Guerra e pace in Grecia antica

Potere, sacrificio, grano: cambiano le guerre ma non le motivazioni - Prima parte
/ 06.06.2022
di Elio Marinoni

Le notizie e le immagini che quotidianamente ci trasmettono i media sulla guerra in atto in Europa presentano temi e motivi ricorrenti: l’indiscriminata carneficina, che spesso coinvolge i bambini; la folle assurdità della guerra, che rovescia l’ordine naturale delle cose (figli pianti dalle madri e seppelliti dai padri); il dramma dei profughi e più in generale quello dei vinti; la contrapposizione tra i danni, materiali e morali, causati dalla guerra e i vantaggi, materiali e morali, della pace; l’importanza del movente economico; il cinismo nell’affermare le ragioni del più forte, e d’altra parte la necessità di ammantare la guerra di una giustificazione ideologica e propagandistica. Ebbene, gli stessi temi e motivi ricorrono per lo più negli autori classici che si sono occupati di guerra e di pace. Un’amara conclusione si impone: con buona pace dell’Historia magistra vitae di ciceroniana memoria (Cicerone, De oratore, II, 9, 36), aveva ragione Montale ad affermare che «l’historia non è magistra / di niente che ci riguardi» (Eugenio Montale, La storia, nella raccolta Satura del 1971).

La letteratura greca ha inizio per noi con l’Iliade attribuita a Omero, un poema dedicato a quaranta giorni dell’ultimo anno di una guerra decennale combattuta da una coalizione di Stati greci, capeggiata da Agamennone, re di Argo e di Micene, contro una coalizione di Stati anatolici, capeggiata dalla città di Troia (altro nome dell’antica Ilio).

Le cause mitiche della guerra di Troia (il rapimento di Elena, moglie del re di Sparta Menelao, da parte del principe troiano Paride) sono rievocate da Erodoto nel proemio delle sue Storie (I, 4). Erodoto scrive intorno al 440 a.C., ottocento anni, al suo dire, dopo la guerra di Troia. Se il racconto delle cause mitiche ci può far sorridere, è invece più che plausibile che intorno al 1250 o al 1200 a.C. abbia avuto luogo un conflitto tra una coalizione di Stati greci (micenei) e una coalizione di Stati anatolici. Posta in gioco: il controllo degli stretti che danno accesso al mar di Marmara (Propontide) e quindi al Mar Nero (Ponto Eussino), assicurato dalla posizione strategica della città di Troia, identificata dagli archeologi col sito di Hissarlik (Turchia), dove lo strato VIIb degli scavi presenta tracce di distruzione da incendio.

Il controllo degli stretti era importante per garantire il passaggio delle navi commerciali greche, cariche soprattutto di grano proveniente dalle pianure affacciate sul mar Nero, le cui coste (anche settentrionali), furono non a caso oggetto di insediamenti greci fin dai tempi della cosiddetta prima colonizzazione. Il grano, si sa, costitutiva la base dell’alimentazione per l’uomo greco, ma il terreno montagnoso della nazione ellenica non ne garantiva una produzione sufficiente.

Nei poemi omerici e in particolare nell’Iliade, poema guerresco per eccellenza, il tema della pace ha scarso rilievo, mentre assume un’importanza molto maggiore in Esiodo (VII sec. a.C.): nella Teogonia Eiréne «Pace» appare come figlia di Zeus, insieme alle sorelle Eunomíe, «Buongoverno» e Díke, «Giustizia». Nello stesso torno di tempo si sviluppa però in Grecia l’elegia patriottica, che esalta, come già l’epica omerica, il valore guerriero e celebra il sacrificio della vita in difesa della patria (Tirteo, fr. 10 West, vv. 1-2; Callino, fr. 1 West).

L’etica eroica è però contestata, sempre nel VII sec. a.C., dal poeta Archiloco, che guarda alla guerra con l’ottica del mercenario, per il quale essa è fonte di sostentamento: «Nella lancia è per me impastata la pagnotta; nella lancia il vino d’Ismaro; alla lancia appoggiato io bevo» (fr. 2 Tarditi). Di conseguenza, la cosa più importante per lui è salvare la propria pelle, anche a costo di gettare lo scudo per fuggire più in fretta – atto considerato di grande viltà (fr. 8 Tarditi). Forse in polemica con l’etica eroica, in un frammento del poeta corale Pindaro (V sec. a.C.) leggiamo che «per gl’inesperti la guerra è cosa dolce; ma chi ne ha fatto esperienza, l’affronta con terrore» (fr. 110 Snell-Maehler). L’etica patriottica sarà poi oggetto del sarcasmo di Socrate nel dialogo di Platone intitolato Menesseno. (1-Continua)