Hominal, in assenza di pudore

Un ritratto della danzatrice svizzera Marie-Caroline Hominal
/ 18.01.2021
di Giorgia Del Don

L’originalità che scaturisce dalle performance di Marie-Caroline Hominal (premiata nel 2019 come Danzatrice dall’Ufficio federale della cultura) è di quelle che lasciano il segno, che spiazzano perché ci prendono in contropiede. Non è tanto la violenza, la provocazione o l’affrontare soggetti delicati o tabù a sconvolgere, ma la sua apertura a trecentosessanta gradi rispetto a ciò che l’attornia e che assorbe come una spugna. Mai spaventata di fronte all’ignoto, Marie-Caroline Hominal ha il dono straordinario di non temere il ridicolo, dono che regala alle sue creazioni una sincerità rinfrescante. Non è quindi un caso se uno degli artisti che l’ha più marcata è il re incontrastato del «camp» John Waters. Come lui, ma anche come artiste più contemporanee quali l’inclassificabile Laetitia Dosch o Teresa Vittucci, ambasciatrice di un esigente femminismo queer e con la quale ha collaborato in Taxi-Dancers, la coreografa ginevrina (d’adozione) non ha paura d’inquietare, di divertire con la sua eccentricità, di scavare nella tragicomica oscenità che ci attornia.

È proprio questa assenza di pudore, questa sua indifferenza nei confronti delle categorie socialmente prestabilite, a rendere ogni suo spettacolo sorprendente. Una libertà nutrita dalla sua innata curiosità rispetto a sé stessa: alle trasformazioni e metamorfosi del suo corpo, ai legami che tesse con lo spazio scenico, alla maniera di rispondere emotivamente tanto agli stimoli quanto agli altri e al loro universo artistico, con il quale ama interagire (come nelle sue Hominal/XXX), alle loro specificità fisiche e alla loro unicità. Come un’antropologa, Hominal ama confrontarsi con realtà estranee al suo universo originario: la musica, la video arte, la lirica, avventurandosi così in territori ancora inesplorati per distillarne pozioni di cui solo lei conosce la formula.

«Gesti simbolici o quotidiani formano una scrittura. La scena è la mia pagina: cerco di metterli insieme sotto una luce inedita», così si esprime la coreografa, evidenziando il suo bisogno di partire da un materiale concreto per trasformarlo in poesia, una poesia personale fatta di colori sgargianti e personaggi atipici che formano improbabili e magiche compagnie dal sapore circense.

Figlia d’arte, è proprio nella scuola di danza di sua madre, il Janet Held Studio di Montreux, che Hominal comincia a formarsi prima di frequentare la Schweizerische Ballettberufsschule di Zurigo e la Rambert School of Ballet and Contemporary Dance di Londra, dove si trasferisce a soli quindici anni. Un bisogno precoce di allargare i suoi orizzonti che non l’abbandonerà mai, malgrado il rientro in Svizzera, nazione che, come ammette, le permette di «esercitare la sua professione in modo ottimale» e di viaggiare, attraverso le sue originali coreografie, senza sosta e meta predefinita.

Prima di iniziare, nel 2002, a creare le sue prime opere, Marie-Caroline Hominal danza per numerose compagnie, collaborando con artisti temerari, infaticabili ricercatori di nuove forme d’espressione come Gisèle Vienne, La Ribot, Marco Berrettini o Gilles Jobin, coreografi che l’hanno nutrita e ai quali lei, in cambio, ha regalato un po’ della sua follia. Un arricchimento bidirezionale che è parte integrante del suo processo creativo e che ha dato vita alle sue famose serie Hominal/XXX. A duettare con lei, a riflettere insieme sulla nozione d’autorialità, sono stati il visionario coreografo e interprete svedese Markus Öhrn, conosciuto per le opere radicali e deliziosamente inquietanti che criticano in modo frontale il patriarcato occidentale (Hominal/Öhrn), e Nelisiwe Xaba (Hominal/Xaba), performer e coreografa sudafricana, interessata a indagare in profondità il contesto sociale in cui vive, e più in particolare la condizione delle donne che lo occupano.

Animate da questioni quali l’appropriazione e la ricerca del meccanismo dal quale scaturisce la creatività, queste serie diventano per Hominal il pretesto ideale per collaborare con artisti esigenti, per confrontarsi con universi anche lontani dal proprio dai quali attingere senza mai lasciarsi sopraffare, con intelligenza e una liberatoria dose di umorismo. Se nel primo caso la coreografa svizzera si pone, per sua propria scelta, sotto l’autorità di Öhrn che ne stimola gli istinti più bestiali dando vita a uno show a dir poco catartico, nel secondo l’esperienza risulta un po’ più conflittuale, come se le artiste non riuscissero davvero ad amalgamare i loro due universi e i tessuti che ognuna manipola convivessero senza riuscire a creare una trama comune.

Assolutamente felice è stato invece l’incontro con Ivan Blagajcevic, ballerino e drag queen che ritroviamo anche nel suo ultimo spettacolo, Sugar Dance e con l’artista viennese, zurighese d’adozione, Teresa Vittucci. Due giovani e audaci interpreti che, insieme alla coreografa, hanno dato vita a Taxi-Dancers, uno spettacolo elegante ed elettrizzante che riesuma personaggi intriganti (i taxi-dancers appunto) che affittavano le loro braccia giusto il tempo di un ballo. Ultima creazione di Hominal, Sugar Dance è stato presentato per la prima volta a Ginevra, all’Associazione della danza contemporanea, pochi giorni prima che le sale da spettacolo chiudessero di nuovo a causa della pandemia.

Come un piccolo ma preziosissimo diamante, il nuovo spettacolo di Hominal, i cui interpreti si sono esibiti con le ormai immancabili mascherine, ha rappresentato uno degli ultimi eventi culturali ginevrini, una boccata d’ossigeno necessaria per superare un inverno culturalmente spoglio. Riflessione sul dietro le quinte di uno spettacolo da farsi, Sugar Dance ci ricorda il meglio della cinematografia felliniana, un mondo circense abitato da creature splendenti e mostruose: un’ammiccante drag queen, una giunonica cantante d’opera, un ballerino di street dance, un tamburellista attempato e tanto altro. Sugar Dance ci fa riflettere sull’importanza della scena in quanto luogo magico dove meravigliarsi e sognare al di là del visibile, un sogno che nasce nel dietro le quinte, nell’incontro di sensibilità diverse ed esplosive. Malgrado un’educazione classica, Hominal è nata per rischiare e ogni sua performance ne è la prova.