Tanto vale dirlo subito: quella in corso al LAC di Lugano, Capolavori della Fotografia moderna (1900-1940) è una delle mostre più interessanti proposte in questi ultimi anni. Eccitante addirittura. Non solo poiché la Collezione Thomas Walther del MOMA newyorkese approda per la prima volta in Europa, ma soprattutto perché è raro vedere affastellate in poche sale così tante opere (oltre duecento), parecchie delle quali divenute nel frattempo iconiche. Un confronto ravvicinato che mette spalla a spalla decine di Maestri di quell’arte riassunta solitamente con la locuzione «scrivere con la luce» (dai due vocaboli greci che compongono la parola fotografia).
Lungo l’elenco dei Grandi presenti: da Manuel Alvarez Bravo a Paul Strand; dalla coppia di pionieri Edward Steichen a Edward Weston (con la sua compagna/musa Tina Modotti), sino ai soliti noti quali Walker Evans, Henri Cartier Bresson, Man Ray, Alexander Rodcenko (accanto a un altro costruttivista suo amico ma meno celebrato: El Lissitzky), August Sander e, tra gli altri, André Kertész. Altrettanto cospicua e formidabile la pattuglia femminile: Berenice Abbott, Florence Henri, Lucia Moholy (cui il marito Laszlo deve parecchio), Lore Feininger (primogenita del pittore espressionista Lyonel), la già citata Modotti, Gertrud Arndt (figura importante quanto misconosciuta del Bauhaus) e – non troppo dulcis… in fundo, viste le sue simpatie naziste – Leni Riefenstahl.
Non è facile scoprire un fil rouge dietro le scelte di Thomas Walther. Da un lato è certo che iniziò il suo lavoro di collezionista in un periodo caratterizzato da un incredibile fervore immaginativo, quando – superata l’epoca del formidabile tridente d’inventori J.N. Niépce, W.F. Talbot e Louis Daguerre – la fotografia si buttava per così dire alla scoperta delle numerose possibilità offerte dal nuovo apparecchio e dall’incessante susseguirsi di novità (obiettivi, formati, altre tecniche di stampa ecc.). Dall’altro le sue scelte sembrano voler negare quella contrapposizione tra artisti figurativi e fotografi – che in realtà c’è stata, eccome.
Ne è testimonianza la presenza di parecchi ritratti di pittori: Man Ray che immortala Marcel Duchamp e Joseph Stella (primo futurista d’America, sebbene fosse figlio della Lucania), Walter Peterhans che coglie l’artista/design Andor Weininger in una grassa risata; o ancora Kertész che dapprima ritrae in primissimo piano Piet Mondrian e poi – bona pesa! – si accontenta degli occhiali e la pipa del Maestro olandese.
Non ci piace affatto l’indicazione/ingiunzione «da vedere assolutamente» (difatti non la usiamo dai tempi in cui Berta NON filava ancora!), diventata ormai anodina dopo l’abuso che se n’è fatto. In occasione di questa mostra, tuttavia, è davvero il caso di rispolverarla: per gli appassionati sarà un indimenticabile piacere; per i neofiti l’occasione di un bel ripasso della Storia della Fotografia.