L’ultimo numero della sempre sorprendente «Rivista italiana di onomastica» diretta da un quarto di secolo da Enzo Caffarelli riferisce con respiro di un articolo del linguista Alfonso Germano, che si è preoccupato di raccogliere un gran numero di nomignoli imposti agli emigrati italiani nel mondo. Come puntualmente capita, questo tipo di etichetta rappresenta una curiosità in sé ma ci dice anche molto di atteggiamenti e mentalità di fondo delle comunità coinvolte.
Alcune «fabbriche» linguistiche tipiche sono arcinote, alla ricerca e ai parlanti. C’è un diffuso insistere sull’alimentare, la pasta in particolare: i Maccheroni, il tedesco Spaghettifresser, dove quel fressen è il verbo per usare il consumo di cibo da parte degli animali (da noi, maiare). Ma anche, nella Svizzera tedesca e in probabile rinvio ai flussi immigratori precoci dall’Italia del Nord, Bolanderschlugger, «ingoiapolenta». In questa serie hanno spazio anche l’aglio (nell’area anglofona), los Polpettos nell’America del Sud, il plurirazzismo di mozzarellanigger, qualcosa tipo «negro-mozzarella», pizza, vini e altro.
Le categorie alternative sono quelle ovvie della denigrazione etnica: gli animali, le riduzioni associate alla malavita e alla mafia (qui andrà citato il tedesco Messerhelden, gli «eroi del coltello», e il brasiliano carcamano «furbastro»), i tipicamente svizzero-tedeschi Cincali e Minghiaweisch, con quest’ultimo che risuona il classico fenomeno del code-switching ben conosciuto e sentito da chi frequenti quelle regioni e quegli individui bilingui.
Ben al di là della questione relativa a se quanto richiamato da nomignoli e blasoni sia o meno oggettivamente attribuibile alle comunità immigrate, peraltro mai interpellate sull’effetto che fa, queste formazioni dicono tanto delle società che le producono. Perché dipende dal calderone da dove si pesca per indicare il diverso: un’evidenza vistosa della cultura come le abitudini alimentari, la storia, la politica, la stessa lingua parlata da chi decidiamo di accogliere o no. Un altro asse di fluttuazione qualifica però rumorosamente questo comportamento e i suoi attori: l’opzione data tra lo scherzo leggero e innocuo da una parte e l’offesa pesante e senza appello dall’altra. A doversi mettere in gioco è chi, desolato, deve subire questo settore del malcostume linguistico e sociale. A chi arriva non resta altra scelta che prendere atto del tipo di semplificazione che altri hanno scelto per lui, cercando di faire avec, come si dice, senza troppi danni.
Bibliografia
Blasoni e nomignoli degli italiani all’estero, «Rivista italiana di onomastica», 26, 2020