Il fascino della parola fra le pagine di un romanzo

Al LAC Nuda, il nuovo spettacolo di Daniele Finzi Pasca
/ 01.11.2021
di Giorgio Thoeni

Rinnovare la lettura di Nuda, il romanzo di Daniele Finzi Pasca pubblicato nel 2014 dai tipi di Abendstern, può riconfermarsi un ricettacolo di fantasiose invenzioni letterarie, un vortice di visioni, di giochi fra i ricordi, intrecci che sembrano imparentati con certe pagine di Marquez, impressionati in una pellicola di Tim Burton e inseriti di peso in un affresco di Rothko o di Dalì. Caratteristiche che corrispondono anche al valore del suo teatro, così ricco di narrazioni frammiste a immagini acrobatiche e oniriche, soprattutto se pensiamo a produzioni come Icaro, Nebbia, Donka, La Verità, per certi versi a Bianco su Bianco o al più recente Luna Park, per citarne solo alcune di una lunga e prestigiosa serie.

Tradurre un testo letterario per la scena non è mai un’impresa semplice. Finzi Pasca invece l’ha voluta affrontare dedicando proprio a Nuda l’ultima produzione andata in scena con la sua compagnia la scorsa settimana in prima assoluta al LAC di Lugano. Un atteso e gradito ritorno, soprattutto pensando alle forche caudine imposte al settore dello spettacolo dalla pandemia. Ma andando oltre a una sincera solidarietà, con Nuda ci siamo trovati di fronte a una regia che si compiace dell’uso della parola. Non tanto per i contenuti, tutti estrapolati e scelti dal testo letterario, bensì per una sua presenza eccessiva e ostentata. Sia chiaro, la parola negli spettacoli di Daniele c’è sempre stata, basti pensare a Bianco su Bianco. Ma il regista ci ha troppo viziati con una forte presenza visionaria dove la parola iniziale veniva sovrastata dall’azione con immagini, fantasie acrobatiche, musica, poesia.

Nuda è la storia di due gemelle ed è raccontata in prima persona: «Sono la prima di due gemelle. Mia sorella nacque vestita, uscì dalla pancia di mia mamma con una tunichetta immacolata. Io sono nata nuda, sporca, con gli occhi appiccicati». Un dualismo, un doppio che percorre tutta la narrazione a scapito dei molti bizzarri personaggi del romanzo. Alcuni affiorano dalla narrazione ma senza conquistare un proprio spazio drammaturgico. Anche se Nuda resta un omaggio al teatro, con l’ombra della morte e un’ironia che guarda all’Altissimo con bonarietà.

Spettacolo certamente da vedere e da applaudire, almeno come quello registrato al debutto luganese premiando le attrici Melissa Vettore, Betriz Sayad e le acrobate e danzatrici Jess Gardolin, Micol Veglia con Francesco Lanciotti. Belle le musiche di Maria Bonzanigo, essenziali e altamente evocative. Minimaliste ed efficaci le scenografie di Hugo Gargiulo con i costumi di Giovanna Buzzi.