«Questa tavola rotonda è un punto di svolta per capire a che punto siamo con il cinema svizzero di lingua italiana». Così Niccolò Castelli, direttore della Ticino Film Commission nonché apprezzato regista di Tutti giù e Atlas, ha introdotto l’incontro «La lingua italiana nel cinema svizzero» svoltosi nei giorni scorsi a Bellinzona nell’ambito del festival Castellinaria. Un’occasione in un certo modo storica, che ha visto una buona partecipazione di addetti ai lavori a tutti i livelli, per parlare di una componente in crescita all’interno del cinema nazionale e non legata soltanto al Ticino, sebbene la crescita del movimento nel cantone, con i vari Castelli, Fulvio Bernasconi, Erik Bernasconi, Bindu De Stoppani, Alberto Meroni e altri ad affiancare gli storici Villi Hermann e Mohammed Soudani, abbia contribuito molto.
Da lingua minoritaria a protagonista di una nuova stagione del cinema elvetico, questa l’intenzione degli organizzatori e i relatori hanno confermato le potenzialità sia dell’idioma sia del territorio. «I confini sono nelle nostre teste, per me non ce ne sono tra Chiasso e Zurigo, – ha affermato il regista Stefan Jäger, recentemente autore di Monte Verità – ho girato film in diversi luoghi del mondo in diverse lingue, per me l’importante è essere credibili. Ho girato Monte Verità in tedesco perché furono i tedeschi a iniziare quell’esperienza».
Uno degli ostacoli principali è lo scarso peso politico della componente italiana e la scarsa conoscenza della lingua negli ambienti decisionali. «Ho fatto parte della commissione che valutava le sceneggiature – ha spiegato Christian Jungen, direttore del Festival di Zurigo – e su cinque componenti ero l’unico a capire l’italiano e questo complica le cose». «Abbiamo intenzione di aumentare i fondi per le traduzioni dei progetti e dei dossier, ha annunciato Castelli, e vivo questo problema nella mia attività di regista e conosco bene il tempo perso e le difficoltà».
Dall’altra parte c’è un pubblico interessato. «A settembre abbiamo avuto al Festival sia Paolo Sorrentino sia Sharon Stone – ha aggiunto Jungen – e Sorrentino ha riempito le sale a tutte le proiezioni, più della Stone. C’è molto interesse per lui e in generale per i film in italiano. Bisogna lavorare di più sulla promozione dei film ticinesi, avere budget per promuoversi in Svizzera tedesca e francese. E devono essere localmente autentici per avere successo, occorre trovare storie locali o originali, per esempio a me colpiscono molto la squadra di hockey Ambrì-Piotta o le vicende del Festival di Locarno degli anni ’70. Allo stesso tempo gli ambienti ticinesi mi sembrano molto chiusi e si devono aprire».
«Il Ticino è un territorio fertilissimo, ma deve raccontare storie interessanti in sé. Bisogna lavorare su qualità e originalità, non avere paura di essere periferia, che può diventare una risorsa, e girare film credibili anche con accento ticinese», ha sostenuto Francesco Ziosi, direttore dell’Istituto italiano di cultura di Zurigo. All’incontro è intervenuta anche la giovanissima regista Agnese Làposi, partecipante alla residenza di Casa Pantonà che è stato il primo esperimento della Film Commission per lavorare su sceneggiature e sviluppo dei progetti, che ha annunciato un film su Campione d’Italia.