Quando si parla di teatro non è facile prendere le distanze dalla tragica attualità di questi tempi. Soprattutto considerando che il teatro non è mai un territorio neutrale ma luogo di conflitto per aspri, violenti o sottili contrasti spesso animati dalla brama di sopraffazione. Dalla tragedia classica al teatro elisabettiano, Shakespeare in primis, sulla scena si sono consumate trame amorose, faide cruente, dolorosi tradimenti. Su un piano squisitamente surreale, ritroviamo queste dimensioni nel capolavoro assoluto e antesignano di Ubu Re, testo nato alla fine dell’800 a opera di un geniale liceale quindicenne, Alfred Jarry, che verrà considerato come un’ideale anticipazione dell’avventura delle avanguardie del XX secolo. Immaginato come testo per marionette, Ubu roi ha faticato a conquistarsi una fortuna teatrale laddove lo stesso autore l’avrebbe volentieri immaginato con attori appesi a dei fili…
Una storia immersa nel suo originale fascino patafisico della ribellione contro le convenzioni sociali che non ha segnato la memoria del palcoscenico. A far riecheggiare in platea «Merdre!», la leggendaria interiezione di Padre Ubu, ci ha però pensato Emanuele Santoro riproponendo lo spettacolo in un riuscito adattamento di cui ha curato anche la scenografia e la regia. Affiancato da Patrizia Schiavo, Santoro ha ricostruito la dimensione del capolavoro di Jarry attraverso un’intelligente rilettura della parodia burlesca contro le convenzioni ridimensionando il testo cucito su due personaggi principali: Padre e Madre Ubu. Una riscrittura che non ha tolto freschezza al senso di avidità dittatoriale, allo sfrenato e insensato e vile egoismo di Padre Ubu, ambientandone la narrazione su una zattera in balìa del suo assurdo iconico universo circondandolo di un’accozzaglia di oggetti. La clownesca figura di Padre Ubu è l’ideale cassa di risonanza per le acrobazie vocali di Emanuele Santoro, efficace incarnazione e maschera degli infantili e crudeli appetiti del tiranno. Patrizia Schiavo sfodera la sua esperienza ritagliandosi momenti di grande bravura nel calderone della parodia con una brillante e regale ironia. Un pubblico divertito e plaudente ha salutato i due bravi interpreti, visibilmente e meritatamente soddisfatti.