«L’anziano Gaudì contempla la spianata dove si erge il Tempio incompiuto della Sagrada Familia, a Barcellona. Presagendo la morte imminente l’architetto si persuade che non potrà portare a termine il capolavoro, emblema della Città celeste. È inoltre convinto, dopo aver ascoltato la voce di un Angelo, che di fronte al mysterium si può solo arretrare». Il quadro narrativo è grosso modo questo anche se – si sa – spesso non sono gli aspetti narrativi elementari a costituire il vero nucleo dell’opera narrativa. «Tramite Gaudì, di cui ho voluto mettere in luce lo straordinario vitalismo, mi sono interrogato sull’incompiutezza di ogni atto creativo e in generale sulla questione dei limiti imposti all’uomo riguardo al creare. Dietro quei limiti si avverte il vuoto e il silenzio, eppure tale silenzio sembra paradossalmente abitato da parole, suoni e immagini virtuali. L’opera del genio, in fondo, non fa che riproporre paradossi del genere».
Eccolo, dunque, il nucleo profondo. E a presentarcelo è lo scrittore Gilberto Isella: sue sono infatti le parole de Il giardino della vita, che assieme alla musica di José María Sánchez-Verdú andranno a comporre una preziosa anteprima, la prossima domenica 26 febbraio alle 17.30 presso il Palazzo dei Congressi di Lugano. Il contesto è quello di 900presente (rassegna sostenuta fin dagli inizi dal Percento Culturale Migros Ticino e quest’anno giunta alla diciottesima edizione) per una produzione – «“un’azione scenica”, non trovo altre definizioni. Parole e musica qui sono predominanti» – che come al solito vede in prima linea il Conservatorio della Svizzera italiana (con l’Ensemble 900 diretto da Arturo Tamayo e il Coro Clairière diretto da Brunella Clerici), il Settore prosa della RSI con il regista Claudio Laiso e il Teatro d’ombre Controluce di Alberto Jona.
«Circa un anno fa Roberto Valtancoli, responsabile di 900presente, mi propose di rielaborare il mio libro poetico Preludio e corrente per Antoni e ne ricavai un libretto teatrale concepito per la musica. L’argomento spagnolo e la fama di Gaudì suscitarono l’interesse del maestro Tamayo e del compositore madrileno Sànchez Verdù». Non si tratta però di una pura e semplice biografia messa in poesia e musica, perché «ho immaginato il grande architetto negli ultimi giorni di vita – con un flashback sull’infanzia – tentando di entrare nel suo pensiero e assumendomi la responsabilità di ricostruirlo liberamente».
Il rapporto con il compositore – relazione spesso delicata, attraverso tutta la storia della musica – come si è invece articolato? «José Maria ha avuto carta bianca. Di lui conoscevo qualche lavoro e ritenevo le sue opzioni stilistiche compatibili con le mie. L’ho reso attento su alcuni capisaldi del testo: assenza di pregiudiziali ideologiche, rifiuto dell’intellettualismo e dell’enfasi». La parola di Gaudì è infatti visionaria «vibrante di emozioni, ma nel contempo profondamente interiorizzata. A volte essa pare perfino trascendere l’io e intrecciarsi con quella dell’Angelo». Con una precisa richiesta per la componente musicale: «l’importante era mantenere l’atmosfera fiabesca dell’insieme, potenziata dalla presenza scenica dei bambini del coro. Ho decifrato per sommi capi la partitura, e penso proprio che il compositore abbia interpretato in modo ammirevole lo spirito dell’opera».
Ma a parte il lato strettamente produttivo, qual è il rapporto dello scrittore Isella con la musica? «Sono sempre stato un appassionato di musica, un buon dilettante che ha avuto anche la fortuna di seguire corsi di musicologia durante gli studi a Ginevra. L’universo musicale rappresenta per me un tutto indiviso: mi procura altrettanto piacere ascoltare un notturno di Chopin o un assolo del sassofonista Coltrane».