come quelle che immaginano scienza medica e arte dei suoni appartenenti a galassie distanti.
Bonhoeffer, come molti tedeschi provenienti da famiglie della borghesia colta ha imparato a suonare fin da piccolo uno strumento (il violino), maturando nel corso degli anni il desiderio di scoprire i segreti di quella misteriosa scatola sonora.
A Montecastelli ha impiantato un laboratorio di liuteria dove ha la libertà di sperimentare, «di commettere errori», perché la sua non è un’attività commerciale, ma filantropica: gli strumenti non vengono venduti, ma affidati gratuitamente a giovani solisti. Così si può permettere di non seguire i dogmi della liuteria, a partire dal provare ad assemblare legni diversi dagli abeti cresciuti in altitudine e al freddo della Val di Fiemme come vuole il mito Stradivari, tenendo presente che il periodo che ha prodotto i peggiori strumenti (fine Ottocento-primi Novecento) è stato quello che si era documentato di più.
D’altronde Bonhoeffer appartiene a una famiglia straordinaria che proprio non seguendo le «regole» ha lasciato un esempio imperituro: due fratelli del nonno erano il teologo Dietrich e il giurista Klaus Bonhoeffer, figure luminose della Resistenza antinazista, maturata fin dagli anni del liceo a Berlino e consolidata con il matrimonio della sorella Christel Bonhoeffer con Hans von Dohnanyi (figlio del compositore Erno e padre del noto direttore d’orchestra Christoph), funzionario del Ministero della Giustizia, ritenuto la mente dell’Operazione Valchiria, la congiura per uccidere Hitler passata alla storia con il nome del conte Claus von Stauffenberg.
Uomini che pagarono con la propria vita il coraggio eccezionale di aver cercato di fermare il Tiranno genocida (Dietrich fu impiccato nel campo di concentramento di Flossenburg tre settimane prima del suicidio di Hitler; Klaus fu assassinato a Berlino due settimane dopo). Anche chi come il nonno di Philipp «aveva dovuto pensare ai figli, a proteggere la famiglia», condivideva i principi dell’attività pericolosissima dei fratelli, pur limitandosi a commentare quello che succedeva ogni giorno, quando dalla sera alla mattina non avevi più casa o qualche amico o parente era stato ucciso al fronte.
Philipp Bonhoeffer, dopo una vita passata in due continenti come cardiologo, già inventore di una pionieristica tecnica che ha aperto la via all’installazione non invasiva di valvole cardiache (senza dover aprire il torace), insegue la bellezza fonica di uno strumento che nasce dalle sue mani e stimola una ricerca senza fine. Sostiene che come il suono giunge alla coscienza dopo un processo di miscelazione di impulsi ottici, acustici e olfattivi, così anche uno strumento e il suo suono sono qualcosa che nasce dalla «riunione dei sensi».
Una bellezza non sterile che promette di fertilizzare altri luoghi della Val di Cecina. Dopo il recupero architettonico si immagina Montecastelli come scena per allestire opere che possono essere filmate come in un teatro naturale. Magari mostrando tutte le fasi di costruzione: gli ingranaggi, dalle scene alle prove musicali, all’esecuzione.
«L’interesse del musicista deve essere al centro, perché deve trovare quello che cerca nella pace di questi luoghi. Non ci sono biglietti da emettere. Gli artisti che sono già venuti, lo hanno fatto gratuitamente».
Nel frattempo Bonhoeffer ha organizzato convegni-incontro sulla musica «dilettantistica», nel senso più nobile del termine, a cui partecipano medici e scienziati: «un cardiochirurgo francese ha parlato di virtuosismo musicale e chirurgico».
Progetti ai quali auguriamo non solo la riuscita ma anche una sempre più diffusa imitazione.