Graceland rivive nel nuovo millennio

L’ennesimo album dal vivo di Paul Simon, leggenda del cantautorato americano, è una celebrazione del suo songbook e, soprattutto, dell’ormai mitico album del 1986
/ 11.09.2017
di Benedicta Froelich

Potrebbe apparire quasi come un paradosso, eppure, negli ultimi anni, gli artisti che più si sono dimostrati generosi in termini di esibizioni dal vivo sono stati proprio i cosiddetti over sixty – performer stagionati, perlopiù provenienti dalla magica stagione degli anni 60 e 70, ma tuttora in grado di mostrare, sul palco, una resistenza e un’abnegazione spesso superiori a quelle degli odierni musicisti ventenni. È questo il caso del 75enne americano Paul Simon, principale songwriter e «metà» più nota della celeberrima coppia artistica Simon & Garfunkel – senz’altro una delle formazioni maggiormente iconiche del «folk revival» e dell’ambito cantautorale statunitense della seconda metà del 900. La nuova fatica discografica dell’artista, da tempo ormai intento a collezionare dischi dal vivo, è stata, infatti, registrata nel 2012 in occasione dell’Hard Rock Calling Festival, svoltosi all’interno della suggestiva cornice di Hyde Park, a Londra. 

Solo poche settimane fa, Simon ha infine pubblicato questo The Concert in Hyde Park, registrazione integrale della magistrale serata ripartita su due CD, e, per i fan dell’home video, disponibile anche in formato DVD e Blu-ray – un album che costituisce soltanto l’ultimo capitolo nella carriera di performer «open air» di Paul, il quale non è, in effetti, nuovo a esperienze di questo tipo: se il termine di paragone rimane l’indimenticabile The Concert in Central Park che, nel 1981, vide la coppia Simon & Garfunkel ricostituirsi per un unico, eccezionale evento musicale nel cuore di New York, altri esperimenti di questo tipo sono stati tentati anche dal Simon solista, come nel caso del live album Paul Simon’s Concert in the Park, dato alle stampe nel 1991. Tuttavia, chi scrive deve ammettere di aver sempre avuto un debole per l’altra metà del duo, ovvero lo spesso sottovalutato Art Garfunkel, la cui personale ricerca sulla tecnica delle armonie vocali ha reso il sound del gruppo davvero inconfondibile, oltre che indimenticabile; e in questo senso, sarebbe difficile negare che, quando Paul Simon riesce a vincere la sua indubbia arroganza per fare nuovamente coppia con l’amico di un tempo, i risultati siano davvero eccelsi, nonché superiori a qualsiasi tentativo solista (si veda lo splendido album Old Friends: Live on Stage, ricavato dalla tournée celebrativa intrapresa dai due nel 2003).

Ad ogni modo, un musicista del calibro di Simon non raggiunge i cinquant’anni di carriera senza diventare semplicemente impeccabile nel suo campo: e difatti, anche in questo disco lo vediamo cimentarsi mirabilmente nel suo abituale, e sempre irresistibile, mix di rock’n’roll anni 50, folk cantautorale, world music e soul, a tratti condito perfino da un poco di dixie music. L’esperienza di queste oltre due ore di musica ripartite su doppio CD è poi ulteriormente arricchita dagli ospiti di pregio presenti nella line-up dello show: su tutti, la leggenda del reggae Jimmy Cliff (il cui contributo è presente per intero soltanto nella versione DVD dell’album), con cui Paul duetta in un medley intriso di puro sound vintage e composto da Vietnam – pezzo, come suggerito dal titolo, dallo spirito inequivocabilmente anni 60 – e dal più suadente Mother and Child Reunion. 

Ma la vera sorpresa è il ritorno della storica formazione sudafricana dei Ladysmith Black Mambazo, responsabile degli eccelsi cori di stampo tradizionale mbube che, nell’ormai lontano 1986, ricoprirono un ruolo fondamentale nella realizzazione del memorabile album Graceland, primo e acclamatissimo esperimento di Simon con la world music (esperimento che, nel 1997, sarebbe stato seguito dall’eccellente ma sottovalutato Songs from The Capeman, stavolta incentrato sulla musica di stampo sudamericano e caraibico). L’intero set del concerto si dipana così tra i grandi classici del songbook di Paul, inclusa l’esecuzione quasi integrale del già citato Graceland; e, sebbene il repertorio prescelto offra poche sorprese, fa comunque piacere scorgere in esso un caposaldo della tradizione americana come Mystery Train – anche se non si può evitare di rimanere un po’ delusi dal fatto che si concedano al pubblico appena due brani tratti dalla produzione firmata Simon & Garfunkel (The Boxer, qui in una non eccelsa versione eseguita con Jerry Douglas, e il classico dei classici The Sound of Silence). 

Certo, per quanto ciò possa infastidire il diretto interessato, anche davanti a questa pur pregevole performance rimane comunque difficile, per l’ascoltatore, non rimpiangere almeno in parte la magia prodotta sul palco dalla coppia Simon & Garfunkel – anche perché non sempre l’attempato Paul riesce a sopperire alla vaga mancanza di carisma che da sempre affligge le sue esibizioni live. Ma non si può negare che, anche stavolta, l’estrema professionalità dell’artista brilli comunque lungo tutto l’album, facendone in ogni caso un’ottima prova – nonché un’efficace retrospettiva per chi, a questo punto, può ben permettersi un po’ di sana autocelebrazione.