75 anni sono una data importante, un traguardo da festeggiare. 75 sono anche le edizioni del Locarno Film Festival e infatti diverse novità insieme a una serie di eventi e iniziative sono stati annunciati e sono in corso. Penso all’apprezzata iniziativa del cinema itinerante nel locarnese durante i mesi di giugno e luglio ma anche alla pubblicazione dei due volumi Locarno on / Locarno off: storia e storie del Film Festival che attraverso lo sguardo di Lorenzo Buccella offre una retrospettiva sulla manifestazione e Sguardi oltre il cinema, una raccolta di 40 autori che si interrogano sul ruolo del Festival.
Se però diamo uno sguardo al programma mancano i nomi delle grandi occasioni. Partiamo dalle star premiate: Kelly Reichardt, Laurie Anderson, Aaron Taylor-Johnson, Gitanjali Rao, Jeson Blum e Daisy Edgar-Jones non sono tra le personalità cinematografiche più note al grande pubblico. Fanno eccezione Costa-Gavras e Matt Dillon che però negli ultimi anni non si è fatto mancare un festival in tutta la Penisola italiana dove da tempo risiede. Ci saranno anche Sophie Marceau e Juliette Binoche, ma l’impressione generale è che questa sia un’edizione come le altre: molto tecnica, per addetti ai lavori e poco orientata al grande pubblico. A Locarno, anche nelle recenti edizioni e senza scomodare Marlene Dietrich o Pier Paolo Pasolini, abbiamo ammirato personaggi del calibro di Harrison Ford, Alejandro Jodorowsky e Hilary Swank. L’impressione di un’edizione normale è confermata anche dal nome della giuria principale e dal suo presidente: quel Michel Merkt (produttore), già premiato a Locarno nel 2017 e sicuramente tra i più bravi al mondo nel suo settore, ma poco conosciuto.
Anche nel luogo deputato ad accogliere le star, la Piazza con il tappeto rosso, sembra non esserci il glamour tipico da grande occasione
E la Piazza Grande? Ci saranno tre produzioni americane (La ragazza della palude, Paradise Highway e Bullet Train), ma manca il filmone (tipo C’era una volta... a Hollywood di Tarantino) che ti fa stare anche in piedi pur di vederlo (oddio: ci fosse Brad Pitt a lanciare Bullet Train…). Dall’Italia (molti spettatori che non sono cinefili vanno al Festival se non devono sforzarsi di leggere i sottotitoli) arriveranno solo Delta con Lo Cascio e Borghi che può avere un certo appeal e Piano Piano di Nicola Prosatore. Anche nel luogo deputato ad accogliere le star, la Piazza con il tappeto rosso, sembra non esserci il glamour tipico da grande occasione. Glamour inteso non come una passerella fine a sé stessa, ma funzionale all’evento e per almeno due ragioni. Anzitutto perché è una calamita per pubblico, giornalisti e fotografi. Un aspetto che ha compreso molto bene il Festival di Zurigo che lo scorso anno ha invitato Sharon Stone, in passato Johnny Depp e Hugh Grant. In secondo luogo, perché è un elemento importante da mettere sul piatto quando si chiede il contributo statale (comunale, cantonale e federale) per il Festival.
A proposito, il budget di Locarno quest’anno è di 17 milioni di franchi, il più alto di sempre. Cannes nel 2019, l’anno precedente la pandemia, era attorno ai 20 milioni e Berlino 25 milioni. Per dire che non siamo molto lontani da queste realtà, a livello finanziario, ma lo siamo sotto altri punti di vista (invitati, mercato, iniziative parallele). In aggiunta, 28 franchi per una proiezione in Piazza Grande o 37 per due film (sulle sedie che conosciamo bene) forse è troppo. Anche considerata l’esperienza unica e spettacolare che si vive insieme ad altre migliaia di persone.
C’è poi la questione delle prenotazioni online. La pandemia ha accelerato l’introduzione di sistemi digitali per prenotare i film. Piattaforme che sia a Locarno sia negli altri festival internazionali hanno avuto diversi problemi. Speriamo che dal 3 al 13 agosto, sul Verbano, tutto funzioni.