Gli oggetti di Riccardo Blumer

Con croce e balestra: il fascino griffato degli oggetti
/ 23.11.2020
di Giorgio Thoeni

L’artista è portatore di desideri. Lo ha ricordato Tiziana Arnaboldi introducendo la conferenza-performance di Riccardo Blumer tenuta sul palco del Teatro San Materno di Ascona dal titolo Design svizzero. Visione ed esplorazione di alcuni oggetti svizzeri. L’architetto e designer, direttore dell’Accademia di architettura di Mendrisio, ha intrattenuto il pubblico – 30 persone a distanza virale (e non sociale, come sostengono in molti), gli altri via streaming – dapprima riflettendo su considerazioni etico-filosofiche attorno agli oggetti, successivamente mostrandone alcuni della sua personale collezione.

Oggetti che rappresentano ciò che siamo e che siamo diventati: raccontano la nostra storia, il nostro pensiero e sono in rapporto con il corpo di cui sono una estroflessione, come suggerisce il filosofo Carlo Sini (L’uomo, la macchina, l’automa). Un’estensione che mette in relazione il cervello con il movimento. Gli oggetti sono testimoni di cultura, ci indicano quanto abbiamo bisogno del contatto fisico per affermare il nostro essere come entità collettiva, ci raccontano il progresso e le caratteristiche del nostro Paese. Tutti gli oggetti sono stati marchiati con un simbolo: una balestra, in ricordo del leggendario Guglielmo Tell; con una croce, richiamo alla bandiera nazionale. Un segno facile da incidere e garanzia di qualità.

Fascini griffati per la storia di una svizzeritudine legata a una terra che ha dovuto fare i conti con la sua natura povera. Come il pelapatate, strumento che racconta la pratica del risparmio nel taglio sottile delle bucce, un manifesto contro lo spreco.

Blumer scoperchia gli scatoloni ammucchiati e allinea sulla scena i suoi protagonisti. Sono oggetti fabbricati in Svizzera, esemplari acquistati per pochi soldi da robivecchi dal design di ogni tipo che veicolano messaggi preindustriali dai mirabili rigori estetici.

Grattugie dalla bellezza grafica da guardare con l’occhio della meraviglia: non c’è niente che non serve! Un coltellino Caran d’Ache adatto a segnare i luoghi degli incidenti. Un ferro da stiro da viaggio dalla forma suggestiva di uno scafo in miniatura. Scarponcini con ramponi amovibili da tacco, per non scivolare… Lame per pattini da ghiaccio da applicare sulle suole. Puntine (a tre punte), una pentola a pressione, una padella, un ventilatore, una macchina per cucire militare scomponibile, una borraccia militare senza saldature. Cubi di sapone da cucina e tessere di un Domino: marchiati con la balestra, svizzeri: ça va sans dire.

Oggetti che dichiarano l’amor patrio per una tradizione della perfezione. È la cultura dell’oggetto che racconta la nostra identità, conclude Blumer, intelligente e appassionato incantatore. Che spettacolo!