Per un’imprevedibile mossa del destino le vicende legate alla nave Sea Watch, con la sua intrepida capitana Carola Rackete, hanno fatto involontariamente da corollario al debutto e alle repliche di Avanti Avanti, Migranti! Storie di fughe e di arrivi, lo spettacolo di fine formazione per il conseguimento del Diploma dell’Accademia Teatro Dimitri di Verscio.
Ogni anno, i giovani attori vengono diretti da un regista professionista chiamato a confrontarli con testi o progetti particolari destinati a un lavoro collettivo, un processo che altrimenti, sia per tempi di realizzazione sia per densità di preparazione, non sarebbe alla loro portata. Almeno nell’immediato. Quest’anno, per concludere il triennio, l’Accademia ha voluto richiamare Volker Hesse, dopo che lo stesso nel 2013 si era cimentato nell’allestimento dell’Orlando Furioso, sempre con allievi di fine formazione. Il regista tedesco, oltre a una lunga e prestigiosa carriera in Germania e in Svizzera, è noto anche per aver ideato, con la coreografa e danzatrice Andrea Herdeg, l’evento Sacre del Gottardo creato in occasione della cerimonia di apertura della galleria di base dell’Alptransit.
Ma che si tratti di attualità oppure di storia, il tema dei migranti non è che la punta dell’iceberg di un soggetto nel quale albergano vicende drammatiche, tragedie umane fra violenze quotidiane o episodi di crudeli sradicamenti. Che siano barche, gommoni, treni o camion, la sostanza dei flussi migratori rimane sempre un miraggio d’attualità. Non c’è giorno infatti che quella realtà non sia oggetto d’interesse per l’informazione, materia per scontri politici e sociali farciti di luoghi comuni su un fenomeno che, all’occorrenza, viene vissuto ora come un’invasione ora come un attentato alla cultura, ma anche come un pericoloso peso per una società in cui ancora si confonde la politica di accoglienza con la tolleranza, il dovuto soccorso con l’azione umanitaria. Tempi in cui è duro dare un senso e cercare delle risposte.
Il progetto di Avanti Avanti, Migranti! Storie di fughe e di arrivi, andato in scena a Locarno nel cortile del DFA ha coinvolto dodici studenti unitamente a rifugiati e richiedenti asilo, uomini e donne provenienti da centri di tutto il Ticino. Insieme hanno dato corpo a un modello di integrazione teatrale, un’inclusione densa di significati in cui l’equilibrio e la forza del messaggio si sono associati in una coralità esemplare.
Diretto da Volker Hesse con Andrea Herdeg, un tandem ormai collaudato, e con la collaborazione di Ruth Hungerbühler, lo spettacolo non è stato un pretesto per studiati movimenti d’assieme o individuali, quanto più occasione di intensi slanci di contenuto, frutto di un lavoro meticoloso, iniziato a gennaio e animato da molti incontri, discussioni, visione di materiali filmati, documentari, articoli, libri: «tutto ciò», ci ha raccontato Hesse, «ha contribuito a creare una forte motivazione nel gruppo attorno a un progetto che ha richiesto molta energia. Non si trattava di mostrare solamente quanto fosse brava l’Accademia nel formare i ragazzi, ma occorreva anche costruire un progetto».
Da qui l’incontro con gli «ospiti», i migranti con le loro storie vissute nei campi di raccolta: «storie estreme e toccanti che hanno creato consapevolezza e coinvolgimento». Attori acerbi, chi più determinato e chi invece ancora intimidito, ma nel complesso un bell’assieme.
Resta però certamente da migliorare l’uso della voce – disciplina distante dalla formazione dell’Accademia – per uno spettacolo di circa un’ora e mezza che ha lasciato un segno nel cuore del pubblico grazie a un artificio dalla doppia prospettiva: un percorso modellato lungo un alto reticolato di transenne per un voyeurismo da spettatore e un transfer emotivo in cui le regole del gioco sono spesso la denuncia di un sistema culturale colpevole, protetto da paure inconsce verso la diversità.