Notti afose, suoni caldi... Hotlanta, così si chiama il nuovo progetto di Rocco Lombardi e Matteo Bertini. Un gioco di parole preesistente che rimanda alla città di Atlanta e tutte le cose eccitanti che possono succedere laggiù. Batterista e insegnante alla SMUM di Lugano, Lombardi ha in Bertini un sodale dalla voce sanguigna e passionale. Con lui già condivide il palco nella Luca Princiotta Band e altre avventure musicali. «Matteo è più orientato verso il cantautorato americano e la musica southern – racconta Lombardi – io più vicino al soul, al blues e al jazz: entrambi siamo attratti dalle sonorità del Sud degli Stati Uniti. Così abbiamo deciso di dare vita ad alcune canzoni, chiamando diversi ospiti. La cosa è nata abbastanza in fretta. Abbiamo ultimato la composizione a fine dicembre, poi due prove e via in studio». Oltre a quello dei due fondatori il gruppo può contare sull’apporto fisso del tastierista Matteo Ballabio mentre al basso in quattro brani c’è Francesco Rezzonico.
Nessun disco in formato fisico ma cinque brani che da qualche settimana vengono pubblicati, una alla volta, sulle piattaforme digitali: la strategia serve a dare a ogni pezzo la possibilità di essere ascoltato e apprezzato come si deve e a contenere i costi. Arcade Tales e Hotlanta sono quelli già usciti. Rappresentano bene le due facce del progetto, il primo teso verso atmosfere soffuse ma con una calda vena soul al suo interno, una vena che in Hotlanta prende invece la forma di qualcosa che sembra un incontro fra gli Allman Brothers di Dreams e With a Little Help from My Friends nella versione di Joe Cocker. A fare da fil rouge in tutti i brani è la voce di Bertini. «Di base è una sorta di rock, con influenze diverse – continua Lombardi – In un paio di composizioni mie, Arcade Tales e White Orpheus ci sono delle sonorità più vicine al jazz, più per armonie che per esecuzione. Matteo invece propone dei brani appunto un po’ più rock soul, un po’, sì, alla Allman Brothers o alla Marcus King Band. Non ci siamo posti dei limiti stilistici ben definiti, abbiamo comunque un suono di band e ci spostiamo in questi territori anche a dipendenza degli ospiti».
Vere entrambe le cose. Perché il Sud di cui sopra ha confini molto larghi e indefiniti, un territorio amato e idealizzato da musicisti che sono nati lontano da lì, un po’ come Van Morrison che echeggia nel brano The Sinner’s Soul. Ed è altrettanto vero che gli ospiti lasciano il loro segno: Roberto Pianca alla chitarra su Arcade Tales e Nolan Quinn alla tromba in White Orpheus ne enfatizzano le suggestioni jazz, mentre l’organo rovente ed energico di Frank Salis e la chitarra di Mattia Mantello esaltano le vibrazioni seventies e bluesy del pezzo che prende il nome del gruppo. È un progetto di musicisti e amici questo, attivissimi su molti fronti e innamorati della musica.
Registrate al BR Sound Studio di Lodano da Romeo Pazzinetti che ha collaborato anche ad alcuni arrangiamenti, le canzoni richiamano atmosfere del passato ma con un suono moderno. «Abbiamo deciso di registrare in presa diretta, senza metronomo. Rispetto alle cose superprodotte che vanno di moda oggi, siamo andati in studio come se fossimo a un concerto o durante una prova. Questo genere di brani si presta bene a essere registrato senza tanti fronzoli. È una cosa spontanea, proprio quello che volevamo». Il prossimo pezzo, Dancing on Glass, dovrebbe arrivare il 27 maggio. E una volta esauriti tutti? «L’idea è quella di tornare a comporre e registrare qualcosa in autunno – conclude Lombardi – e mettere insieme il materiale per un programma da proporre anche dal vivo, quando si potrà tornare a farlo». Il prima possibile, speriamo.