Bibliografia

David Bessis, Mathematica. Un’avventura alla  ricerca di noi stessi, Neri Pozza, Milano, 2023.


Il grande segreto della matematica

David Bessis sfata più di un luogo comune sulla scienza dei numeri che vede come un’avventura alla ricerca di noi stessi
/ 21.08.2023
di Blanche greco

Appassionato di letteratura, stregato da Les fleurs du Mal e da Baudelaire, David Bessis  ha scelto però di diventare un matematico, ma è anche scrittore, poeta e ha fondato Tinyclues, società specializzata in intelligenza artificiale, oltre ad essere l’autore di un libro dal titolo insolito: Mathematica. Un’avventura alla ricerca di noi stessi, pubblicato da Neri Pozza, dove non parla di numeri, ma di persone, di esperienze, di se stesso e soprattutto cerca di sfatare molti pregiudizi svelando il legame segreto che tutti noi abbiamo con una delle materie che in ogni epoca è stata considerata dai giovani tra le più ostiche del percorso scolastico.

Cosa l’ha spinta a scrivere un libro dove matematica ed esistenzialismo si intrecciano in modo così inaspettato?
La mia esperienza personale unita al fatto che la matematica è forse, con le pene d’amore, l’argomento al mondo che rende più gente infelice. È assodato che le due cose insieme sono considerate un incubo sotto tutte le latitudini. Ma per quanto riguarda la matematica credo che le persone siano infelici perché non hanno ricevuto la giusta spiegazione, non sanno qualcosa che rende tutto più desiderabile e più facile di quanto sia stato raccontato loro a scuola.

Lei si rivolge a lettori di che età?
Ho cercato di scrivere un libro che possa interessare sia i liceali, che gente con una buona formazione scientifica, perché non racconto niente di tecnico, solo quello che ci succede a livello emotivo e caratteriale mentre studiamo la matematica. Ovviamente penso che a quindici, o vent’anni, questo libro possa avere un impatto cruciale, magari cambiando il modo in cui ci si relaziona con il sapere e la conoscenza.

Perché inizia raccontandosi? A cinquant’anni si vede come una sorta di mentore?
No, affatto. Lo studio, o meglio, l’incontro con la matematica è per ognuno di noi un’esperienza molto personale ed è questo il tema centrale del libro. Perciò affrontarlo significa parlare di sé, ma poi bisogna uscire dalla propria biografia e da quelle che sono state le nostre emozioni e le nostre intuizioni, per farne un racconto più generale che sia illuminante per tutti. Così, per scrivere questo libro ci ho messo vent’anni e mi ha aiutato la storia di molti altri studiosi e matematici, anche famosi come Cartesio, Alexander Grothendieck, William Thurston che hanno avuto una vita molto speciale in epoche e contesti diversissimi, ma che dimostrano con le loro esperienze quale sorprendente meraviglia sia il funzionamento del cervello umano.

Tuttavia, più si va avanti nella lettura e più si ha l’impressione di avere per le mani un libro di filosofia più che di matematica…
In fondo la matematica è un «affaire» filosofico; non a caso sul frontone dell’accademia, la scuola di Platone, c’era scritto: «Nessuno entri, che non sia geometra». I filosofi sin dall’antichità greca hanno piazzato la matematica molto in alto ed è lecito chiedersi come mai avevano un così alto concetto di questa disciplina. Evidentemente perché avevano scoperto proprio come la matematica può cambiare il nostro modo di pensare.

Un segreto, quindi? Ma come può l’esperienza matematica essere una forma di «chiaroveggenza», influire sulla «plasticità mentale» e persino cambiare il nostro destino?
Non sono il primo a parlare di un «segreto», nel Discorso sul Metodo di Cartesio si legge: «C’è un segreto della matematica che si conosce sin dall’antichità, ma che nessuno insegna» e lui ne fa quasi una teoria del complotto. Non è mai stato insegnato perché se si sapesse, la gente si renderebbe conto che i matematici non sono particolarmente intelligenti, bensì persone normali che hanno un metodo segreto. Ma anche perché non si riusciva a trovare le parole giuste per raccontarlo. Io ci provo in questo libro. Provo a riassumerlo: il grande malinteso sulla matematica è che da molti secoli si fa credere alle persone che per capire la matematica basta pensare in modo logico, e, se abbiamo difficoltà a capire la matematica è che non siamo abbastanza intelligenti, e invece non è vero! In realtà sia la logica che la matematica sono solo degli strumenti per aguzzare la nostra intelligenza. E ci rendono più intelligenti perché se si interagisce con la matematica nel modo giusto ecco che questa diventa uno strumento che sviluppa il nostro intuito.

Per molti l’intuito è qualcosa d’innato, che dà delle risposte in situazioni inaspettate, e per lei?
Anche per me, tuttavia il nostro intuito non è qualcosa di finito e di immutabile, e neppure di infallibile, ma al contrario è qualcosa che si può sviluppare e correggere. Credo che per capire davvero le cose bisogna che siano intuitive, ad esempio che due per due corrisponda a 4 è intuitivo, non abbiamo bisogno di rifletterci, è quello che la matematica ci ha insegnato, e questo tipo d’intuito non lo avevamo alla nascita, ma lo abbiamo sviluppato un po’ per volta. Molti giochi implicano conoscenze matematiche, anche il tennis, anche se per alcuni è solo buttare la palla dall’altra parte della rete, dopo un certo tempo e infiniti palleggi, lei nella sua testa riesce a immaginare il rettangolo del campo, le traiettorie dei suoi tiri e a impostare il suo gioco tenendo conto di quello dell’avversario. Ecco che matematica, immaginazione, chiaroveggenza, fiducia in se stessi e anche sensualità e intuito si combinano insieme in un momento esaltante. L’intuito è un organo vivo, è come un tessuto che può essere sviluppato, e migliorato ogni giorno.

E il genio in matematica esiste?
È stato Einstein a dire: «Non ho doni particolari, sono solo appassionatamente curioso.» Cartesio affermò circa la stessa cosa quattrocento anni fa. Capire, fare matematica, non è un dono, è qualcosa che si sviluppa alle volte senza rendersene conto, e spesso nell’infanzia. Ma i pregiudizi sono molti: secondo alcuni le donne sarebbero meno dotate in matematica degli uomini. E perché mai? Cartesio nel 1637 volle scrivere il suo Discorso sul Metodo in francese e non in latino perché così sarebbe stato accessibile anche alle donne che spesso non ricevevano i rudimenti di latino. Pregiudizi secolari hanno reso la matematica un campo prevalentemente maschile, ma ci sono donne matematiche di successo e bisognerebbe raccontarlo più spesso.

Allora il segreto è la nostra capacità di immaginazione?
Quanto all’immaginazione, dieci anni fa c’era chi dava dei tablet in mano ai bambini pensando che così sarebbero stati capaci di utilizzare presto e meglio il computer. Adesso sappiamo che è sbagliato, anzi tossico, perché i bambini ed i ragazzi devono conservare un’immaginazione attiva e reattiva e tutti questi aggeggi tecnologici, la sollecitano sempre meno.

Ma oggi la matematica si studia di più di ieri?
Direi che dobbiamo constatare una sorta di fallimento a livello mondiale: la matematica oggi viene insegnata a miliardi di persone e la maggioranza ne soffre, non capisce niente, ne è frustrata e ne trae un grande senso d’insicurezza personale. Ma, in questo mondo sempre più tecnologico, dove molte professioni hanno bisogno di una competenza matematica, troppe persone si ritrovano con un handicap molto grave. E questo è inaccettabile. Tutto a causa del malinteso storico che vorrei con il mio libro riuscire a dissipare e così forse tra venti, o cinquant’anni sapremo insegnare la matematica e ci troveremo in una situazione simile a quella della scrittura, dove quasi tutti hanno imparato a leggere e a scrivere e anche se c’è chi lo fa meglio e chi peggio, quasi tutti hanno capito come si fa e questo sarà fondamentale per l’umanità.