Vi sono casi in cui gli eventi del passato si rivelano, a conti fatti, ben più incredibili e affascinanti di qualsiasi leggenda o racconto romanzato; e perfino la storia di un Paese apparentemente stabile e «tranquillo» come la Svizzera non sfugge ad alcuni, quantomeno fulgidi esempi di questa regola – soprattutto per quanto riguarda il cosiddetto «fascino dei fuorilegge», categoria nella quale la Confederazione può annoverare alcuni esempi di rara eccellenza: come Joseph-Samuel Farinet (1845-1880), uno dei più grandi falsari di tutti i tempi, che nella seconda metà dell’ottocento fece del Canton Vallese lo scenario delle sue imprese più celebri.
Sebbene originario della Valle d’Aosta, Farinet avrebbe infatti finito per divenire una figura pressoché mitica nell’immaginario popolare elvetico – specialmente per i vallesani, agli occhi dei quali sarebbe assurto allo status di personaggio mitico, sulla falsariga di Robin Hood e d’altri ribelli gentiluomini. E in effetti, ciò che più colpisce nella storia di Joseph-Samuel Farinet è proprio la sua natura di personaggio irresistibilmente d’altri tempi: figura misteriosa, degna di un romanzo d’appendice a cavallo tra Arsenio Lupin e Rocambole, Farinet si presenta nell’unica foto sgranata giunta fino a noi come un giovane «bello e dannato», abbigliato da dandy e inequivocabilmente affascinante – sebbene qualcosa, nello sguardo sfuggente e nella postura rigida tipica dei dagherrotipi di allora, sembri alludere a una qualche forma di segreto inconfessabile.
Figlio di contadini della piccola comunità montana di Saint-Rhémy-en-Bosses, nel cuore della Valle del Gran San Bernardo, il giovane Farinet si distinse subito per un innegabile talento nella difficile arte della contraffazione, tanto da dover presto fuggire in Svizzera, per la precisione nel Vallese; aveva infatti appena ventiquattro anni quando venne arrestato per la prima volta e condannato (in contumacia) a diciotto mesi di reclusione per furto. Ma il vero talento del giovane Joseph-Samuel risiedeva nell’attività dei suoi esordi: sarebbe infatti divenuto celeberrimo come falsario di prim’ordine, in grado di produrre monete quasi perfette, per la precisione pezzi da 20 centesimi (all’epoca già molto simili agli odierni), tutti datati «1850», con i quali avrebbe letteralmente inondato il Vallese. Il metodo di Farinet era semplice quanto efficace: grazie alla qualità del metallo utilizzato nei cosiddetti «ventini», al nostro bastavano un martelletto e uno stampo ancora morbido per ottenere, direttamente dalla moneta originale, un calco artigianale in base al quale produrre le copie in totale autonomia.
Fu proprio per questo tipo di exploit che, nel 1871, venne nuovamente arrestato, stavolta a Martigny: era quello il periodo del crollo della Banca Cantonale del Vallese, sull’orlo del fallimento dopo appena pochi anni dalla sua fondazione – un evento in effetti imprescindibile dai presupposti del lavoro di Farinet, favorito dal fatto che le moderne banconote erano quasi inesistenti nella Svizzera dell’epoca; prima del 1881 (data dell’editto sulla cartamoneta confederata), la stampa del denaro non era soggetta a un reale controllo federale, e, non esistendo ancora una zecca centrale, le poche banconote in circolazione venivano prodotte dalle singole banche, con il risultato che il loro valore mutava a seconda della provenienza – dando luogo a una situazione piuttosto instabile, nonché molto favorevole alla contraffazione. Anche per questo, Joseph-Samuel si era rapidamente guadagnato l’affetto e la stima della popolazione: grazie alla sua abitudine di distribuire e donare monete false agli abitanti meno abbienti del Cantone, non gli mancavano i complici e simpatizzanti, pronti a offrirgli aiuto e nascondigli sicuri; tuttavia, ciò non bastò a evitargli una condanna a quattro anni di prigione per le sue attività di falsario.
Ma come detto, Farinet era personaggio troppo rocambolesco per lasciarsi frenare da simili quisquilie, tanto che si sarebbe prodotto in diverse, incredibili evasioni, vagabondando da un capo all’altro del Vallese: tra un’avventura e l’altra, perfino uno spettacolare quanto fallimentare processo (con tanto di avvocato altolocato), e l’allestimento di un vero e proprio «covo» in una grotta di Branson. Purtroppo, proprio come in un romanzo di cappa e spada dell’epoca, l’immancabile scontro finale tra il fuorilegge Farinet e l’autorità costituita era destinato a risolversi a svantaggio del nostro eroe, il cui corpo senza vita venne rinvenuto il 17 aprile del 1880 ai piedi di una delle gole tra cui si dipana il fiume Salentze, a poca distanza dal villaggio di Saillon (ove aveva cercato rifugio dalle ricerche della polizia). Sebbene l’opinione all’epoca prevalente fosse che un gendarme gli avesse sparato, l’inchiesta rivelò che Farinet era in realtà morto cadendo nel crepaccio, sebbene i particolari non siano mai stati del tutto chiariti.
Da allora, la leggenda di Farinet ha ispirato svariate opere, da biografie a romanzi, fino a film e sceneggiati di discreto successo, oltre al famoso Musée de la fausse monnaie di Saillon – chiari simboli del fascino che, a tutt’oggi, questa figura romanzesca ancora esercita sul pubblico. Tuttavia, il lascito forse più interessante del falsario – perlomeno, quello che lui avrebbe certo maggiormente apprezzato – ha a che fare proprio con il fulcro della sua breve vita: nel 2017, un comitato di cittadini vallesani ha infatti deciso di istituire una nuova valuta a uso esclusivamente regionale (da utilizzarsi negli esercizi pubblici del Cantone per dare una spinta all’economia locale), battezzando la neonata cartamoneta con il nome di Farinet. E per qualcuno che, in fondo, si potrebbe definire un vero e proprio genio nell’arte della truffa d’artista, è difficile immaginare un tributo più appropriato del vedere il proprio nome nobilitato da una nuova valuta – secondo lo stesso spirito irriverente che il «Robin Hood del Vallese» avrebbe senz’altro apprezzato.