Al di là dei pochi, altisonanti nomi le cui gesta occupano interi capitoli dei libri di storia moderna, a volte capita che personaggi dalla rilevanza inaspettata vengano perlopiù dimenticati dai propri compatrioti, nonostante l’innegabile contributo da essi apportato al Paese d’origine. Un caso particolarmente emblematico è costituito dal destino ingrato dell’audace Ernest Failloubaz, salito per la prima volta alla ribalta nel lontano 1910 – al tempo in cui gli aerei erano nulla di più che una chimerica e poco attraente novità nella mente di molti cittadini «con i piedi per terra».
Eppure, già allora, la Svizzera poteva considerarsi in prima fila nell’innovazione tecnica; proprio nell’ottobre di quell’anno, si svolgevano infatti a Berna le Giornate Svizzere dell’Aviazione, durante le quali un appena diciottenne Ernest Failloubaz ebbe modo di farsi notare dal pubblico a bordo del suo monoplano Blériot, stabilendo un record per l’epoca notevolissimo (ben 58 minuti e 17 secondi di permanenza in aria) che gli valse il conseguimento del primo brevetto di volo della storia svizzera – il «brevetto n.1», come recitava l’iscrizione incisa sull’orologio d’oro di cui, di lì a poco, la Confederazione gli fece dono per celebrare un simile risultato. E dire che, in realtà, questo spericolato vodese dalla passione sfrenata per gli aerei non avrebbe mai preso una sola lezione di volo in tutta la sua vita!
Ma quali erano state le circostanze che avevano fatto di un ragazzo apparentemente ordinario un pioniere del volo a livello non solo svizzero, ma mondiale? Un ruolo non da poco lo giocò sicuramente la prima giovinezza di Ernest, che, ritrovatosi presto orfano di entrambi i genitori, sarebbe stato cresciuto da nonna e zia ad Avenches, piccola cittadina del Canton Vaud. Fu infatti proprio questa disgrazia famigliare a permettergli di disporre di una ragguardevole quantità di denaro lasciatagli dal padre Jules, ricco mercante di vini, e di utilizzarla per soddisfare la propria passione per le prime motociclette e automobili. E quale modo migliore di far fruttare l’eredità paterna che lanciarsi nella più eccitante avventura offerta dalla tecnologia del tempo – ovvero il volo?
Tuttavia, il momento di svolta sarebbe giunto nel 1909, all’incontro con René Grandjean – un giovane meccanico che, dopo aver trascorso diverso tempo a Parigi e in Egitto (come autista del sultano Omar Bey), aveva fatto ritorno in Svizzera con un grande sogno personale: costruire da sé un aereo non solo perfettamente funzionante, ma anche competitivo. Galvanizzato dal successo dell’aviatore francese Louis Blériot, che aveva appena trasvolato il Canale della Manica, il giovane René si procurò così una fotografia del mezzo protagonista dell’impresa e, sulla sola base di quest’immagine, costruì la sua prima «macchina volante» – la stessa con cui, il 10 maggio del 1910, lui e l’amico Ernest Failloubaz avrebbero dato vita a un vero e proprio miracolo: il primo volo aereo di successo condotto su un apparecchio interamente costruito e pilotato da cittadini svizzeri. Un’impresa a dir poco storica, destinata a definire la storia dell’aviazione rossocrociata, e non solo.
Da quel momento in poi, Failloubaz divenne pilota a tutti gli effetti, sulla sola base delle conoscenze accumulate e della propria, spiccata sensibilità verso le macchine volanti: un vero istinto per il volo, confermato dal successo dell’impresa del maggio 1910, dovuto alla delicatezza con la quale seppe manovrare la leva di comando, realizzando così un atterraggio perfetto – cosa che non avverrà quando, in seguito, il suo compagno René governerà l’aereo, danneggiandolo a tal punto da obbligare Ernest ad acquistare un Demoiselle Santos-Dumont, poi seguito da altri velivoli via via più potenti.
È con questi mezzi che Failloubaz si produrrà in successi sempre più spettacolari: su tutti, il primo episodio in assoluto di gliding, nel quale si cimentò durante il raduno di aviazione di Viry (agosto 1910), spegnendo completamente la propulsione a elica dell’aereo e lasciandolo planare senza alcuna spinta meccanica, per poi riaccendere il motore e atterrare senza problemi. Sono, in effetti, anni in cui il nome di Ernest Failloubaz è sulla bocca di tutti, al punto che migliaia di persone assisteranno alle sue esibizioni aeree; nel frattempo, egli sarà anche responsabile della nascita dell’aviazione militare svizzera, diretta conseguenza di una dimostrazione da lui offerta all’esercito rossocrociato tra il 4 e il 6 settembre del 1911.
Tuttavia, l’indubbia gloria portata dalle imprese aeree non offrirà mai ad Ernest guadagni sufficienti a coprire le immani spese affrontate per promuovere la cultura del volo in Svizzera (fondando, tra l’altro, un aeroporto e la prima scuola di pilotaggio del Paese, entrambi situati nella natìa Avenches). Così, dopo aver investito una fetta sproporzionata della propria fortuna nell’acquisto della licenza necessaria a produrre in proprio gli aerei Dufaux, Failloubaz si ritrovò in bancarotta; e per ironia della sorte, fu proprio allora che, dopo aver arriso agli exploit via via più azzardati dell’aviatore, il fato gli presentò il conto nel modo più banale e straziante. La stessa tubercolosi latente che gli aveva impedito di arruolarsi come pilota durante la Grande Guerra si sarebbe infatti portata via Ernest nel 1919, ad appena 26 anni.
Forse a causa delle condizioni di povertà in cui versava all’epoca, i suoi compatrioti sembrarono dimenticare rapidamente il contributo fornito da Failloubaz all’aviazione elvetica, disertando in massa il suo funerale. Eppure, al di là della scarsa memoria di cui i cittadini svizzeri diedero prova in quell’occasione, Ernest Failloubaz è tuttora ricordato come uno dei grandi pionieri dell’aviazione mondiale – a dimostrazione del fatto che, per quanto spesso sottovalutati in vita, i veri precursori si lasciano sempre alle spalle una scia di gloriosa speranza, «mostrando la strada» a chi sia sufficientemente ricettivo da seguirla.