Il mestiere ideale si incontra

Editoria - Dal Giappone un intrigante romanzo sulla centralità del lavoro
/ 08.11.2021
di Sebastiano Caroni

Ci sono esperienze che contribuiscono a plasmare la nostra identità, e che cristallizzano gli alti e i bassi della nostra epoca. Il lavoro è una di queste, solo che spesso non ce ne rendiamo conto. Chi non ne ha uno, infatti, rischia di venire marginalizzato, perché il lavoro è un vettore integrativo agli occhi della comunità e del singolo. Può capitare, anche, che chi ne ha uno continui a rincorrere il sogno, legittimo e diffuso, di trovarne un altro. E chi è fortunato, invece, ha un impiego che gli piace e che non cambierebbe per nulla al mondo.

Tutti questi scenari si intrecciano in maniera sorprendente nel romanzo Un lavoro perfetto della giovane autrice giapponese Tsumura Kikuko. A trasportarci attraverso le tonalità dei possibili lavorativi è la voce narrante di una giovane donna che, vittima di un burnout professionale, dopo una pausa forzata decide di ripartire con un unico proposito: quello di trovare un impiego poco impegnativo e, soprattutto, che non la coinvolga troppo a livello emotivo. «Tutto è cominciato», ci rivela la voce della protagonista parlando del proprio reinserimento professionale, «quando sono andata dalla mia consulente del lavoro e le ho chiesto un impiego con mansioni semplici, tipo stare seduta tutto il giorno a controllare l’estrazione del collagene per i cosmetici. Non credevo che potesse davvero soddisfare le mie richieste, ma in fondo non avevo niente da perdere». E infatti la signora Masakado, sua consulente all’ufficio di collocamento, si dimostra subito molto abile nel proporle offerte puntuali, e dei contratti a tempo determinato, che le permettono di rilanciarsi. 

Messe dunque da parte quelle velleità che normalmente contraddistinguono la ricerca di un nuovo impiego, la protagonista del romanzo di Tsumura si ritrova ben presto coinvolta in una serie di ruoli e compiti spesso improbabili ma, perlomeno inizialmente, piuttosto rassicuranti. Sorvegliare da una telecamera nascosta la quotidianità ripetitiva e abitudinaria di un anonimo scrittore sospettato di essere coinvolto in un’operazione di contrabbando, impreziosire le confezioni di una marca di cracker di riso con delle frasi ad effetto, oppure affiggere dei manifesti ecologisti per ordine del governo, sono alcune delle mansioni che svolge, e che ben rispecchiano i suoi nuovi propositi. Ma l’esistenza, si sa, non è un esperimento scientifico in cui si possono controllare esiti e variabili. A differenza dell’ambiente sigillato del laboratorio, la vita conserva sempre il suo carattere imprevedibile, la sua apertura al possibile, pertanto anche i risvolti più inaspettati spesso si manifestano nelle situazioni in apparenza più prevedibili. E così questi lavori, sulla carta così semplici e ripetitivi, nasconderanno qualche sorpresa tale da trasformare l’iniziale e prospettata banalità in un progressivo coinvolgimento personale.

 Ognuno di questi lavori finirà addirittura per infondere alla protagonista un ritrovato, ancorché intermittente, piacere di lavorare; tanto da farle crederle, in alcuni momenti, di aver trovato il lavoro perfetto. Forse proprio perché è ormai libera da aspettative ingombranti, la giovane donna sarà in grado di accogliere piccole ma decisive lezioni di vita, grazie a cui scendere a patti con il lascito di paure, incertezze e timori legati al suo vissuto precedente; tanto da poter affermare, nel finale: «è arrivato il momento di abbracciare di nuovo i miei alti e bassi. Non so quali problemi mi stiano aspettando dietro l’angolo, ma cambiare cinque lavori in così poco tempo mi ha insegnato una cosa molto semplice: non si può mai sapere. Qualsiasi cosa si stia facendo, non c’è mai modo di sapere come andrà a finire: bisogna solo cercare di dare sempre il massimo, e sperare. Sperare che vada tutto per il meglio».

Così come si dice, prendendo in prestito il titolo di una poesia di John Donne, che nessun uomo è un’isola, lo stesso si può dire del tema del libro: ovvero che nessun lavoratore o lavoratrice è un’isola; e che nessun lavoro, per quanto semplice e isolato, è al riparo dal mondo esterno, dal contatto e dall’incontro con nuove persone e situazioni che possono portare a esiti tanto confortanti quanto spiazzanti. Il pregio del libro è di affrontare un tema così importante, delicato e centrale come quello del lavoro con leggerezza, spensieratezza, e un pizzico di surrealismo, senza comunque mai cadere nella banalità. Dal Giappone contemporaneo, Tsumura ci racconta una storia dai risvolti umani e psicologici in cui qualsiasi lettore può facilmente ritrovare parte della sua vicenda personale. È una storia, semplice e complessa, che ci mostra che nessun lavoro è mai veramente perfetto, ma che tutti i lavori possono, in circostanze particolari, diventarlo. Basta aprirsi al soffio imprevedibile della vita.

Bibliografia
Tsumura Kikuko, Un lavoro perfetto, Marsilio 2021.