Dove e quando
L’ange des Andes, Musée romain de Lausanne-Vidy, fino all’8 gennaio 2017. Orari: ma-do 11.00-18.00. www.lausanne.ch/mrv


Il mistero di un angelo andino a Losanna

Il Musée Romain di Vidy propone un’originale esposizione
/ 12.12.2016
di Marco Horat

Una storia incredibile quella messa in scena sulle sponde del Lemano in una mostra dai contorni decisamente inusuali. Tutto comincia nel 1996 durante un viaggio turistico in Perù quando un giovane tecnico svizzero di nome Pablo con la passione dell’aeromodellismo incontra un vecchio contadino, che si rivela poi essere uno sciamano, e viene a conoscenza di un’antica leggenda locale. È il racconto di un mito che ha per protagonista il dio Rijkrallpa sceso sulla terra con ali di condor alle quali rinuncia per poter condividere con gli uomini la loro dura vita. Pablo, educato nella religione cristiana, rimane impressionato da questo racconto che gli ricorda la vicenda del suo Gesù fattosi uomo per salvare l’umanità. In seguito in un negozio di antiquariato vede un vaso precolombiano d’argento decorato con figure che gli sembrano proprio rappresentare il mito di Rijkrallpa. Lo acquista, consapevole dei rischio, sapendo che il commercio di reperti archeologici è sottoposto a leggi severe e che il mercato è inondato di falsi.

Tornato in Svizzera si dedica a una ricerca per ottenere maggiori informazioni sulla divinità incontrata a Lima, ma nessuna fonte parla di quel dio. Perfino uno studioso interpellato a proposito gli conferma che il nome di Rijkrallpa non compare in nessun testo né del passato né del presente.

Si tratta dunque di una storia inventata ad uso dei turisti? Pablo è testardo oltre che curioso e non è convinto di questa spiegazione, anche perché nel Museo de las Americas di Madrid ha visto un vaso con una figura alata, interpretata però come quella di un contadino che porta un cesto sulle spalle. Pablo ritorna in Perù, più determinato che mai a far luce sul mito: inizia una minuziosa ricerca che durerà anni, tra alti e bassi, e lo porterà a viaggiare in lungo e in largo per il Paese, visitando musei e incontrando studiosi che si sono confrontati con le antiche civiltà chimu, mochica e inca. Tra questi vi è l’archeologo tedesco Helmut Schneider che ha scoperto una stele del 3600 a.C. con gli stessi simboli – una figura alata, una specie di sole con lunghi raggi e un serpente a due teste in forma circolare – di quelli presenti sul vaso acquistato a Lima.

Le ricerche sul mito di Rijkrallpa continuano così più serrate di prima, tra vicende appassionanti e ritrovamenti archeologici clamorosi, come si scopre percorrendo le sale dell’esposizione di Vidy... fino alla clamorosa e inattesa conclusione che non rivelerò, per non togliere a chi legge il gusto della scoperta personale. 

Laurent Flutsch direttore del Museo romano di Losanna-Vidy e Sophie Weber che ne è la curatrice (nonché artefice di questa esposizione decisamente fuori contesto che ha coinvolto vari specialisti), sono riusciti nell’impresa di sorprendere anche il visitatore più smaliziato lungo un labirinto buio che si percorre seguendo degli spot luminosi, disseminato di colpi di scena, accompagnati da un iphone che funge da guida con voci di attori romandi che interpretano i vari personaggi che popolano il cammino di Pablo. 

L’esposizione è accompagnata da una serie di iniziative collaterali. Prima di tutto perché la storia appena raccontata è stata inventata di sana pianta: non esistono Pablo, né vasi in argento, tantomento un dio di nome Rijkallpa o Helmut Schneider. I documenti storici e i reperti delle civiltà precolombiane esposti nelle vetrine sono rigorosamente dei falsi creati espressamente per questa mostra da maestri orafi e ceramisti sotto la guida di archeologi, rispettando le regole dell’arte precolombiana. Sempre senza dimenticare che il castello di fantasie è comunque basato su elementi scientifici emersi nel corso di scoperte realmente avvenute in Perù in questi ultimi decenni, spesso clamorose. Di qui il fascino di questa avventura fantascientifica nel vero senso della parola, proposta dal museo losannese. Ci si può chiedere a quale scopo; solo un gioco per sorprendere il visitatore?

Risponde la curatrice Sophie Weber: «No, certo. Oltre al piacere che sempre si prova quando siamo coinvolti in una storia intrigante ci sono molte informazioni scientifiche per familiarizzarci con le civiltà precolombiane. Ma la mostra vuole anche far riflettere su alcuni temi: i problemi legati al mercato grigio-nero dei reperti archeologici (che interessa anche il nostro Paese), il confine sottile e ambiguo che divide un reperto originale da uno falso, il lavoro degli archeologi con le loro scoperte e le conclusioni che ne traggono non sempre scientificamente dimostrabili, il tema affascinante in tutte le culture dell’origine del mito e della sua persistenza nella realtà, quindi il valore che bisogna accordare alla cultura popolare e alla tradizione».

Molta carne al fuoco dunque, cucinata da cuochi provetti con immaginazione, con l’intento di fare cultura divertendo a pro’ di un pubblico che ha comunque fame di sapere e capire.