Bibliografia
Manuela Mazzi, Breve trattato sui picchiatori nella Svizzera italiana degli Anni Ottanta, Milano, Laurana Editore 2021. Disponibile dal 25.3


Il Paleolitico individuale

La ticinese Manuela Mazzi ha dato alle stampe il curioso Breve trattato sui picchiatori nella Svizzera italiana degli anni Ottanta; pubblichiamo qui la postfazione al libro scritta da Ermanno Cavazzoni
/ 15.03.2021
di Ermanno Cavazzoni

Ho letto questo piccolo Trattato con curiosità antropologica e stupore; è una cronaca del Paleolitico, come se il Paleolitico non fosse mai finito, ma vivesse latente e operante sotto la cosiddetta civiltà moderna. Del Paleolitico non si può fare storia, c’è solo la memoria di fatti isolati ingigantiti dalla distanza temporale, e soprattutto, come in questo Paleolitico svizzero del Canton Ticino, ci sono eroi, tra i quali svetta Matt, l’invincibile Matt detto Nitro, che è l’eroe principale, aggressivo, violento, rapido nella decisione, ma in fondo dotato di un’etica arcaica e di un senso del giusto e della lealtà.

È anche l’alba del nome, del nome vero dei protagonisti, che si guadagna in battaglia, o per certe caratteristiche della personalità, o per un episodio che simboleggia tutta la persona. I nomi e cognomi dell’anagrafe non significano niente, sono come dei numeri casuali appiccicati, dei segni convenzionali immotivati, intercambiabili; il nome vero è il soprannome, quello che ciascun eroe o ciascun personaggio anche fugace si guadagna e lo caratterizza nel modo giusto, diventando la sua storia sintetica, l’emblema della sua particolare individualità.

C’è Glicerina, detto così per l’eloquio suadente con le ragazze; Nitro, perché proprio Nitro non si sa, ma sta per nitroglicerina, esplosivo instabile e pericoloso; Spaccapietre, perché da marmista spaccava le rocce con una testata, prima di diventare un insormontabile buttafuori; PataPàm, per la plateale caduta a terra in una rissa; Swan, da un film, il capo dei Guerrieri della notte; Boom Boom, onomatopeico, da un famoso pugilatore italoamericano; il Corvo, della cui provenienza non sapeva niente nessuno, e che alle risse si limitava ad assistere, senza partecipare direttamente, come un corvo appollaiato che aspetta il cadavere; i Fratelli Pesce, che è il loro cognome anagrafico, ma che diventa il nome giusto della loro entità doppia, picchiavano come un individuo unico e indistinguibili, senza scomporsi, forse con l’espressione stolida e monodirezionale del pesce, per cui il cognome era già il soprannome; l’Albino, di lingua tedesca, non albino davvero, ma biondo e sbiancato di carnagione, come uno che viene da lontane tribù nordiche e pallide; il Doberman, per via dei morsi che in battaglia dava; il Matto che sembra fosse mezzo matto davvero per gli atti inspiegabili.

È il Paleolitico dell’età adolescenziale, che si ritrova non solo in Svizzera. Il bar di riferimento è come il villaggio natio, da cui si estende il territorio di appartenenza, che comprende qualche isolato. Non ci sono armi dell’industria umana, i metalli, il ferro; neanche il bronzo, perché l’età del bronzo deve ancora arrivare; non ci sono perciò lame, se non eccezionalmente, come casi di anacronismo e viltà; qualche pietra semplice sì, non lavorata, che viene raccolta e scagliata, anche questo però un caso raro, come fosse un sistema di lotta troppo avveniristico e azzardato, che può fare morti, e questo non lo si vuole.

Ci sono solo e principalmente i pugni, accompagnati dall’ardimento, dalla stazza, dalla velocità di reazione, e dalla fama, a volte la fama fa più della forza, è un alone che precede l’eroe; ed eventualmente in casi unici qualche mossa di lotta libera o greco-romana, qualche mossa di karate, ma sono anomalie di membri di tribù speciali, appartengono alle mostruosità, come incontrare un centauro, o le tre velenose sorelle Gorgoni, o il leone Nemeo, o l’Idra di Lerna, allora la zuffa si complica per le mosse inaspettate e traditrici, si entra nel campo dello sconosciuto, però con l’emozione della novità, con la sua conseguente dose di meraviglioso.

Anche certi grandi fatti a volte possiedono un nome leggendario, come la Grande Rissa Pasquale dell’82, nome glorioso, che risuona poeticamente all’orecchio, sembra adatto a durare nei secoli, come la guerra di Troia, come le imprese di Gilgameš quando segue l’arduo cammino del Sole. Ma questa cultura arcaica dei pugni si tramanda solo oralmente, non ha scrittura, svapora, sarebbe già svaporata nel niente se non ci fosse Manuela Mazzi con l’epopea fenomenologica di questo suo Breve trattato.

E poi le bande, che sono di fatto tribù, ognuna coi suoi usi e costumi che la caratterizzano: i motociclisti di Solduno, deboli, non bellicosi; oltre alle bande contigue territorialmente, ci sono quelli venuti da fuori, gli Slavi, i Calabresi, i Milanesi o gli Zucchini di lingua germanica, i Terroncelli cioè italiani di frontiera; e quelli a un grado antropologico più basso, come la Banda del Portico, imbelli, sottovalutati, che come i Neanderthal si estingueranno a poco a poco; similmente a Quelli di Ronco, neppure degni di essere presi in considerazione per la pochezza guerriera. Ma anche tribù leggendarie, temute e mai incontrate, come i Gpl di Losone, e così via.

Il Paleolitico finisce quando malinconicamente ciascuno trova la strada della vita adulta, uno diventa dentista, un altro maestro di yoga, qualcun altro fa tre figli, qualcuno emigra in Australia, e perfino c’è chi diventa cioccolatiere, abile a fare decorazioni di cioccolata sui dolci. Entriamo nella prosa, nel tempo dei mestieri e della civiltà urbana legale.

Giustamente del Paleolitico non c’è una storia collettiva, questo è un racconto monumentale, come sempre è il ricordo della gioventù e dell’adolescenza selvatica, fatto di apparizioni, figure che transitano e poi scompaiono, azioni senza prima né dopo, località di appartenenza dai confini incerti, non tracciati su nessuna carta, ma casomai, come fanno i cani, dall’odore tracciato delle pisciate.

Le tabelle finali, molto istruttive, sono il segno di una impossibilità appunto di storia, tutt’al più sono la misura di un’intensità, come nell’eloquente grafico che misura anno per anno numericamente le risse, con un apice e l’inevitabile calo e scomparsa, come cala con gli anni il testosterone, è il grafico del testosterone negli adolescenti degli anni Ottanta, o, potremmo dire, la crescita, il vertice e il decadere del Paleolitico individuale nella Svizzera italiana degli anni Ottanta.