Il Romanticismo svizzero in trasferta

Ben 75 capolavori della Fondazione Oskar Reinhart di Winterthur esposti nelle sale del Centro San Gaetano a Padova
/ 23.05.2022
di Agostino Savoldelli

Capita a volte di incontrare persone che hanno dato parecchio alla loro nazione, coniugando interessi finanziari personali con azioni di utilità sociale e in due campi diametralmente opposti, l’industria e l’arte, quasi a compensazione l’una dell’altra. Così fu la vita di Oskar Reinhart (1885-1965) che, seguendo le orme paterne, continuò l’attività della sua fiorente industria tessile nel cantone di Zurigo, ma fino a un certo punto, precisamente fino al 1924, quando decise di dedicarsi prevalentemente alla sua passione per il collezionismo d’arte che già aveva cominciato il suo genitore. Fu così che piano piano si creò un patrimonio di disegni, di sculture e soprattutto di pitture che lui stesso definì dal «contenuto poetico ed emozionale». Non la tenne solo per sé, ma edificò nella sua residenza Am Römerholz, a nord di Winterthur, un’ala apposita aperta ai visitatori. Inoltre, visto che credeva all’utilitas publica dell’arte, nel 1951 diede vita alla Fondazione che porta il suo nome per gestire il lascito al Kunst Museum della sua città.

Molti sono i pittori svizzeri presenti al Centro San Gaetano, si va dalla pittura di paesaggio di Alexandre Calame, Robert Zünd e Rudolf Koller a una serie di stupendi ritratti come Louise la figlia dell’artista

Proprio da quest’ultima istituzione pubblica proviene la selezione di 75 dipinti operata da Marco Goldin, curatore dell’esposizione in corso al Centro San Gaetano di Padova, gestita dalla società Linea d’ombra di cui Goldin è fondatore. Le opere in trasferta coprono un raggio temporale di un secolo e mezzo, a partire da alcuni esemplari di fine Settecento come Il ghiacciaio di Grindelwald del connazionale Caspar Wolf (1774), fino ai primi anni del Novecento con le cinque donne in blu dallo Sguardo verso l’infinito (1916) del bernese Ferdinand Hodler.

Il corpo centrale della mostra, che permette al visitatore di avere una panoramica lunga cent’anni sull’arte svizzera e tedesca, è invece rappresentativo dell’intero Ottocento, secolo che ha visto il trionfo del Romanticismo in ogni campo artistico, basti pensare alla musica, alle opere liriche, alla letteratura, alla filosofia e, appunto, alle composizioni pittoriche con predominanza dei paesaggi e dei ritratti.

Passando in rassegna le sette sezioni in cui Goldin ha suddiviso la rassegna patavina, scorrono sotto i nostri occhi campagne, boschi, montagne e vette innevate, villaggi e città, un insieme di pitture in cui l’anima e la sensibilità dell’autore si rispecchiano nei colori impressi sulla tela come in Le bianche scogliere di Rügen (1818) di Caspar David Friedrich, tra i massimi esponenti del romanticismo tedesco (presente con cinque capolavori) che vede il mare come simbolo dell’infinito a cui anela l’uomo. Sempre lui in Città al sorgere della luna (1817) e Porto al chiaro di luna (1811) dipinge il nostro satellite naturale come fosse un ponte luminoso verso la vastità dell’universo. Proprio con la corrente romantica, nata in Germania e poi diffusasi in tutta Europa, la natura e i paesaggi, ma pure i ritratti, vengono assurti a testimoni di una nuova sensibilità espressiva che fa leva sul sentimento interiore, sull’emozione, sulla fantasia e sulla spiritualità rediviva, tutte istanze un po’ neglette dall’illuminismo razionalista settecentesco, ed è da questi presupposti che viene il sottotitolo della mostra Storie di lune e poi di sguardi e montagne.

Molti sono i pittori svizzeri presenti al Centro San Gaetano, si va dalla pittura di paesaggio di Alexandre Calame, Robert Zünd (Prato al sole, 1856) e Rudolf Koller a una serie di stupendi ritratti come Louise la figlia dell’artista (1874) e Le piccole magliaie (1892) e pitture d’ambiente come L’asilo (1890) di Albert Anker, uno dei più popolari artisti che ha saputo trasmettere in modo poetico l’identità nazionale.

Un nutrito numero di quadri è dedicato a Hodler con alcuni ritratti e le alte vette dell’Oberland bernese – La Jungfrau da Mürren (1911) – che assieme alle vedute del Maloja di Giovanni Segantini infondono un senso di pace e di beatitudine che sconfina nell’eterno. Ci sono anche alcuni stupendi ritratti di Giovanni Giacometti come La vecchia (1912) e una sezione monografica sul basilese Arnold Böcklin con le sue raffigurazioni mitologiche che manifestano l’attaccamento del pittore al mondo classico. Lasciamo a voi la possibilità di scoprire il resto della mostra. E che sollievo entrare oggi in una rassegna d’arte con tutte quelle immagini orrende che ci passa l’attualità.