Il cerchio perfetto di Maynard James Keenan

Dopo numerose esperienze individuali, Maynard propone un disco raffinato con la band A Perfect Circle
/ 11.06.2018
di Alessandro Panelli

A quattordici anni dall’uscita del loro ultimo album eMOTIVe, A Perfect Circle, il gruppo capitanato dal celebre cantante di band di culto come Tool e Puscifer Maynard James Keenan, sforna un nuovo lavoro intrinseco e studiato, che spazia da tonalità cupe e drammatiche a suoni più vivaci e allegri, ma che nell’insieme mantiene uno sfondo di critica alla società del XXI secolo grazie ai testi provocatori ed espliciti ma anche introspettivi e riflessivi, che lasciano spazio alla libera interpretazione.

Una titletrack apre l’album con note di pianoforte dolorose e lente, una batteria articolata che copre ogni buco di melodia e una voce soave che pone le basi per le tematiche principali del volume attraverso la metafora di mangiare un elefante: non importa come lo mangi, l’importante è che inizi, morso dopo morso. Esattamente come bisogna ascoltare questo album, traccia dopo traccia.

Rispetto ai lavori precedenti della band questa ultima loro fatica a livello melodico è molto più pulita, le distorsioni delle chitarre sono contenute e il pianoforte, le percussioni e i sintetizzatori, assieme a una voce meno graffiata, seppur in certi momenti (Talktalk) ancora urlata e ruggente, rivestono un ruolo più da protagonisti rispetto al passato. Tramite queste sonorità moderne, variate e mature, ogni traccia ritaglia un proprio posto all’interno del cuore di chi le ascolta, anche se sicuramente non la prima volta: stiamo parlando di un album ambizioso e complicato ma che, una volta capite le meccaniche, non stancherà mai.

Nelle prime canzoni si fa un riassunto negativo di quello che l’uomo sta compiendo negli ultimi anni: da chi ci governa, i grandi potenti, a chi non fa nulla per contrastarli. Molto spesso anche stando attenti al testo non riusciremo a venire a capo facilmente di quello che Keenan vuole dirci, mentre in altri (Talktalk, The Contrarian, The Doomed) la via interpretativa è più ristretta e Keenan ci dà un avviso, ci sta allarmando su ciò che sta succedendo e vuole indirizzarci con lo scopo di farci reagire.

E se al primo ascolto di questo album si rischia di rimanere scettici, non riuscendo a sentire alcuna vibrazione o emozione, non è il caso di arrendersi: basta cercare un momento giusto. Eat the Elephant va infatti assaporato con orecchio, attenzione e dedizione, poiché a quel punto si avrà la possibilità di entrare in un turbine di emozioni e brividi. La band riesce a catturare l’ascoltatore, facendolo sorridere e rattristare al tempo stesso. 

Eat the Elephant fa sognare, provoca immagini forti. Porta alla consapevolezza della realtà contemporanea senza esagerare e senza indottrinare, lasciando lo spazio necessario a generare un’idea personale all’interno del mondo espresso dalla band tramite la musica.