I sogni di Bob Dylan in scena

Dall’universo del menestrello all’importanza del coro nella tragedia greca
/ 02.04.2018
di Giorgio Thoeni

La compagnia Theater Hora di Zurigo è l’unico gruppo professionale in Svizzera composto da disabili mentali. Il loro è un progetto a lungo termine, la Freie Republik HORA: esiste da 25 anni e consiste in un laboratorio costante di creazione collettiva e autogestita a più livelli, dalla regia alle coreografie alle performance. Il risultato artistico si ascrive nel cosiddetto teatro inclusive ed è una proposta consolidata, valida e originale sotto ogni aspetto. Accanto alla produzione di spettacoli, Theater Hora dal 2009 gestisce un programma di formazione professionale per attori disabili. Il tutto per una realtà creativa importante, non a caso nel 2016 ha vinto il Gran Premio svizzero del Teatro/Anello Hans Reinhard attribuito dall’Ufficio federale della Cultura.

Per festeggiare il primo quarto di secolo di esistenza della compagnia anche nella Svizzera italiana, il pubblico del Teatro Sociale di Bellinzona ha potuto apprezzare Bob Dylan’s 115ter Traum, la loro ultima produzione. Parafrasando il titolo di Bob Dylan’s Dream, un brano composto nel 1963, lo spettacolo non si limita alla figura e alle canzoni del menestrello di Duluth ma si muove lungo un tracciato di spunti tematici in cui gli attori presentano un carosello di personaggi sui quali predomina il bianco, nel trucco, nella maschera e nel costume. Personaggi a partire dai quali si ritagliano figure anonime e struggenti, fantasmi di antieroi usciti dall’universo di Dylan. Una visione sociale suggestiva e a tinte forti che gli attori del Theater Hora mettono in scena recitando e cantando con l’accompagnamento della loro band in un intreccio di melodie che avvolgono la loro teatralità in una colonna sonora minimalista, come per un documentario cinematografico di Herzog. Il sogno dylaniano degli attori di Hora è attraversato dalla metafora omerica dell’Odissea, dal viaggio di ritorno verso casa, in un’America alimentata da fotogrammi immersi nell’intimità, in una grande distesa dove all’orizzonte trova posto una fattoria creativa da cui spuntano Lou Reed, Kerouak, Ginsberg, la Beat Generation, in uno sguardo proteso verso il miraggio americano come una sfilata di cartoline d’epoca, come il testo di Dylan sfogliato nella versione video del suo Subterranean Homesick Blues.

Il caos creativo del collettivo di Theater Hora era già piaciuto a Milo Rau per le sue pasoliniane 120 giornate di Sodoma, ora è entrato a pieno diritto anche nell’immaginario collettivo della platea del Sociale in cui un indovino cieco, moderno Tiresia, richiama il talking blues alla St. James Infirmary di Blind Willie Mc Tell. O dove una straordinaria poetessa di strada evoca in scena melanconiche e solitarie atmosfere con la sua voce distaccata e una forte presenza teatrale. Creatore di questo progetto e sulla scena alla consolle, anche Michael Ebner, fondatore e animatore della compagnia, che alla fine del 2018 lascerà ad altri il compito di continuare questa appassionante avventura teatrale. Soddisfazione dunque per uno spettacolo che il pubblico di Bellinzona ha applaudito a lungo, sia a scena aperta sia al termine di un sogno conquistato nel segno della poetica di un’avventura teatrale.

Coreuti e corifei al LAC
La stagione di LuganoInScena ha riservato un appuntamento speciale ospitando la Compagnia A.M.R. Teatrodanza con Choròs, il luogo dove si danza, un progetto coreografico di Alessio Maria Romano creato per 16 giovani attori usciti dalla Scuola di Teatro Luca Ronconi diretta da Carmelo Rifici.

Nato da un’esigenza legata alla ricerca pedagogica, lo spettacolo propone un disegno coreografico d’assieme in cui emerge l’importante ruolo del coro nella tragedia greca declinato nella forza del collettivo e nel magnetismo di corpi che si attraggono, si respingono, si cercano, si amano e si rifiutano senza soluzione di continuità, in una corsa estenuante dove la fisicità, la resistenza e l’intensità dei sentimenti si intrecciano in una rete di suggestioni in cui riconoscere la gioia, la sofferenza, la lontananza, il conflitto, la vita e la morte. Coreuti e corifei, moltitudine confuse e in movimento, ora gang metropolitana ora struggente melodia urlata, i ragazzi della compagnia offrono uno spettacolo forte, senza esitazioni o barocchismi, in una cornice che lascia intendere i meravigliosi sogni custoditi nella tasca di giovani che hanno deciso di costruirsi un futuro teatrale.